Installato a sei pazienti l’innovativo pacemaker senza fili

Il pace maker senza fili

Si chiama “leadless” ed è poco più grande di una capsula con un peso di pochi grammi. Si tratta di un particolare impianto di “pacemaker”, senza fili (lead less), utilissimo in pazienti che hanno già subito tali interventi e che incorrono in infezioni pericolose

 

 

Uno di questi impianti è stato installato con successo su alcuni pazienti. “Un ulteriore tassello nel processo di crescita avviato dalla cardiologia dell’Asl di Vercelli” come spiega una nota ufficiale.

 

Il trattamento effettuato nelle scorse settimane di un pacemaker senza fili su pazienti affetti da fibrillazione atriale, con diverse patologie associate, e che in precedenza avevano già avuto un impianto è nuovo a Vercelli. La tecnica è appunto “leadless” cioè senza fili, mentre lo strumento è poco più grande di una capsula e pesa pochi grammi.

 

il team di elettrofisiologi dell’Asl VC: da sinistra Federica De Vecchi, Mario Matta e Chiara Devecchi

Uno dei rischi maggiori in chi ha un pacemaker tradizionale con uno o più elettrocateteri, cioè con i fili, è proprio quello di poter incorrere in infezioni o ematomi nella tasca sottocutanea dove di solito viene posizionato il generatore di impulsi (pacemaker). La procedura eseguita dal team di elettrofisiologia a Vercelli, invece, è mini-invasiva e consente di applicare – attraverso un tubicino flessibile inserito nella vena femorale a livello dell’inguine – il sistema contenente il pacemaker rilasciandolo in modo sicuro dentro al cuore senza fili e ancorandolo a livello della parete cardiaca.

Dopo aver verificato la stabilità del pacemaker viene rimosso il tubicino nell’inguine e, trascorse circa 24 ore di riposo a letto, il paziente può alzarsi ed essere dimesso. Una meraviglia della tecnica moderna.

 

Una tecnologia che consente di stimolare solo un punto del cuore e che spesso si rileva efficace, oltre che nei pazienti con episodi di infezione, anche in pazienti diabetici, con insufficienza renale o dializzati, con problemi di trombosi venosa alle braccia.

 

Il dott. Francesco Rametta

“Uno dei due pazienti trattati era già stato sottoposto a un precedente impianto con la tecnica tradizionale – spiega il direttore della Cardiologia Francesco Rametta – e aveva avuto una complicanza importante. Grazie a questo intervento è stato possibile recuperare velocemente. Inoltre tali sistemi possono essere monitorizzati da casa tenendo sotto controllo i parametri una volta al mese. Ad oggi sono stati trattati sei pazienti con questo metodo. Un passo importante per un centro in cui non è presente la cardiochirurgia e che è stato possibile grazie alla collaborazione di tutto il personale della cardiologia”.

 

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1 commento

  1. Un progresso, inoltre il volto del dr. Rametta mi trasmette serenità e fiducia. Ciò che incute un certo terrore è invece l’inciso “… tali sistemi possono essere monitorizzati da casa tenendo sotto controllo i parametri una volta al mese.” Se possono essere “guardati” da casa una volta al mese, visti i progressi tecnologici certo paralleli a quelli della Medicina .. siamo sotto potenziale controllo del Grande Fratello? .. Noooo! Tranquilli, non chiedete neppure all’Asl, ho io la risposta .. il sistema è SICURO: ci vuole la password!

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