Angelo Morbelli, il pittore della “Baggina”

Giovedì 12 aprile si inaugura a Novara “Vita in risaia. Lavoro e socialità nella pittura di Angelo Morbelli”, la mostra organizzata da METS Percorsi d’Arte in collaborazione con il Comune di Novara e il Museo Borgogna, che sarà ospitata prima presso la Galleria Paolo e Adele Giannoni fino al 25 aprile e poi proseguirà proprio al Museo Borgogna dal 29 aprile al 1 luglio. In attesa di visitarla riteniamo opportuno un breve approfondimento su Angelo Morbelli (1853-1919), pittore che aderì al Divisionismo, noto per i suoi paesaggi, tra i quali le risaie vercellesi, e per i suoi quadri dalle forti connotazioni sociali.

Nell’Angelus del 1859 François Millet rappresentava per la prima volta come protagonisti di un’azione morale i contadini, lì raffigurati mentre pregano in una pausa dal lavoro nei campi. Contemporaneamente Honoré Daumier, prendendo una direzione opposta, illustrava la misera condizione del popolo. Nel Novecento il grande storico dell’arte Giulio Carlo Argan li metterà di fronte per evidenziare le due anime della pittura francese nella seconda metà del XIX secolo: Millet è l’involuzione in quanto regredisce al naturalismo romantico, mettendoci di fronte i contadini, lavoratori buoni che non avanzano rivendicazioni sociali, che anzi sembra subiscano passivamente un destino ineluttabile, confortato solo dalla religione; Daumier al contrario sceglie l’azione politica esplicita dove è il popolo a ergersi quale motore principale della storia contro i governi liberali dell’epoca. Quindi passivo è l’uomo di Millet che accetta con remissione il suo destino, attivo quello di Daumier che invece vuole dominarlo.

Ebbene, cambiando contesto spaziale e temporale, possiamo azzardare che Angelo Morbelli incarni la sintesi delle due anime analizzate da Argan. Morbelli nasce ad Alessandria nel 1853 ed è quindi un bambino quando in Francia accadono i fatti artistici poc’anzi menzionati. Nel 1867 invece inizia a frequentare l’Accademia di Brera proprio negli anni in cui si afferma l’Impressionismo, sebbene di impressionista l’arte di Morbelli avrà poco o niente. Forse nella scelta dell’en plein air, leggi del paesaggio, che però viene trattato in modo diametralmente opposto rispetto a Monet, Renoir, Degas e compagni.

All’artista interessano di più altri soggetti, quelli dall’esistenza emarginata, come ad esempio gli anziani ricoverati nel Pio Albergo Trivulzio, quello che i milanesi chiamavano la “Baggina”. Uno di quei quadri è esposto al Musée d’Orsay di Parigi https://bit.ly/2IKdqLf La composizione della scena, l’accentuato scorcio prospettico, l’ampiezza del salone e il personaggio che dorme con la testa appoggiata sul bancone rendono concretamente il senso di solitudine e di straniamento del luogo.

Poco per volta Morbelli si avvicina al Divisionismo, complice la frequentazione con Leonardo Bistolfi e, soprattutto, con Giuseppe Pellizza da Volpedo. Ma se l’autore del celebre “Quarto Stato” volge lo sguardo al proletariato e al sottoproletariato, Morbelli, affascinato dal Verismo, propende per tematiche legate al mondo contadino e popolare, meno coinvolto dalle questioni sociali. In questo è simile a Millet, tuttavia – come scrive Rossella Canuti nel “Dizionario Biografico degli Italiani” (https://bit.ly/2GPZFOT) – i soggetti affrontati risultano pervasi da un intimo pessimismo, espressione della partecipazione di Morbelli al dolore di giovani e anziani e della sua sincera attenzione verso l’umanità sofferente e impotente. E qui la vicinanza alla denuncia di Daumier è sensibile.

Lo si può osservare bene in Per ottanta centesimi!, tela eseguita tra il 1895 e il 1897, oggi al Museo Borgogna che la acquistò nel 1912. Morbelli racconta la storia delle mondariso, costrette a turni massacranti, lì immortalate con la schiena piegata a estirpare le erbacce. Ore interminabili alla mercé di zanzare e sanguisughe. L’artista, che concluse l’opera dopo una lunga gestazione, dipinge i soggetti in una luce quasi bucolica, ma i suoi personaggi stanno lavorando e non pregando come accade nell’Angelus di Millet. Sono nel pieno della loro attività e non in un momento di pausa.

È così che Angelo Morbelli media il naturalismo di matrice romantica con il realismo promosso da Daumier in poi. Per Millet i contadini non possono mutare la loro condizione di “schiavi della terra”, per Morbelli invece sì, ma per farlo occorre prima documentare la loro situazione. È il primo passo per la conquista delle otto ore lavorative, ottenute a suon di sudore e fatica qualche anno più tardi proprio dalle sue amate mondine.

Massimiliano Muraro

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