Oggi avrebbe compiuto 100 anni Mairino, l’uomo che volle la “Cerutti” a Vercelli

Mairino, con la giacca nera e le braccia consenter. Nella foto, secondo da sinistra, si riconosce Giancarlo Cerutti

Oggi, 27 dicembre, ricorre il centenario della nascita di Ferruccio Mairino che, scomparso il 20 settembre del 1998, a 77 anni, fu l’uomo che portò a Vercelli le “Officine Meccaniche Cerutti”, da lui dirette a partire dal 1969 per vent’anni.

D’accordo, Ferruccio Mairino era anche mio zio, ma stavolta contravvenendo alla regola, non scritta ma giusta, secondo cui un giornalista non dovrebbe mai parlare direttamente dei suoi familiari o dei parenti, farò un’eccezione perché questo centenario non è solo importante per sua moglie, per le sue figlie, per i suoi nipoti, per suo cognato, per i generi, per me. E’ importante per la città, che pure non ha mai riconosciuto istituzionalmente il suo valore, non dedicando sinora nulla di nulla all’uomo che ha dato lavoro per mezzo secolo a centinaia di famiglie e che ha realizzato uno dei due riconosciuti “fiori all’occhiello”, in ambito imprenditoriale, della città negli ultimi decenni: l’altro era la “Sambonet”.

Da anni sul tavolo dell’allora (e attuale) sindaco Andrea Corsaro c’è la richiesta di intitolazione di una via a Ferruccio Mairino, sottoscritta da un gruppo di vercellesi (primo firmatario, Giulio Pretti) che volevano riconosciuti i meriti di quest’uomo, tanto modesto e schivo quanto geniale, nella crescita della città. Anche Maura Forte, durante il suo mandato amministrativo, ha preso visione della richiesta (anche perché sollecitata, tra gli altri, da Gianni Marino, sempre attento a questi valori), ma la domanda è tutt’ora giacente.

Ferruccio Mairino era nato appunto il 27 dicembre 1920, a Vercelli. La madre era morta giovanissima, ed il padre si era risposato ed era andato a vivere a Novara. E lì all’istituto tecnico industriale “Omar”, il giovane Ferruccio aveva potuto sviluppare il suo straordinario “bernoccolo” per la meccanica. Dopo l’”Omar”, Ferruccio, che era tornato ad abitare a Vercelli – dove aveva conosciuto la sua futura moglie, Luciana Canna, che oggi ha 95 anni – aveva trovato un’occupazione all’aeroporto di Cameri: ogni giorno, per recarsi al lavoro, inforcava la bicicletta e si faceva una settantina di chilometri  tra andata e ritorno.

Ma poi, per Mairino arrivò l’occasione di un nuovo lavoro nella sua città, in via Libia, presso la  Omae di Mario Acquadro, che produceva macchinari per l’industria tessile: intanto, si era sposato con Luciana, ad Oropa, poco dopo la fine della Guerra, il 19 agosto 1945. Dal matrimonio sarebbero nate due figlie: Paola e Piera.

All’Omae, Ferruccio Mairino si era subito segnalato per la sua straordinaria competenza ed era stato nominato capo officina. Le cose nella fabbrica di Acquadro non andavano però tanto bene. Allora Mairino, con un piccolo gruppo di operai e di impiegati dell’azienda, si era trasferito in via Giolito, fondando un’attività in proprio: con lui c’erano, inizialmente, il contabile della Omae, Pietro Piva, Domenico Mariano, Silvano Paoletti e Paolo Masala. La piccola impresa, specializzata nella realizzazione di macchine per l’industria, aveva incominciato ad attirare l’attenzione dello storico fondatore della “Cerutti”, il cavalier Giovanni, ed aveva incominciato a crescere nei numeri e nella qualità.

E quando la Omae aveva chiuso definitivamente i battenti, Mairino ed i compagni di viaggio – Pietro Piva in testa – erano tornati in via Libia per costituire l’Icma, l’Italiana Costruzione Macchine che legandosi sempre più strettamente alla “Cerutti” (il rapporto tra Mairino era soprattutto con uno dei figli di Giovanni, Luigi, marito della straordinaria “Tere” Novarese, e con il figlio, Giancarlo), era cresciuta giorno dopo giorno arrivando ad occupare oltre sessanta dipendenti. Erano gli Anni del Boom.

La crescita dell’Icma aveva fatto sì che Mairino e Piva avessero  dovuto “staccare” il reparto dei torni dal resto della fabbrica, per ragioni di spazio, dislocandolo in un capannone in corso Fiume. Poi, nel 1968, Mairino e Luigi Cerutti avevano sottoscritto il passaggio in blocco alle “Officine Meccaniche Cerutti” e, grazie a Mairino, Cerutti aveva optato per le realizzazione del nuovo stabilimento a Vercelli, anziché puntare ancora su Casale: quello che dall’anno successivo ha garantito occupazione ad un numero rilevante di famiglie e immenso prestigio alla città, anche a livello internazionale, nel campo delle rotative.  Il solido staff dirigenziale aveva ai vertici Mairino (che dirigeva anche la fabbrica casalese), l’ingegner Pier Luigi Gaggero e la alacre segretaria Cesarina “Cesy” Cussotti.

Il resto è storia, soprattutto la storia di un uomo che non ha mai amato far parlare di sé, ma che generazioni di imprenditori e di lavoratori hanno stimato e copiato, e che oggi la sua città dovrebbe finalmente ricordare in modo ufficiale.

edm

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