Il Giro d’Italia regala cinque tappe al Piemonte, Vercelli non pervenuta

Il Giro d'Italia è soprattutto un momento di festa per la gente

Era il 9 giugno del 1992 quando Vercelli all’improvviso si vide travolta dalla marea rosa che annunciava il Giro d’Italia. Il traguardo era stato posto in via Massaua dove gli appassionati si erano dati appuntamento fin dalle prime ore del mattino per accaparrarsi i posti migliori. Ricordo che il più ambito era quello sul tetto della pensilina della fermata degli autobus. Quel giorno c’era un fiume di gente in attesa di applaudire i corridori: chi in piedi, chi si era portato una seggiola, chi si arrampicava sui posti più impensabili, chi dal balcone.

Vercelli si tingeva di rosa: magliette, cappellini, trombette, tifo indiavolato, chiacchiere su chi avrebbe vinto. Intanto Adriano De Zan si era appartato prendendosi un piccolo spazio in piazza Cesare Battisti per studiarsi la scaletta, Gino Bartali sul sedile posteriore di una decapottabile sembrava un capo di Stato e salutava chiunque venendo acclamato al pari di un eroe, gli addetti lanciavano i gadget al pubblico (mica come oggi che il kit costa un occhio della testa).

C’era un gran baccano, almeno fino all’annuncio di Radio Corsa: “Attenzione! Attenzione! Il gruppo ha imboccato il rettilineo finale”. Allora era calato un religioso silenzio. Fu questione di un attimo: come dei bolidi i ciclisti sfrecciarono alla conquista della linea più ambita, stantuffando come degli ossessi sui pedali. Uno però era stato il più veloce di tutti, ma, sebbene non fosse chiaro, già si conosceva il suo nome: era Mario Cipollini che aveva bruciato gli avversari con la sua ineguagliabile potenza (leggenda vuole che una volta abbia addirittura piegato la forcella con la sua azione).

Subito dopo il pubblico scavallò le transenne per assieparsi ad assistere alle premiazioni: Cipollini vincitore della tappa che era partita da Sondrio, Miguel Indurain maglia rosa, la stessa che avrebbe tenuto fino a Milano dove, per chiudere in bellezza, avevano approntato una cronometro di 66 km: un invito a nozze per il campione Navarro che si era preso il simbolo del primato già alla terza tappa, togliendolo di dosso al francese Thierry Marie che si era preso il lusso di battere Indurain nella crono iniziale di Genova.

Ma mica era finita lì perché il giorno dopo Vercelli era stata designata anche città di partenza della frazione che sarebbe arrivata a Pian del Re, laddove nasce il Po, che per la cronaca se l’aggiudicò Marco Giovannetti. Anche in quel caso fu un tripudio: noi al Liceo Scientifico fummo invitati a uscire in strada per applaudire la carovana, talmente ricca di colori e di grovigli che non si riconosceva nessuno. Io però riconobbi Gianni Bugno e urlai forte il suo nome, a quel tempo avevo occhi solo per lui.

Da allora sono passati ventinove anni e, alla luce dell’ufficializzazione delle prime tre tappe dell’edizione 2021, una domanda dobbiamo porcela: Vercelli si è dimenticata del Giro o il Giro si è dimenticato di Vercelli? La risposta è che se non c’è un interesse reciproco è difficile pensare a un lieto fine. Di recente qualche passaggio di sfuggita in via Viviani e in corso Bormida, il traguardo volante di tre anni fa in corso XX Settembre, poi in viale Garibaldi e sul cavalcavia per dirigersi verso Oropa. Poi il vuoto assoluto.

Per diventare città di tappa ci sono due strade: o sono gli organizzatori del Giro a contattare oppure è la città stessa che avanza la sua candidatura. Nel primo caso ciò avviene quando magari c’è qualche commemorazione o qualche anniversario particolare oppure ancora per omaggiare i campioni del passato o personaggi che hanno scritto la storia del Paese. Ad esempio quest’anno si passerà da Sesto Fiorentino per ricordare Alfredo Martini e da Ravenna per i settecento anni dalla morte di Dante. Nel secondo caso è la città che deve muoversi per giocarsi le sue chances. Sul sito del Giro d’Italia c’è una pagina apposta per diventare città di tappa (vedi qui). Basta compilare un form e gli addetti all’organizzazione provvederanno a contattare chi ha fatto richiesta. Non è complicato.

Una buona occasione poteva essere quest’anno dato che il Giro d’Italia partirà da Torino e avrà in dote le prime tre tappe, più altre due tra le quali l’attesa Alpe di Mera. Facendo due rapidi conti, cinque tappe su un percorso che ne prevede ventunocorrispondono circa a un quarto di gara. Un’enormità. Eppure all’appello manca Vercelli che avrebbe potuto giocare decisamente meglio le sue carte, tanto più che proprio a maggio, mese della Corsa Rosa, in città si terrà anche la prima Granfondo Mangia e Bevi, prova di Coppa Piemonte che attirerà un bel numero di cicloamatori.

Ma vediamo nel dettaglio le prime tre tappe: la prima sarà una cronometro individuale di 9 km che attraverserà il capoluogo, la seconda partirà da Stupinigi e si concluderà a Novara, la terza da Biella a Canale. A Vercelli nemmeno le briciole di un fugace transito. Solo nella seconda tappa si passerà dalla tangenziale che conduce a Novara e basta. Onestamente ci pare poco. A maggior ragione se pensiamo alla lungimiranza con cui si è mossa la Valsesia, abile a ottenere per la prima volta l’arrivo all’Alpe di Mera. Anche in quel caso però la partenza è da Busto Arsizio, perciò lontano dal vercellese. Nemmeno a pensarci il giorno dopo da Verbania, scelta perché ha dato i natali al campione del Mondo a cronometro Filippo Ganna.

