Il Rettore Avanzi questa mattina al Civico: “Non bisogna ascoltare le paure, ma le speranze”

Il Rettore Avanzi accoglie al Civico il Presidente Mattarella e la ministra dell’Università Bernini

 

Ecco, in versione integrale, il discorso inaugurale dell’Anno Accademico 2023-2024 pronunciato questa mattina dal Magnifico Rettore Gian Carlo Avanzi alla presenza del Capo dello Stato, Sergio Mattarella.

Cesare Pavese, nel romanzo “La luna e i falò”, scrive: «Questo paese (…) ho creduto per molto tempo che fosse tutto il mondo. Adesso che il mondo l’ho visto davvero e so che è fatto di tanti piccoli paesi, non so se da ragazzo mi sbagliavo poi molto. (…) Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. (…). Queste cose si capiscono col tempo e l’esperienza. Possibile che a quarant’anni, e con tutto il mondo che ho visto, non sappia ancora cos’è il mio paese?”.

OCCORRE AVERE UNA PATRIA CULTURALE DI RIFERIMENTO

È uno dei brani più citati da chi afferma la necessità ‒ e la bellezza ‒ di avere una «patria culturale di riferimento» e un «villaggio vivente nella memoria» per non smarrirsi nel mondo, come lo definiva l’antropologo Ernesto De Martino.
Noi studiosi e docenti svolgiamo il mestiere più bello del mondo, che rappresenta anche un formidabile punto di osservazione sulle future generazioni. Stiamo constatando che le nostre e i nostri giovani si stanno un po’ disorientando, smarrendo. Il 57° Rapporto sulla situazione sociale del Paese del Censis non ci rallegra: l’inverno demografico, la perenne estate climatica, l’enorme debito pubblico, le pandemie e le guerre, che stanno mettendo a dura prova l’umanità, creano preoccupazioni che sembrano paralizzare il popolo italiano. Gli italiani, afferma il Censis, sono «ciechi dinanzi ai presagi e, anziché reagire, rimangono inerti». Ciò che colpisce di più è il declassamento del lavoro nella gerarchia delle priorità esistenziali, nonostante il dato più elevato di sempre del numero degli occupati in Italia.
Questo mutamento di percezione della società ci convince che bisogna più che mai scommettere sulle giovani generazioni e contrapporre al loro senso di smarrimento un forte riferimento di “patria culturale”, come quello offerto dall’Università: che trasformi le paure in sforzi raziocinanti di comprensione dei fenomeni e confronto per favorire la ricerca condivisa di soluzioni praticabili.

L’UPO CERCA DI PORTARE TUTTI ALLA LAUREA

Purtroppo non tutti i giovani intendono proseguire gli studi all’Università; per essere al pari con il resto dell’Europa, la percentuale di connazionali con la laurea dovrebbe raddoppiare. Molti di loro, peraltro, non sono nelle condizioni di iscriversi. Il Piemonte non è una regione povera, ma deve affrontare serie sfide economiche e occupazionali, soprattutto in alcune aree come quella cui fa capo il nostro Ateneo. Molte famiglie percepiscono un reddito di poco superiore alla soglia di povertà. Noi pensiamo a queste famiglie, alle loro figlie e ai loro figli, che meritano di accedere alla formazione universitaria. Manteniamo una soglia molto alta di reddito familiare non tassabile; abbiamo un alleato nell’Edisu, l’ente regionale che sostiene il diritto allo studio insieme alla Regione Piemonte. Ancora oggi il 76% delle nostre laureate e dei nostri laureati proviene da famiglie in cui il titolo universitario entra per la prima volta in casa; dalla nostra fondazione abbiamo laureato quasi cinquantamila persone.
Abbiamo posto al centro della nostra attenzione la studentessa e lo studente come il sole che sta al centro del sistema solare.

