“Passo a due”, un pomeriggio semplicemente fantastico al teatro Civico

Piccoli danzatori in sala per simulare le luci artificiali che brillano verso il cielo (foto Greppi)

Domenica pomeriggio, il teatro Civico di Vercelli ha ospitato una vera meraviglia che è impossibile catalogare con una sola voce: spettacolo di danza, cinema d’autore, musica pure d’autore e lezioni di educazione ambientale, civica e artistica. Due ore e mezza (eccezion fatta per un quarto d’ora di intervallo) filate, che potrebbero, a nostro avviso, essere ripetute per le scuole ed esportate in altre città: per quanto riguarda quest’ultima aspirazione, aggiungiamo che una prima tappa è già stata fissata: “Passo a due per un pianeta fragile” sarà rappresentato domenica 1° luglio al Jardin de l’Ange di Courmayeur.

Daniela Tricerri dà il benvenuto al pubblico (foto Greppi)

Daniela Tricerri, la fondatrice e direttrice dell’Accademia di danza Freebody, aveva questo sogno nel cassetto: fare in modo che attraverso l’arte (della danza appunto, della musica e del cinema) uomo e Natura potessero tornare a convivere, riconciliandosi dopo secoli di aggressioni e di trascuratezza dell’uno sull’altra, dando vita a quello che nella danza di definisce “passo a due” (pas de deux) perché mette a stretto contatto due realtà, due danzatori.

Daniela Tricerri lo ha spiegato domenica nel preambolo dello spettacolo quando è entrata in scena per dire essere stata educata fin da bambina ad attuare quelle piccole-grandi norme di comportamento che potessero, in qualche modo, salvaguardare l’ambiente: non  sprecare troppa acqua, spegnere la luce quando si lascia una stanza, etc. Sono passati gli anni e, progressivamente, anche la salute del nostro pianeta è peggiorata. Allora Daniela Tricerri, d’intesa con il regista vercellese Matteo Bellizzi, che l’ha messa in contatto con Legambiente, ha deciso che si doveva fare qualcosa di concreto ed è nato il progetto “Passo a due”, già illustrato, nelle sue fasi progressivamente attuative, all’Expo di Dubai, nell’ottobre del 2021, agli Stati Generali del mondo del lavoro a Roma (giugno 2022), al Club Alpino Italiano (settembre del 2022), al Sondrio Festival (ottobre del 2022) e all’Università di Tor Vergata (lo scorso aprile). Domenica è toccato a Vercelli.

Un momento dello spettacolo (fot Greppi)

Il progetto ha individuato quattro grandi fragilità della Terra e ha deciso di tentare questa sorta di recupero edenico, attraverso stupendi cortometraggi girati da Matteo Bellizzi, con le musiche di Piero Salvatori, e le coreografie di importanti maestri di danza, eseguite da ballerini di livello internazionale. Le fragilità individuate riguardano i ghiacciai, il cielo buio, l’acqua e le foreste. Ballizzi ha portato a termine i primi due cortometraggi: “Danza per una montagna fragile” e “Danza per un cielo fragile”. Entrambi sono stati proiettati domenica al Civico, seguiti o preceduti sul palcoscenico dalle stesse coreografie filmate da Bellizzi sui ghiacciai tra il Monte Bianco e il Monte Rosa (coreografie di Loredana Avigliano e Oliviero Bifulco, ballerini: Veronica Piccolo e Lorenzo Belviso) e all’osservatorio astronomico di Saint Barthélemy in Valle d’Aosta (coreografie di Mik Zeni, ballerini: lo stesso Zeni, già primo ballerino nel Corpo di ballo della Scala, e Giulia Schembri, che è pure nel Corpo di ballo della Scala).  Entrambe le due parti dello spettacolo si sono aperte con l’esecuzione, al violoncello, da parte di Salvatori, delle musiche dei due film. Durante l’esecuzione della colonna sonora di “Danza per un cielo fragile” decine di giovani ballerini che avevano piccole luci fissate sul capo: sono entrati nel buio della sala, a simulare l’invasione della luce artificiale nel buio assoluto, e saliti sul palcoscenico, circondando il violoncellista. Si trattava di allievi delle scuole Freebody, Courmayeur in Danza, Black Swann e Vercelli Dance Academy: avevano frequentato gratuitamente un laboratorio coreografico proprio con Mick Zeni, e la coreografia di domenica pomeriggio è stato il notevole, affascinante risultato di quel laboratorio.