Dunque ricapitoliamo, elencando i nomi che si possono leggere sul sito ufficiale del Giro d’Italia e della Gazzetta dello Sport: Torino, Stupinigi, Racconigi, Santena, Monferrato Novara, Biella, Alba, Asti. Poi Valsesia e Verbania. In pratica tutto il Piemonte, tranne Vercelli. Crediamo che con un maggiore interesse qualcosa in più si poteva e si doveva riuscire ad avere. Il Giro è un evento unico che trascende lo sport, che unisce e che porta gioia in chi lo vede passare. Soprattutto in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo, avrebbe rappresentato una parentesi felice e, perché no, uno spunto per ripartire. La bicicletta insegna proprio quello, a rimettersi in sella dopo una caduta.

Non ci resta allora che tuffarci nei ricordi, a quei due indimenticabili giorni di un giugno di ventinove anni fa, quando a far emozionare tutta una città c’erano Cipollini, Indurain, Bugno, Chiappucci e tutto un serpentone colorato di biciclette, di auto, di moto, di pullman. E c’era Gino Bartali al quale lasciamo il commento finale, certi che non ci avrebbe smentito (anzi avrebbe rincarato la dose): «L’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare».

Massimiliano Muraro

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4 Commenti

  1. Francamente non me la sento di lamentarmi per il percorso del Giro. In fondo la Valsesia non e’ in provincia di Torino, forse gli organizzatori se ne sono accorti e ci hanno “liquidati” così.. al massimo si potrebbe fare un’interrogazione a Corsaro: perche’ si occupa di TUTTO e non del Giro d’italia? Scherzi a parte, Vercelli non ha una grandissima tradizione nell’ambito ciclistico.

  2. Non mi stupisce affatto la cosa a Vercelli cè solo il riso banche e supermercati ma per il resto conta meno di zero a parte che ai vercellesi va bene così perchè quando c’è qualche manifestazione che si deve chiudere qualche strada si lamentano

  3. Gentilissimo Massimiliano Muraro, amo i suoi articoli perché, di essi, a volte mi nutro, a volte mi cibo.
    Ero presente nel 1992 al passaggio del Giro in città sul vecchio cavalcavia, posizionata un po’ a distanza, a protezione della folla, poiché ero in gravidanza, ma la curiosità di vedere gli atleti era tanta che decisi di assistere all’evento, dal vivo, con la dovuta cautela.
    Del suo bellissimo articolo, scritto con il cuore per l’amore verso Vercelli e la passione verso il ciclismo , condivido il dispiacere per non avere il Giro in città, in un momento in cui geograficamente tocca il Piemonte.
    Però, essendo una sportiva, a volte mi sorprendo a ragionare in tale modo, penso cioè che la capacità di anticipazione, capacità spiccatamente sportiva, avrebbe magari permesso di poter avere Vercelli tra i luoghi del Giro 2021, perorando la causa gli addetti ai lavori o semplicemente i proponenti l’iniziativa , prima della organizzazione conclusa dell’evento.
    Occorre essere consapevoli della capacità di esercitare attivamente la nostra cittadinanza, in tale senso La ringrazio per aver pubblicato le modalità di richiesta di città interessata alla tappa del Giro d’Italia e relativo form: penso che , per la prossima volta , sarebbe necessario inoltrare una segnalazione agli Uffici competenti, sensibilizzando l’opinione pubblica con un appassionato articolo come quello attuale, scritto però prima dell’organizzazione dell’evento.

  4. Gentilissimo Massimiliano Muraro, amo i suoi articoli perché, di essi, a volte mi nutro, a volte mi cibo.
    Ero presente nel 1992 al passaggio del Giro in città sul vecchio cavalcavia, posizionata un po’ a distanza, a protezione della folla, poiché ero in gravidanza, ma la curiosità di vedere gli atleti era tanta che decisi di assistere all’evento, dal vivo, con la dovuta cautela.
    Del suo bellissimo articolo, scritto con il cuore per l’amore verso Vercelli e la passione verso il ciclismo , condivido il dispiacere per non avere il Giro in città, in un momento in cui geograficamente tocca il Piemonte.
    Però, essendo una sportiva, a volte mi sorprendo a ragionare in tale modo, penso cioè che la capacità di anticipazione, capacità spiccatamente sportiva, avrebbe magari permesso di poter avere Vercelli tra i luoghi del Giro 2021, perorando la causa gli addetti ai lavori o semplicemente i proponenti l’iniziativa , prima della organizzazione conclusa dell’evento.
    Occorre essere consapevoli della capacità di esercitare attivamente la nostra cittadinanza, in tale senso La ringrazio per aver pubblicato le modalità di richiesta di città interessata alla tappa del Giro d’Italia e relativo form: penso che , per la prossima volta , sarebbe necessario inoltrare una segnalazione agli Uffici competenti, e sensibilizzare l’opinione pubblica con un appassionato articolo come quello attuale, scritto però prima dell’organizzazione dell’evento.
    La saluto e Le auguro buon lavoro, Claudia Arposio.

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