Giorno della Memoria: consegnata la medaglia d’onore al figlio dell’internato militare Andrea Passarin

 

Le istituzioni hanno celebrato oggi, davanti alla Sinagoga il Giorno della Memoria, dopodiché i vice prefetto vicario, Mariano Savastano, ha consegnato al figlio Virginio Passarin dell’internato militare Andrea Passarin, scomparso nel 1986, la medaglia d’onore Imi, che viene concessa ai cittadini italiani deportati e internati nel lager nazisti durante la seconda guerra mondiale.

Nato nel 1912, Andrea Passarin venne chiamato alle armi e inquadrato nel 12° Reggimento Bersaglieri non ancora diciassettenne nel marzo del 1939 per la guerra in Albania. Congedato il 1° novembre dello stesso anno si sposò con Orsola Prendine il 29 novembre del 1941, fu richiamato alle armi a soli dodici giorni dalle nozze e mandato al fronte, sempre con i bersaglieri, in Jugoslavia. Il 9 settembre del ‘43 fu catturato dai tedeschi in Montenegro e deportato in Germania nello “stammlager” di Moonsburg: lì gli fu offerta la possibilità di continuare a combattere, ma per la Repubblica sociale, e lui disse di no, scegliendo la prigionia. Tra l’altro, nel settembre del ‘44 fu mandato con altri internati a Ingolstadt per riparare le linee ferroviarie distrutte dagli Alleato. Dopo la liberazione, nel maggio del ‘45 tornò in Italia percorrendo a piedi tutta la strada che separava Norimberga dalla sua casa, che allora era a Montegaldella, in provincia di Vicenza.

Non parlò quasi mai di quel lungo e durissimo periodo di prigionia, le angherie patite dai nazisti,  il freddo, le disinfestazioni con lo zolfo cui i prigionieri dovevano sottoporsi, nudi, fuori dale baracche, la disperata ricerca di cibo. Sappiamo tuttavia che tutto ciò gli costò un’inaudita sofferenza e dolori ricordi che si portò dietro per tutta la vita fino alla morte: ciononostante, egli fu un padre e un nonno premuroso.

Questo l’intervento del vice prefetto vicario Savastano prima della consegna della medaglia d’onore ai familiari di Passarin:

Il vice prefetto vicario Mariano Savastano

“Poco fa, davanti alla Sinagoga abbiamo celebrato il Giorno della Memoria che lo Stato Italiano ha voluto istituire con la legge n. 211 dell’anno 2000: il 27 gennaio è diventato Giorno della Memoria al fine di ricordare le leggi raziali, i campi di concentramento e l’olocausto, cioè lo sterminio del popolo ebraico, chiamato in lingua ebraica Shoah, che significa catastrofe o disastro.

Ora, qui nel Salone Storico della Prefettura consegneremo la Medaglia d’Onore alla memoria di un cittadino italiano, Andrea Passarin, costretto al lavoro coatto nei Campi nazisti dopo  l’8 settembre 1943. 

Andrea Passarin è nato a Fossalta (VE) il 21.6.1912. Il suo periodo di deportazione è andato dal 9 settembre 1943 all’8 maggio 1945, il luogo di internamento è stato Stammlager nei pressi di Moonsburg e la consegna di una Medaglia d’Onore alla sua memoria è un modo per rendere un doveroso omaggio a chi ha tanto sofferto.

Infatti, la legge istitutiva del Giorno della Memoria ha come primo riferimento quella immane tragedia che è stata la Shoah ma intende anche ricordare quei cittadini italiani, civili e militari, che subirono la deportazione, la prigionia, molti di loro anche la morte.

Dopo l’8 settembre 1943 furono centinaia di  migliaia i militari italiani che furono catturati e deportati dai tedeschi, così come decine di migliaia furono gli internati civili in gran parte oppositori del regime.

L’8 settembre 1943 fu annunciato l’armistizio, cioè l’uscita dell’Italia dall’alleanza con la Germania, che il regime fascista, caduto il 25 luglio precedente, aveva stretto in nome della comune ideologia totalitaria.

In seguito a quell’annuncio, più di un milione di soldati italiani deposero le armi, senza avere precise indicazioni operative ed organizzative. Quindi, i nostri Ufficiali e i nostri Soldati vennero posti davanti alla scelta di continuare a combattere nelle file dell’esercito tedesco o, in caso contrario, essere inviati in campi di detenzione in Germania. Solo il 10% accettò l’arruolamento.

I soldati dislocati nelle caserme sul territorio italiano che potevano raggiungere i propri paesi fuggirono. Molti soldati del sud che si trovavano nelle caserme settentrionali, però, non potevano attraversare l’Italia, occupata dai tedeschi e finirono per nascondersi tra le montagne o nelle cascine della nostra pianura.

Chi non riuscì a fuggire, a tornare a casa o nascondersi, fu arrestato dai tedeschi perché i tedeschi consideravano gli italiani traditori.

Almeno 800.000 persone, tra ufficiali, sottufficiali e truppa, ma anche oppositori politici, furono arrestati, deportati e rinchiusi in vari campi di prigionia.

Per un brevissimo periodo, dall’8 al 20 settembre 1943 questi soldati furono considerati “prigionieri di guerra”. Quando fu istituita la Repubblica Sociale Italiana, quando, cioè, fu proclamato il nuovo regime fascista, una parte dell’Italia tornò ad essere alleata del nazismo mentre l’altra parte si trovò sotto il Regno d’Italia che aveva rotto quell’alleanza, i traditori appunto.

I tedeschi non potevano più considerare “prigionieri di guerra” i soldati di un Paese che solo in parte era  tornato ad essere suo alleato. Hitler decise allora, con un’ordinanza, che i soldati italiani da prigionieri di guerra diventassero “Internati Militari”.

Essere “prigionieri di guerra” implicava, secondo le regole del diritto militare internazionale, avere più garanzie di equo trattamento con il controllo della CRI; inoltre, i prigionieri di guerra non si potevano sfruttare economicamente, non potevano costituire forza lavoro a favore dei loro carcerieri.

Tutto questo, invece, non si applicava agli internati militari italiani- i cd IMI- ai quali venne riservato un trattamento disumano, fatto di umiliazioni e punizioni, alimentazione scarsa e di pessima qualità, abbigliamento che mal si adattava al clima rigido della Germania, sovraffollamento nelle baracche, condizioni igieniche molto precarie e ritmi di lavoro che arrivavano fino alle 65 ore settimanali.

Gli internati furono impiegati nei campi e nelle fattorie, nell’industria bellica ed anche nei servizi antincendio delle città bombardate.

Oggi, consegnando la Medaglia d’Onore a Virginio Passarin, figlio di Andrea Passarin ricordiamo tutti gli italiani che dissero no ad Hitler e a Mussolini, che preferirono la prigionia e le persecuzioni alla prospettiva di ritornare in Italia dove si sarebbero trovati ad incrociare le armi contro i partigiani.

Al coraggio di tutti loro, al coraggio di Andrea Passarin, dobbiamo rispetto riconoscenza e gratitudine.  

Consegnando oggi la Medaglia d’Onore ai familiari del nostro concittadino internato rendiamo idealmente un contributo a tutti coloro che tanto hanno sofferto per la brutalità della guerra, ricordando specialmente coloro che non sono tornati”.

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