Ma al di là di proiezioni, interpretazioni musicali e danze dal vivo, Daniela Tricerri ha voluto che immagini e coreografie fossero commentati da esperti in materia e così sono stati allestiti due brevi talk show, a cura della vice presidente di Expo Dubai (che ha sposato con entusiasmo il progetto della Freebody) Federica Busa. Nel “salotto” sulla montagna fragile c’erano, oltre ovviamente a Daniela Tricerri, il “nivologo” (cioè studioso delle caratteristioche fisico-chimiche della neve) Michele Freppaz, membro del Comitato geologico italiano, l’imprenditore e storico della montagna Gioachino Gobbi e la referente della Cineteca del Cai Pamela Lainati.

Il talk show sul cielo buio ha avuto come protagonisti Andrea Berganozzi, ricercatore all’Osservatorio astronomico della Valle d’Aosta, la storica e critica d’arte Marina Cafà e lo smart city director della The Royal Commission for AlUla Andrew Rippon. AlUla è una città dell’Arabia Saudita unica al mondo, ricca di tesori naturali che hanno dell’incredibile e, per restare nel tema del “passo a due” sul recupero del cielo buio, cioè del cielo vero non inquinato dall’illuminazione artificiale, Rippon ha detto che molti turisti si recano ad AlUla anche per ammirare il cielo non contaminato dell’antichità.

Il “salotto” sui ghiacciai

I due “salotti” hanno proposto tanti e tali spunti da scriverci un libro. Per eseigenze di spazio, ne riportiamo solo alcuni a volo d’uccello. Nel dibattito sulla montagna fragile è emerso che i ghiacciai sotto i 3500 metri di altitudine sono destinati ad estinguersi; che  tra Piemonte e Valle d’Aosta i ghiacciai che stanno correndo il rischio di scomparire sono dodici; che i ghiacciai, circa 900 nella Alpi italiane, si stanno ritirando al ritmo di 15-20 metri all’anno. Poi che nella Cineteca nazionale del Cai (che ha di recente inserito il film di Bellizzi), costituitari nel 1951,  ci sono 600 titoli sulla montagna e che il primo è “Cervino 1901”

Davvero affascinante il dibattito sul cielo buio. I nostri avi hanno da sempre usato il cielo e i danni che l’alterazione naturale dovuta alla luce delle città sta provocando sono di carattere economico, ambientale e culturale. Di grande interesse le considerazioni della critica d’arte Cafà sull’uso improprio della luce musei. Le opere d’arte sono state realizzate per essere viste con la luce naturale o a lume di candela: tutti i grandi capolavori sono stati concepiti per essere ammirati nella semi oscurità, come da sempre hanno preteso artisti del livello del Caravaggio (ad esempio per le sue straordinarie opere in San Luigi dei Francesi a Roma) e dello scultore Canova. E tonando al tema della città araba di AlUla di cui abbiano già parlato, Andrew Rippon ha detto che le luci della città (45 mila abitanti in un territorio vasto come Il Belgio) sono state realizzate molto basse per non essere dirette verso il cielo e che ad AlUla si sta impiegando una luce “liquida” che si accende solo quando in un determinato luogo c’è qualcuno che deve vedere: in pratica è una luce che segue l’uomo.

Da queste poche note, vi sarete resi conto dell’esperienza fantastica che i presenti a teatro hanno potuti vivere domenica. La speranza è che l’appuntamento venga riproposto quando saranno pronti anche i due ultimi film di Bellizzi: il “sogno” giovanile di Daniela Tricerri si sta realizzando e, per la città, questa è davvero, come nel film di Frank Capra, una cosa meravigliosa.

Edm

Nelle foto di Renato Greppi altri momenti dello spettacolo

 

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