Delpiano: la storia dell’eroico militare che dà il nome alla via dove abita Carlo Olmo

 

Vercelli – Prima del 4 marzo, se un automobilista di passaggio avesse chiesto a gran parte dei vercellesi di indicargli “via Del Piano”, ben pochi avrebbero saputo rispondergli. Ma adesso, grazie al numero civico 7, l’abitazione di Carlo Olmo, tutti (e non solo tutti i vercellesi) sanno dov’è via Del Piano.

Ma chi questo Alessandro Delpiano che dà il nome alla via del Lupo Bianco? Grazie al collega giornalista Marco Barberis – siamo in grado di raccontarvi oggi la storia di un vero eroe che ha dato la vita per il suo onore militare, il suo onore di uomo libero e al servizio del suo Paese. Ed è bello notare che nella via che gli è dedicata abiti un uomo dei giorni nostri che coltiva questi stessi identici valori.

Alessandro Delpiano (secondo altre versioni Del Piano), che nacque a Vercelli il 1° aprile del 1887, fu innanzitutto un pioniere dell’aviazione. A 26 anni, infatti, conseguì il brevetto di pilota, a Somma Lombardo, e, quattro anni dopo, ottenne il brevetto d’onore di pilota militare. Durante un’azione di guerra ebbe un incidente, da cui uscì con problemi che gli impedirono di prendere parte, alla fine del primo Conflitto mondiale, agli storici raid aerei di quegli anni: ma non gli impedirono di organizzarli. Fu lui il grande regista del Roma-Tokyo del 1920 al quale presero parte piloti del valore di Arturo Ferrarin e di Guido Masiero; raid che fu tentato da una decina di equipaggi e portato a termine, dopo alcuni mesi, da una manciata di piloti. Delpiano lo progettò nei dettagli, con tutti gli scali e l’assistenza tecnica possibile in quei tempi davvero pionieristici: ricordiamo che il primo volo dei fratelli Wright risaliva pur sempre a soli diciassette anni prima. 

Tra le curiosità legate a Vercelli di quello storico raid, il fatto che motorista di Ferrarin era quel Gino Cappannini, che sarebbe stato, dieci anni dopo, il motorista di Francis Lombardi nel suo leggendario Vercelli-Tokyo. Infine, uscendo dai confini della nostra città, Cappannini fu anche il motorista dell’aereo di Italo Balbo abbattuto per sbaglio dalla contraerea italiana il 28 giugno 1940 nei cieli di Tobruk.

Tornando a Delpiano, egli fu promosso tenente colonnello e, nella seconda Guerra Mondiale, gli venne assegnato il ruolo di comandante della IV Sottozona militare di Ivrea. L’8 settembre del 1943, anche il suo Comando, come quelli dell’intera Italia, finì nel caos. Invano Del Piano tentò di mettersi in contatto con i suoi superiori, a Torino. C’era una situazione drammatica, un fuggi fuggi generale. Del Piano non voleva assolutamente consegnare le armi ai tedeschi e incominciò a spedire tutte quelle pesanti a Chambave, in Valle d’Aosta, dove, successivamente, furono recuperate dai partigiani.

Il 13 settembre, il tenete colonnello Alessandro Del Piano congedò il suo attendente, scrisse una commovente lettera d’addio alla moglie e, non volendo arrendersi ai tedeschi, perché l’onore militare era per lui al di sopra di ogni altra cosa, si tolse la vita con un colpo di pistola. Aveva 56 anni.

Il figlio, Franco, che era militare dell’Aeronautica, dopo l’8 settembre fece la scelta di entrare nelle formazioni partigiane “verdi” del comandante Edgardo Sogno, sulla Serra, ed il 25 aprile del ‘45 entrò con esse nella Ivrea liberata.

Questa, grazie al passione e al rigore di studioso di Marco Barberis, la storia un grande uomo, che adesso dà il nome alla via dove abita un grande vercellese dei nostri giorni. E quando il Lupo Bianco ulula alla luna, è bello pensare che in quel momento stia passando, nel cielo di Vercelli, l’aereo di Alessandro Delpiano.

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