Neuroscienze e Amore: viaggio incantevole tra Sant’Agostino, l’antica Roma e Greta Thunberg

Il pubblico che affollava il Salone del San Giuseppe

Vercelli – Ci sono alcuni misteri da chiarire, nel mondo. Ad esempio, come sia stato possibile creare la volta della Sistina, come abbia fatto Maradona a fare gol con una punizione a due dentro l’area in un famoso Napoli-Juve e come faccia, ogni anno, Pier Giorgio Fossale a riempire anche di studenti, il sabato mattina, capienti saloni cittadini per ascoltare scienziati che parlano delle potenzialità ancora inesplorate del nostro cervello.

Anche sabato mattina, nel Salone dell’Upo, ex San Giuseppe, di piazza Sant’Eusebio, successo indescrivibile per il (sedicesimo) convegno sulle Neuroscieze, con gente che è stata anche in piedi tre ore senza perdersi una parola dei relatori.

Si parlava di “amore”, per la precisioni dei “meccanismi” neuronali che ci fanno provare passione verso una persona e indifferenza per un’altra, di che cosa avviene nel nostra corteccia cerebrale quando prima andiamo alla ricerca di un nostro futuro oggetto di desiderio e, soprattutto, quando abbiamo individuato la donna o l’uomo della nostra vita.

Il professor Di Francesco e il dottor Fossale

Introdotti da Fossale, e poi dal secondo “padre” delle Neuroscienze vercellesi, Michele Di Francesco, ne hanno parlato neuroscienziati e scrittori. Ha incominciato il professor Nicola Canessa della Scuola superiore Iuss di Pavia. Tema dell’intervento, la “neurobiologia” dell’amore romantico. Un’efficace introduzione al resto della giornata: quando noi decidiamo di scegliere un partner affettivo mettiamo in azione il meccanismo neurobiologico che sta alla base delle gratificazioni, del piacere che proviamo anche in altre circostanze non amorose. Ad esempio, ha sottolineato il relatore, quando facciamo della beneficenza.

La predisposizione umana ad andare alla ricerca di gratificazioni (anche semplicemente quella di di sentirsi necessario) viene attivata fin da neonato, quando il bambino va alla ricerca dell’appagamento dei propri bisogni rivolgendosi alla mamma: in seguito ciò si trasforma nell’attaccamento al partner. Il professor Canessa ha quindi sviluppato l’altra faccia della medaglia, e cioè che cosa accade, sempre a livello neurobiologico, quando si viene lasciati dal proprio innamorato soprattutto quando si è già attivato nei suoi confronti un altro  meccanismo base avviato dal nostro cervello, quello della salienza: vale a dire il mantenimento della sua unicità, che ci impedisce di provare amore per qualcun altro.

L’intervento del professor Mordacci, introdotto da Fossale

Interessante, ma non certo divertente  per gli interessati, la notizia che in alcuni laboratori viene svolta questa ricerca sugli abbandoni mostrando alla persona in questione immagini di chi l’ha appena lasciata. Sadismo bell’ ebuono: d’accordo le finalità saranno scientifiche, ma il nostro giudizio non cambia.

Il professor Canessa ha comunque concluso con un tema che, vista anche la nostra età, ci sta particolarmente caro: la solitudine dell’anziano, quando ci lasciano le persone care e si diradano gli amici. L’uomo, ha sottolineato il relatore, ha per fortuna una riserva cerebrale, un “bagaglio” che lo sostiene quando il cervello va in decadimento: si tratta di incrementare le attività sociali e ricreative, senza arrendersi all’inerzia: le persone che riescono a sviluppare reti sociali robuste hanno un grado di sopravvivenza assai più elevato delle altre.

La relatrice successiva doveva essere la scrittrice Eva Cantarella, assai famosa per i suoi libri appunto sull’amore “degli altri”, vale a dire degli antichi, dei nostri antenati. Colpita dall’influenza, la scrittrice, storica, giurista e sociologa romana ha affidato a Fossale il composto di leggera la sua relazione, e il presidente dell’Ordine dei medici si è prestato volentieri.

