Il regista Gangitano: “Ecco perché giro il film sul Lupo Bianco”

Gangitano a Vercelli con Carlo Olmo e Angela Oliviero

“Lupo Bianco”, il film che il regista di Caltanissetta Tony Gangitano girerà a Vercelli a partire (ed è una novità di queste ultime ore) dal 10 maggio, sperando che il Covid allenti la sua terribile presa, sarà uno degli eventi centrali per il 2021 della nostra città. Vercelli e il Vercellese sono stati in diverse circostanze protagonisti di eventi cinematografici, anche epocali (dal celeberrimo capolavoro di Giuseppe De Santis “Riso amaro” ad un ciak per “Ercole e la regina di Lidia” con Steve Reeves e Sylva Koscina, dall’incantevole mediometraggio “Sorriso amaro” di Matteo Bellizzi ad alcune riprese di “Il Predatore” con Diego Camilleri), ma bisogna tornare al 1961 per un’opera a diffusione nazionale – e la straordinaria vicenda di Carlo Olmo sarà distribuita in 150 sale cinematografiche della Uci Cinemas –  quasi interamente girata nella nostra città: fu “Tiro al Piccione” di Giuliano Montando.

In questi giorni Gangitano è andato con il Lupo Bianco a visitare luoghi e personaggi che saranno al centro del suo film  (l’Accademia Shen Qi Kwoon Tai, la basilica di Sant’Andrea, i dottori Gianni Scarrone e Sergio Macciò) e, avendo già scelto il cast dei protagonisti – con attori del livello di Sebastiano Somma, Simona Cavallari e Gaetano Aronica – domenica, via Skype, collegato dalla Tana del Lupo Bianco di via Delpiano 7, sceglierà anche il resto del casting: interpreti di piccoli ruoli e comparse. Inizialmente era tutto previsto in presenza, al Modo Hotel, ma poi Covid ha mandato all’aria i piani e la scelta sarà fatta in videocall, appunto su Skype, collegandosi a “castinglupobianco” dalle 9 alle 12 e dalle 15 alle 18. Saranno scelte circa 150 persone e sia Gangitano sia Olmo sperano che siano in gran parte vercellesi.

La presenza nella nostra città di Gangitano ci offre il destro per una prima intervista al regista e attore nisseno.

Quando e da chi ha sentito parlare per la prima volta di Carlo Olmo?

“Da un attore vostro concittadino, con il quale ho davvero un ottimo rapporto, Diego Camilleri. C’era la pandemia in corso, e Diego mi parlò di questo benefattore vercellese, che donava mascherine in quantità industriali a cittadini, medici, ospedali, case di riposo. Sulle prime, la storia non mi prese molto; pensai ad uno ricco che volesse farsi un po’ di pubblicità. Ma Diego tornò alla carica e, con lui, anche un’altra cara amica, la sceneggiatrice Stephanie Beatrice Genova. A poco a poco, mi convinsero a conoscere meglio la figura di questo filantropo. Incomincia a leggere di lui, a seguirlo passo dopo passo e, a poco a poco, incomincia ad appassionarmi alla sua storia. Scoprii un personaggio dalla storia affascinante e nello stesso tempo vera, commovente. Anche il produttore Antonio Chiaramonte ne è stato conquistato: il film è nato così”.

Nel 2015, lei ha diretto un film che si intitola “Un Santo senza parole”, la storia di uno dei tanti santi analfabeti che popolavano l’Italia dal Medioevo in poi. Ma so che questo film ha per lei un significato del tutto particolare, ce ne vuole parlare?

“Volentieri. Fin da ragazzino avevo la recitazione nel sangue e un primo ‘segnale’ di quella che sarebbe stata la mia futura professione mi arrivò quando, già sposato con Rosangela, portai con me la mia primogenita, Selene, ad un casting che era stato organizzato dall’attore americano di origine siciliana Vincent Riotta, il famoso protagonista della fiction ‘Il Capo dei capi’. Avemmo successo. Così decisi, pur continuando a fare un altro mestiere, e cioè la guardia giurata, di iscrivermi alla Scuola di giovani artisti aperta a Roma dalla moglie di Riotta, Teresa Razzanti. Per me era un’esperienza entusiasmante: prima, come tanti giovani, con passione, avevo fatto molta radio: l’emittente si chiamava Radio Sicilia 1, e ci avevo lasciato il cuore. Ma la Scuola dei giovani e anche la Compagnia Piccolo Stabile Nisseno erano ormai diventati la mia vera vita. Però fu appunto un fatto che a questo punto posso considerare una sorta di chiamata, di predestinazione a farmi imboccare decisamente, cinque anni fa, la strada del cinema, un fatto legato appunto a San Felice da Nicosia…”

Ce ne parli, la prego….

