Il Teatro nel Sangue – Francesca Fiaccola, il palco è una straordinaria avventura che può mostrare lati di te che non conosci

Francesca Fiaccola

Dopo Sandro Gino e Alice Monetti, scopriamo, nella nostra rubrica sui personaggi del testro vercellese, Francesca Fiaccola, anche lei attrice e docente di recitazione della Officina Teatrale Anacoleti, il cui percorso è strettamente legato al mondo della musica.

Com’è iniziato il tuo percorso teatrale?

Ho iniziato seriamente a 14 anni ma, riguardando indietro, il teatro è sempre stato lì ad attendermi. Sin dai primi anni di scuola, ogni volta che volevo fare qualcosa di ricreativo era sempre uno spettacolo, un’esibizione, un recitare e un cantare e lo facevo perché, semplicemente, mi piaceva e basta. Poi, quando sono andata al Classico, ho scelto il teatro come attività extra curricolare e la fortuna ha voluto che fossero proprio gli Anacoleti ad occuparsene. Da quel momento mi è stato mostrato un mondo sfaccettato dove potevo continuare a divertirmi come facevo prima ma anche scavare dentro di me. Finito il corso nelle scuole, li ho seguiti in Officina (corso De Gregori 28, ndr.), dove ho potuto scoprire un luogo dove mi sento bene e capita. Non è stato un percorso lineare ma non mi sono quasi mai fermata. Non saprei bene dire quanti spettacoli abbiamo fatto, ma tra i più importanti per me ci sono stati Antigone, Penelope, Fuochi, Il Buio e 900.

 

Qual è il tuo ruolo all’interno dell’Officina Teatrale Anacoleti?

Dall’autunno del 2021 mi occupo di preparare gli allievi dal punto di vista vocale, gestisco la parte social della compagnia e, durante le lezioni, assisto al lavoro che viene fatto. Per me è una cosa nuova provare a trasmettere dei principi e dei concetti a qualcuno: non è per nulla scontato saperlo fare e ammetto che, a volte, ho delle incertezze ma la bellezza del lavoro a teatro è che ti permette di superare questi timori e, ogni volta, trovo qualcosa che mi aiuta a spingermi oltre, credendoci sempre di più. Non puoi guidare qualcuno se non sei tu convinto per primo ed è enorme la soddisfazione nel vedere un allievo che riesce a scoprire qualcosa di nuovo nella sua voce, attraverso un tuo esercizio. Mi rende tanto felice quando qualcuno si diverte facendo qualcosa con me, nonostante anche le cose più noiose ma necessarie vadano fatte!

 

Quanto ha influito la musica nel tuo percorso teatrale?

Canto da sempre e sicuramente questo ha influito sulla mia voce e il suo utilizzo. Per quanto, poi, possa sembrare basilare come risposta, ha influenzato anche i miei gusti facendomi scoprire i musical, tanto che riuscii a recitarne due durante il periodo delle superiori. Tra quel genere e il teatro contemporaneo c’è una grande diversità di approccio alla scena, ma vivere le due cose mi ha fatto comprendere alcune sfumature: cantare in un musical è differente che cantare durante uno spettacolo più classico, nonostante si parli sempre di canto. Iniziare a farlo in una scena è davvero complesso mentalmente e appena finito hai uno stacco netto dove devi cambiare il tuo registro recitativo e rientrare nella scena, cosa che non hai nel musical, dato che entri sul palco con quella mentalità. In più, se prendiamo gli spettacoli classici all’interno dell’immaginario collettivo come Grease, Mamma Mia o Hair Spray, c’è una bellissima leggerezza nel recitare. La musica mi aiuta ad entrare in una dimensione, anche attraverso l’uso del corpo. Non sono una ballerina ma muovermi e cantare mi permettono di connettermi con il lavoro che sto facendo. Prima di iniziare le prove di Migliore (l’ultima commedia degli Anacoleti, ndr.), mettevamo sempre “Diesel” di Eugenio Finardi e quella canzone mi dava quel ritmo, quello spirito e quella vita che mi hanno aiutato nell’affrontare la costruzione dello spettacolo.

Se potessi descrivere il tuo percorso attoriale con delle canzoni, quali sarebbero e perché?

Le canzoni rendono tutto più poetico, come se fosse il viaggio dell’eroe. Io, invece, se devo parlare del mio percorso attoriale, ti parlo del percorso di una ragazza semplice della provincia di Pavia ma, nonostante questo, risponderei con delle canzoni che comunicano degli stati e momenti in cui mi sono trovata: la prima è “You Always Make Me Smile” di Kyle Andrews, una canzone d’amore che va a rappresentare l’incontro con tante persone che hanno abitato le Officine nel corso degli anni. Il teatro ti porta a mostrare lati di te che di solito non mostri e, se stai accanto alle persone, ti rendi conto che quelle sono le cose più belle, che te le fanno amare quelle persone. Aggiungo “Fade to Gray” di Visage, che è molto cupa, dato che parla di una persona che desidera morire, ma questo può essere inteso come un annullarsi. Quando cerco di affrontare certe scene e personaggi, mi scontro con la difficoltà di annullarmi a favore del personaggio, di essere completamente neutrale. Come a voler entrare in una nebbia, cancellare i connotati ed uscire da questa con le sembianze di chi stai interpretando. Infine, con uno spirito un po’ più leggero, voglio anche dire “Don’t Stop Me Now” dei Queen, perché rappresenta l’entusiasmo e la carica che mi ha fatto sentire il teatro in diversi momenti, ovvero quel brivido che si prova quando superi le tue paure per “spaccare tutto”!

 

Quali sono le tue paure in ambito teatrale e come le affronti?

Innanzitutto, c’è una paura comune: quella di essere finti, noiosi e non interessanti quando si recita. Mi è anche capitato di non avere la terra sotto i piedi, cioè di affrontare qualcosa a livello teatrale per poi sentire i propri strumenti scivolare di mano. Concettualmente questa sensazione la riconduco come al timore di non riuscire ad entrare in contatto con degli elementi della propria interiorità, che sono fondamentali per recitare, e questo può portare ad un’altra paura, quella del mancato ascolto: non essere in grado di sentire l’ambiente attorno e gli attori con cui si lavora. Nel tempo e nella pratica, però, il teatro ti dà tutti i mezzi per combattere ogni insicurezza e lasciare indietro qualsiasi problematica che il quotidiano può lasciare. Secondo me, poi, ci sono due cose parallele: una preparazione sul momento e l’effetto a lungo termine di quello che hai preparato man mano nel corso degli studi. A quel punto, senza pensarci troppo, ti devi lanciare lasciandoti andare!

 

Emanuele Cielo Olmo

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