La Cantarella è partita dall’osservazione che i valori possono essere profondamente diversi da un’era all’altra e addirittura tra popoli coevi: relatività delle culture è una delle più importanti lezioni della Storia. In Grecia, ad esempio, la pederastia era una forma istituzionalizzata di pedagogia, mentre a Roma la vicenda idealizzata da Dante di Marzia e Catone la dice lunga sulla considerazione che gli antichi romani avevano della donna: era infatti normale cedere la propria mogli, meglio se incita, come Catone a fatto, ad un amico che non era riuscito ad avere figli dalla propria. Narrandola, Lucano sapeva perfettamente che questa storia sarebbe stata accettata senza problemi dai suoi contemporanei, in un’epoca in cui la cessione ad altri della moglie in grado di mettere al mondo figli era un atto ritenuto a favore della comunità.+

La relazione della prof. Meini

Se Eva Cantarella aveva dovuto dare forfait a causa di virus o batteri molto attivi in questi giorni, c’era invece la professoressa Cristina Meini, dell’Upo. Trattando il tema che le era stato assegnato “Emozioni e vita pubblica. Una sguardo critico”, la docente della nostra Università, “vecchia conoscenza” di questi convegni ha sviluppato uno stupendo excursus sul significato e sull’importanza dell’empatia, che è la capacità di porsi nello stato d’animo di un’altra persona: il classico “mettersi nei panni degli altri”.

La docente dell’Upo è partita da questa domanda, tutt’altro che peregrina: “I problemi del mondo potrebbero essere risolti se i governanti agissero sempre in base all’empatia”, tanto cara, per esempio, a Barak Obama? A naso, la risposta potrebbe essere “sì’”, ma in realtà i dubbi sollevati nella sua reazione si sono installati subito in tutti noi, ascoltatori attenti e avvinti, quando la professoressa Meini ci ha posto il caso di coscienza di una bambina malata grave con cui noi entriamo in empatia, avendo la possibilità di agire sulla lista d’attesa della lista in cui la giovane ammalata è inserita, ad esempio, per avere un trapianto. Se agissimo per empatia, non ci sarebbero dubbi: la metteremmo in testa a quella lista. Ma sarebbe giusto farlo, senza tenere conto anche delle ragioni degli altri?

Più che sintonizzarsi sul l’empatia verso qualcuno, sarebbe opportuno, e giusto secondo la relatrice, ricorrere alla “compassione”: non mettersi nei panni” di una persona, di una causa, ma capirle, e basta. E se è vero che noi proviamo “empatia” verso tanti nostri o “miti”, da madre Teresa di Calcutta a Nelson Mandela, a Martin Luther King, dobbiamo pensare che essi sono stati grandi perché avevano ideali, ma anche strategie per realizzare i loro sogni: sfoderavano e suscitavano ideali ed emozioni, ma sempre con un alto tasso di razionalità. E qui la professoressa ha concluso citando l’ormai celeberrima Greta Thnberg affetta, ormai è noto a tutti, dalla sindrome di asperger. “Greta – ha detto – come tutti i giovani asperger ha carenze e pratiche, ma è razionale e portata alla compassione, il che è alla base del suo successo”.

E poi c’è stata l’attesissima relazione finale del professor Roberto Mordacci, stavolta cenbtrata sul tema della fine dell’amore, con le conseguenze, talvolta anche tragiche, che questo evento innesca: il tutto esaminato alla luce di una famoso film del 2004, “Se mi lasci ti cancello”, in cui un uomo, lasciato dalla sua ragazza, decide di farsi resettare II ricordi di quella relazione. 

In realtà, Mordacci è partito assai più da lontano. Addirittura da Sant’Agostino, che precorrendo il Dante che dava il titolo al convegno “Amor che nella mente mi ragiona”, quasi mille anni prima, ragionando sul suo amore verso Dio, si era domandato, nel libro decimo delle “Confessioni”: “Dove dimori tu, Dio, nella mia memoria?. Per rispondersi: “Tu sei in un luogo immemore della mia memoria”.

E, dunque, secondo Mordacci, che ha citato al proposito la “madeleine” di Proust, l’amore è nel ricordo. E dunque che cosa accade quando l’amore finisce? Accade che, come Eloisa per Abelardo, si vorrebbe che quel dolore lancinante che tutti proviamo in quei momenti fosse cancellato, come una macchia dal nostro cervello. Di qui l’analisi del film, tanto bello e interessante quanto banale era il titolo in italiano. Assai meglio l’originale che era anche il titolo della conferenza di Mordacci: “L’eterno splendore della mente immacolata”. Ovviamente, un successo. Come tutto il resto della giornata.

Edm

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