A VERCELLI UN NUOVO CENTRO DIDATICO E DI RICERCA

In questi venticinque anni abbiamo investito molto per migliorare le nostre strutture di studio e di ricerca, per realizzare residenze, per erogare servizi sempre nuovi, direttamente o in collaborazione con altri enti. Ad Alessandria a breve costruiremo un campus nuovo, a Vercelli un nuovo insediamento didattico e di ricerca, una mensa e aule studio. A Novara, che vede già la presenza del campus realizzato nell’ex caserma Perrone, grazie al cofinanziamento della Regione Piemonte, del Ministero dell’Università e in collaborazione con l’Edisu, trasformeremo il vecchio centro sociale in una moderna residenza studentesca con oltre 170 posti letto, impianti sportivi e piscina. I risultati ci sembrano soddisfacenti, se pensiamo che la tendenza di crescita degli iscritti, dopo la stagnazione intorno alla crisi del 2008, è sempre stata positiva, con incrementi che negli ultimi anni sono stati tutti a doppia cifra, sebbene quest’anno si registri una piccola pausa.

L’83,8 PER CENTO DEI NOSTRI LAUREATI TROVA LAVORO ENTRO UN ANNO 

Quando i giovani entrano in università, li guidiamo con pazienza alla progettualità, insegniamo loro il metodo scientifico, alimentiamo il loro spirito critico e con numerose iniziative di job placement li accompagniamo nel mondo del lavoro. Anche quest’anno il Consorzio AlmaLaurea ci consegna ottimi risultati occupazionali: l’83,8% delle laureate e dei laureati sia di primo, sia di secondo livello, trova un lavoro entro un anno dal conseguimento del titolo, con una retribuzione più alta rispetto alla media nazionale.
Signor Presidente, Signori Ministri, osiamo affermare che L’Università del Piemonte Orientale sta rappresentando un caso di successo senza precedenti. Le comunità locali hanno aderito convintamente alle nostre proposte; abbiamo raggiunto un’indiscussa eccellenza nel campo della ricerca scientifica, che si è riflessa sulla base economica locale. Il nostro dialogo continuo con le imprese, con le istituzioni e gli enti di servizi ha contribuito ad incrementare l’occupazione, gli investimenti e i redditi prodotti; è cresciuto il livello d’istruzione e di qualificazione socio-professionale del territorio.
Siamo inoltre orgogliosi dei nostri risultati di performance di Ateneo, l’indicatore di spese per il Personale, il cui valore atteso da parte del MUR deve essere inferiore all’80%, è intorno al 54%, l’indicatore di sostenibilità economico-finanziaria, cioè il rapporto tra le entrate complessive nette e le spese complessive, il cui valore atteso è superiore a 1, è 1,51, l’indice di indebitamento è 0, questi ed altri dati positivi fanno sì che UPO passi da un peso sul sistema dell’1,21% all’1,44%. Se confrontiamo UPO con gli atenei medi e vicini, siamo primi per ben quattro indicatori: punti organico aggiuntivi (+16,7%), spese del personale (-4,5%), aumento dell’indice di sostenibilità (+4,9%) e del margine tra indice di spesa e indice di sostenibilità (+21,5%).
Dobbiamo questo successo ai Rettori che si sono avvicendati negli anni, al corpo docente e ricercatore e al personale tecnico-amministrativo-bibliotecario, cui va riconosciuto l’impegno nel portare avanti obiettivi che pongono sfide sempre più ardue. Forte di questi dati complessivi, mi sento di affermare che il nostro Ateneo rappresenti davvero una patria culturale di riferimento che si identifica in un villaggio della memoria.

