Per Kevin palloncini bianchi e azzurri nel cielo, la sua musica e la promessa degli amici: “Ovunque tu sia, il nostro bene arriverà fin lì”

L’Ave Maria di Schubert intonata a cappella, davanti alla bara bianca, da uno dei cantanti neo melodici più seguiti d’Italia, Gianni Pirozzo, e, fuori dalla chiesa, il rombo delle sue amate moto, e poi, mentre la bara usciva dal Duomo, tra due ali di folla impressionanti,i palloncini bianchi e azzurri che salivano al cielo con i fuochi artificiali, e con altri palloncini a formare il suo nome: “Kevin”. E tutto ciò mentre risuonavano le note delle “sue” canzoni amate: “Ovunque sarai”, di Irama, e “Promettimi” di Elisa. E poi, accanto alla scalinata del Duomo, il video in cui lui stesso si racconta su Tiktok, facendo scorrere pensieri e altre canzoni del cuore. E un’infinità di fiori: all’ingresso della cattedrale, davanti al feretro.

Così, questa mattina, Vercelli ha detto addio a Kevin Laganà, la più giovane vittima della tragedia di Brandizzo, un mese esatto da quella notte che tutti vorremmo dimenticare, ma non ci riusciremo mai.

Stamane finalmente in Duomo anche una rappresentante del Parlamento, che è arrivata da Cuneo, la vice presidente del Partito democratico Chiara Ghibaudo. Importante ed emblematica la sua presenza, visto che si tratta della Presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati. Poi di nuovo i rappresentanti della Regione (l’assessore Elena Chiorino), del Comune (il sindaco Corsaro e il vicepresidente del Consiglio comunale Gianni Marino), della Provincia (il presidente Davide Gilardino), della Prefettura (la vice prefetta vicaria Cristina Lanini) e delle forze dell’ordine e dei Vigili del fuoco.

I familiari di Kevin in Duomo (foto Greppi)

Anche stavolta – e abbiamo atteso proprio fino all’ultimo per scriverlo – nessun esponente del Governo, come se cinque morti sul lavoro nella stessa regione, di cui quattro nella stessa provincia potessero essere qualcosa da archiviare in fretta. Ci sono sottosegretari che vanno ad inaugurare le Sagre con la piadina: non ce n’era uno che da giovedì ad oggi potesse presenziare alle esequie del vittime della più sconvolgente strage sul lavoro dai tempi della Thyssen?

Ma se il Governo non c’era, in compenso c’erano le persone – tantissime – che a Kevin avevano voluto bene, o anche semplicemente che, pur non conoscendo il giovane Laganà, si sentivano in dovere di essere lì per testimoniare l’affetto la vicinanza al padre Massimo, al fratello Antonino e ai loro cari. E poi c’erano le maglie con il volto sorridente di Kevin, ma anche quelle con il volto di Michael Zanera ed i familiari di Giuseppe Saverio Lombardo, tra cui la moglie, la signora Barbara, sempre composta nel suo dolore e sempre vicina alle persone care a Kevin e a Michael. Toccanti le parole di un’amica di Kevin, a nome dei tanti altri amici: “Ovunque tu sia, il nostro bene arriverà fin lì”.

E poi le parole dei sacerdoti: il parroco, ancora per qualche giorno, del Duomo, monsignor Giuseppe Cavallone, e il parroco dell’Aravecchia, (e e quindi della famiglia Laganà) don Massino Bracchi. E’ toccato a lui leggere il Vangelo e svolgere l’omelia. Riferendosi all’Apocalisse (“Io faccio nuove tutte le cose”) e alla Parola di Cristo, ha detto “«C’è un prima e un dopo: il prima è il tempo dell’oscurità e della morte, il dopo è il tempo di una nuova umanità. Ora dovete riprendere a vivere, non possiamo rimanere prigionieri delle cose di prima: Kevin vi ripeterebbe questo, di continuare a volergli bene ma continuare a vivere».

E ha aggiunto Maurizio Beltramino (pure lui provato da un dolorosissimo e recente lutto familiare, che ha sconvolto la città) nella successiva  Preghiera dei fedeli: “Preghiamo per tutti i morti sul lavoro che sono troppi, nonostante le misure di sicurezza che sono spesso disattese”.

Adesso Kevin può finalmente riposare in pace. Quella pace che i suoi familiari, così come quelli di Michael, Giuseppe Saverio, Giuseppe e Giuseppe faticheranno purtroppo a trovare, nonostante l’esortazione di monsignor Bracchi. Questa tragedia assurda, angosciante folle, non certo scaturita dalla fatalità, ha unito nel dolore tre famiglie che nessuno ora potrà mai separare: l’abbraccio di giovedì pomeriggio davanti al Duomo tra Massimo Laganà, Rosalba Zanera e Barbara Lombardo resterà impresso per sempre e costituirà un monito per tutti coloro che credono che la sicurezza sul lavoro debba essere considerata un ammennicolo, una cosa semplicemente burocratica, noiosa e dunque trascurabile. Perché, come ha detto il Presidente Matarella, “morire sul lavoro è un oltraggio alla convivenza”.

 

E allora quell’abbraccio diventi il simbolo di un’Italia che dice “basta” a queste morti. Ma basta davvero.

Edm

 

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