DIVERGENZE 81 – Il velo sugli occhi delle femministe

I miei due personaggi dell’anno che si è appena chiuso sono due giovani donne. Della prima, una ucraina, sappiamo quasi tutto, ed in modo particolare che è stata campione del mondo “rapid” e “blitz” di scacchi; della seconda conosciamo assai poco, se non la fotografia che è diventata un’icona sul Web di tutti coloro che si battono per un Islam più aperto nei confronti della donne; la foto la ritrae durante una delle numerose manifestazioni di questi ultimi giorni in Iran, in piazza Enghelab. Si è tolta il velo, l’hijab che, per legge, tutte le donne sono costrette a indossare in Italia, e lo sventola, come una bandiera, con un bastone.

La scacchista ucraina, Anna Mazychuk, Gran Maestro e pluripremiata, ha invece rinunciato a difendere il suo titolo mondiale a Riyad, in Arabia Saudita, per non dover indossare quel velo che, invece, s’era messa due anni prima in Iran. “Non voglio più andare – ha dichiarato – in un Paese che considera la donna una sottospecie umana”.

La rinuncia a prendere parte al torneo internazionale di Riyad le è costata la riconferma del titolo mondiale. Alla ragazza che si era tolto il velo è andata peggio: l’hanno arrestata, non semplicemente “rieducata” (termine orrendo, dal sapore vagamente nazista) come aveva garantito la polizia islamica degli ayatollah.

E mentre tutte queste cose stanno accadendo (con l’aggiunta che alla competizione di Riyad non sono stati ammessi gli scacchisti israeliani: ulteriore vergogna), l’Europa ufficiale tace – l’imperativo è quello di combattere solo Israele – e le femministe italiane sono tutte prese dal dibattito sul rincaro dei sacchetti della frutta nei supermercati. I diritti civili delle donne si cavalcavano solo contro la vecchia Dc e la Chiesa cattolica e, in tempi più recenti (i girotondini e le attiviste di “Se non ora, quando?”), solo contro Berlusconi.

 

E.D.M.

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