“Dunque, ero guardia giurata al tribunale di Gela e avvenne un drammatico fatto di sangue, una sparatoria. Anch’io dovetti essere ricoverato al Pronto soccorso. Mi ero appena ripreso, quando mi manda a chiamare il frate superiore del convento dei cappuccini di Nicosia. Mi racconta la storia del Santo che era vissuto nel loro convento appunto nel ‘700: il frate che non sapeva leggere, e che imparava a memoria tutti i testi sacri durante le finzioni, che compiva prodigi e che era morto il 31 maggio 1787 andando a soccorrere la popolazione del piccolo centro di Cerami, colpito dalla peste. Rimasti incantato da quella storia e, con me, rimase folgorato dalla vicenda del ‘Santo senza parole’ anche il mio amico Angelo Maria Sferrazza che già aveva collaborato con me alla realizzazione di un cortometraggio girato a Gela, che aveva avuto un grande successo nel mondo della scuola: ‘Un viaggio nella vita’. Sferrazza scrisse la sua prima sceneggiatura, ed io diressi il film interpretando il ruolo del padre superiore di San Felice, padre Macario. Il film ebbe un’accoglienza molto buona anche da parte della critica specializzata, ed io decisi di non fare più la guardia giurata. Ero stato ‘chiamato’ da qualcuno per fare il regista”.

Può darsi che ci sia stata una chiamata ‘“laica” anche per girare il film su Olmo?

“E perché no? Carlo Olmo è una figura straordinaria che sto incominciando a conoscere sempre meglio. Voi vercellesi ve ne sarete già resi conto, ma dovete considerarvi fortunati ad annoverarlo tra i vostri concittadini”.

In queste ore sta conoscendo tutte le persone di cui Olmo si circonda, qual è la sua impressione?

“Essendo una persona fantastica, Carlo non può che essere circondato da donne e uomini degni del suo affetto, della sua amicizia, a partire dalla sua compagna Angela. Oggi ho telefonato ad un medico che gli è particolarmente grato per gli aiuti riversati sui medici di famiglia durante la pandemia della scorsa primavera, il dottor Gianni Scarrone, e sono andato ad incontrare anche il dottor Sergio Macciò. Entrambi troveranno spazio nel film, cn interpreti di valore quali sono Gaetano Aronica e Salvatore Nocera Bracco. Sono felice di aver inserito nel film anche il figlio di Carlo, Emanuele, che tra l’altro è un valentissimo regista e fotografo”.

Sappiamo che lei tiene molto a quest’opera sul Lupo Bianco, anche perché ha già il patrocinio del Miur e quindi potrà essere ipoteticamente vista da milioni di studenti.

“Sono felice di questi patrocinio perché da una parte è giusto che soprattutto i giovani, e saranno milioni, possano scoprire che cosa ha fatto Olmo durante uno dei periodi più tragici del nostro Paese; e poi sono doppiamente felice perché l’unica altra opera di natura didattica che ho realizzato in precedenza, appunto ‘Il Viaggio della vita’, che aveva lo scopo di mettere in guardia i ragazzi contro l’essere distratti o incoscienti al volante, mi ha dato una soddisfazione enorme. Se quel cortometraggio ha salvato qualche vita, ho svolto la mia parte, come regista. In ‘Lupo Bianco’ racconterò una storia di alto valore civile, nella convinzione che i giovani ne rimarranno incantati”.

A questo punto, aspettando il primo ciak vercellese, che sarà appunto, il 10 maggio, sono parecchi i vercellesi che vogliono vedere il suo ultimo film, “Entro mezzanotte” che è uscito verso la fine 2019 e che non è transitato nei circuiti cinematografici a causa del Covid: dove possono vederlo? 

“Sulla piattaforma ‘Chili’ cinema. Basta registrarsi: la visione del film è gratuita”.

 

Enrico De Maria

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1 commento

  1. Bravissimo! Il comune dovrebbe organizzare una proiezione per tutti alla Sagra della Panissa !!!

    W il LUPO BIANCO! W LA GENEROSITÀ!

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