L’OBBIETTIVO: UN’ISTRUZIONE SUPERIORE INTERNAZIONALE PER I NOSTRI STUDENTI

Ci preoccupiamo perché tanti nostri giovani fuggono all’estero. Il rapporto Censis rileva che il peso dei laureati sugli espatriati tra i 25 e 34 anni è aumentato, passando dal 33,3% del 2018 al 45,7% del 2021. Il problema andrebbe anche analizzato dal lato opposto: bisognerebbe chiedersi perché pochi laureati di altri paesi si stabiliscano in Italia e non la considerino “attrattiva”.
Da quando è nato l’euro, oggi la seconda moneta mondiale in termini di scambio dopo il dollaro, e da quando in buona parte del nostro continente sono state abolite le frontiere, chi è giovane sente a pieno titolo di avere cittadinanza europea, che per gli studenti universitari si rafforzerà grazie a programmi dell’Ue come Erasmus+ o European Universities Alliances, che ha l’obiettivo di dar vita ad almeno sessanta consorzi che riuniscano oltre cinquecento università entro la metà del 2024.
Si va verso la creazione di veri e propri campus transnazionali europei, che, a detta di Margaritis Schinas, vicepresidente della Commissione europea per la Promozione dello stile di vita europeo, «sono fondamentali per sviluppare un forte senso di appartenenza europea e competenze adeguate alle esigenze future».
Sono davvero lieto di potervi annunciare che UPO, come altre università italiane, è entrata a far parte di una di queste alleanze, la UP University, con altri nove atenei europei. Siamo capofila dell’unità di lavoro sulla didattica e co-leader per la disseminazione e la sostenibilità. Grazie ai progetti che costruiremo congiuntamente, le nostre studentesse e i nostri studenti potranno beneficiare di un’istruzione superiore internazionale, multidisciplinare e civica, con metodi di apprendimento e insegnamento innovativi. Contiamo di aumentare in modo esponenziale le studentesse e gli studenti internazionali che già ora rappresentano il 10%. Questo è un modo concreto per rivitalizzare l’Europa e incoraggiare le mobilità bidirezionali, superando i localismi, i campanilismi, i provincialismi e i nazionalismi. In Europa ci sono tante altre opportunità da cogliere. Pensiamo a NextGenerationEU, attraverso cui si gestiscono i fondi del PNRR. I destinatari sono i giovani, il programma è fatto per loro. L’Europa sa guardare lontano, ha dato molta fiducia al nostro Paese, concedendo finanziamenti considerevoli, dei quali il sistema universitario ha avuto una parte limitata, ma consistente, che ha investito nel capitale umano, nella ricerca, nell’innovazione, nel trasferimento tecnologico. Tra un paio d’anni il flusso di queste risorse terminerà e tra i Rettori sta già serpeggiando il timore che il sistema universitario italiano, da quella data, non sarà più sostenibile.

“LA PENSIONE SI AVVICINA, MA SENTO ANCORA IN ME TANTISSIMA ENERGIA”

Al di là delle previsioni, fatte con il pessimismo della realtà, forse il problema del nostro paese è l’aver sempre paura di qualcosa, pensare di non essere adeguati, avvertire minacce ovunque. È la paura di farsi del male, che, senza che ce ne accorgiamo, infondiamo in chi stiamo formando. Bisogna invece insegnare che le paure vanno affrontate con slancio e determinazione, guardando alle opportunità che anche le nuove tecnologie ci aiutano a realizzare, se utilizzate con ragionevolezza. Solo così potremo contribuire a far crescere una nuova generazione di persone portatrici di ottimismo, capaci di vivere bene insieme, di partecipare alla vita civile con rispetto delle diversità e della parità di genere, capaci di donare sé stesse, di ascoltare chi è bisognoso e di prendersi cura di chi invecchia.
Signor Presidente, Signori Ministri, venticinque anni fa l’istituzione del nostro Ateneo, suddiviso fra tre città, con tanto entusiasmo e non poche difficoltà, è stata un’impresa coraggiosa, che ha attraversato ogni paura. Questo coraggio è ancora vigoroso nella consapevolezza sia delle nostre potenzialità sia dei nostri limiti. Ci consente di guardare al futuro con l’ottimismo della ragione e di ritenere che le scelte che abbiamo compiuto o stiamo per compiere, come quella dell’istituzione della Fondazione dell’Università del Piemonte Orientale, potranno contribuire sensibilmente alla sostenibilità del nostro Ateneo.
Non bisogna ascoltare le paure, ma le speranze. Non bisogna pensare agli errori commessi, ma al potenziale che si può ancora realizzare. Sono medico da quarant’anni, insegno all’università da trenta, il mio mandato di Rettore sta per scadere e la pensione si avvicina. Eppure, sento ancora tantissima energia, che vorrei lasciare in dote a chi mi succederà, all’intera UPO che è la mia casa, alle laureate e ai laureati che ne portano orgogliosamente il sigillo, alle studentesse e agli studenti attuali e che verranno.
Grazie!

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1 commento

  1. Da piemontese quale sòno
    non posso che riconoscere
    la stretta affinità
    tra il futuro finale dell’itaglia,
    di noi giovani o giovanissimi
    e la vista stessa di Cesare Pavese

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