Francis Lombardi ricordato con un convegno alla Fondazione Marazzato a 40 anni dalla scomparsa

Dopo la tragedia di Caselle che è costata la vita alla piccola Laura Origliasso, il sindaco Andrea Corsaro ha immediatamente annullato tutte le manifestazioni che erano state indette a corollario della giornata delle Frecce Tricolori, conclusasi in un modo sconvolgente. Dunque niente Notte Tricolore, la sera stessa, niente Festa dello Spot il giorno successivo.

Unica eccezione – perché non si parlava neppure marginalmente di “Frecce Tricolori” – il convegno di questa mattina alla Fondazione Marazzato di Stroppiana “Sulle ali del designer”. In realtà il sottotitolo “Francis Lombardi e le Frecce Tricolori” prevedeva anche un dibattito pomeridiano in cui si sarebbe parlato anche della Pan, ma questo appuntamento delle 15, organizzato collaborazione con il “consolato” vercellese e novarese dei Maestri del Lavoro è stato annullato.

Mantenuto invece l’appuntamento del mattino, interamente dedicato alla figura di Fracis Lombardi, nel quarantennale della scomparsa (marzo 1983).

L’intervento di Cesare Rinaldi

VERCELLESE DEL SECOLO

Negli anni Novanta, La Stampa fece un sondaggio tra i lettori per la scelta dei “vercellese del secolo” (ovviamente il Novecento) e tra coloro che ricevettero il maggior numero di voti, Francis Lombardi era, con l’industriale Giulio Sambonet e il generale Marcello Bertinetti, in testa alla classifica.

Questa mattina a ricordarne la figura di pilota d’aereo, quindi costruttore di aeroplani e successivamente anche di automobili con carrozzerie speciali, il capo redattore di “Ruoteclassiche” Fulvio Zucco; il giornalista Marco Barberis; Cesare Rinaldi, figlio del grande designer di auto di Lombardi, Pino Rinaldi; il nipote del grande trasvolatore Nando Lombardi, e l’ex dipendente dell’Avia-Carrozzerie Speciali, l’industria di Lombardi, Antonio Greppi. C’era ovviamente anche il padrone di casa, Alberto Marazzato: tutti moderati dal giornalista Massimo Condolo.

Storia, episodi, aneddoti: due ore di narrazione ed emozione, sotto gli occhi del sindaco di Vercelli Andrea Corsaro e dell’assessore Mimmo Sabatino. Mentre il dibattito era in corso, il pubblico, assai numeroso, poteva visitare all’interno della grande struttura coperta alcuni dei modelli di vetture più interessanti usciti dall’industria vercellese in meno di vent’anni: in totale sono stati ben 48 mila.

A 19 ANNI IL BREVETTO DI PILOTA: POI “ASSO” NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

Il dibattito ha messo a fuoco innanzitutto la figura del Lombardi pilota: e ciò grazie alla documentatissima, certosina ricerca di Marco Barberis, illustrata al pubblico dal giornalista. Barberis è partito dal 1915 quando Carlo Francesco Lombardi (così all’anagrafe), quarto di cinque fratelli e in quell’anno ancora minorenne (aveva 18 anni, ma allora la maggiore età si raggiungeva a ventuno), era andato volontario – con l’autorizzazione del padre Felice, industriale del riso – a combattere nel Battaglione Aviatori di Torino. Nel 1916 aveva conseguito il brevetto di pilota (il 926° rilasciato in Italia) e aveva quindi partecipato ai primi duelli aerei con il nemico: con otto aerei abbattuti in tutto il primo conflitto mondiale, era risultato, pur giovanissimo, undicesimo nella graduatoria degli Assi della Caccia Aerea Italiana guidata dal celebre Francesco Baracca, con trentaquattro abbattimenti.

I RAID NEL FAVOLOSO 1930

Barberis ha poi raccontato il favoloso 1930, quando il trentatreenne pilota vercellese aveva compiuto i suoi leggendari raid aerei come il Roma-Mogadiscio di 8 mila chilometri (immortalato in una celebre copertina della “Domenica del Corriere” di Achille Beltrame), il Roma-Tokyo ed il periplo dell’Africa.

Il racconto di Barberis si è fermato al 1947, non prima di aver narrato il decennio precedente. Infatti è stato nel 1937  che Lombardi ha avuto l’idea di cambiare radicalmente vita, passando da industriale risiero (dell’azienda avviata dal padre è rimasta la famosa torretta che si può scorgere dal vecchio cavalcavia) a costruttore di aeroplani. Lombardi, come ha ricordato Barberis prima di cedere la parola a Cesare Rinaldi, ha realizzato praticamente il suo primo FL3  (un piccolo biposto, a posti affiancati monomotore e ad ala bassa) in un’aula della scuola Borgogna di piazza Cesare Battisti, avvalendosi della collaborazione di un falegname e di due aiutanti. Importante era stato l’apporto dell’ingegner Pier Aldo Mortara( amico di un’intera vita): Lombardi sperimentò personalmente il suo primo Fl3 dopo averlo portato all’aeroporto di Vercelli.

CON IL PRIMO FL3 NASCE L’AVIA

Da quel giorno, di fatto, nacque l’Avia (Anonima Vercellese Industria Aeronautica), che Lombardi collocò in corso XXVI Aprila, a ridosso dell’aeroporto, dove in tempi successivi venne realizzato lo stabilimento della Sambonet. Dall’Avia uscirono 335 aerei che vennero acquistati dalla Regia Aviazione, mentre duecento furono venduti al libero mercato. Dall’Avia, ha ricordato Barberis, uscirono altri modelli di velivoli come ad esempio, l’LM, il Topolino dell’aria, che superava i 200 all’ora, ma anche i 230 nella versione LM7, contro i 165 km/h dell’FL3.

NEL 1947 ECCO LE “CARROZZERIE SPECIALI PER AUTO”

Al termine della seconda guerra mondiale l’industria dell’aviazione italiana andò in crisi e Lombardi, con una felicissima idea, decise di aggiungere alla sua Avia anche il settore delle Carrozzerie Speciali per auto. Tutto ciò a partire dal 1° maggio 1947. Del resto Francis Lombardi era appassionato anche di automobili: con l’amico Giulio Sambonet, nel 1922, aveva vinto il Circuito automobilistico del Garda.

IL GENIO DI PINO RINALDI

Il racconto delle Carrozzerie Speciali è stato svolto da Cesare Rinaldi, figlio di quel Pino Rinaldi che divenne il geniale designer di Lombardi. Le Carrozzerie Speciali dell’Avia (che intanto si erano trasferite in corso Casale, di fronte alla “Bertagnetta”) “allungavano” o arricchivano le macchine tradizionali. Ricevevano auto Fiat e le trasformavano in modelli assolutamente originali: dall’Avia uscirono le famose “Giardinette”  (lavorando le Fiat 1100 B e 1500 e le Lancia);  berline” a sette posti, ideali per i tassisti, allungando le Fiat 1400 e 1900; le “Lucciole” a 4 porte, le ammiratissime  “Grand Prix” e addirittura una Limousine, ricavata da una Fiat 2300. E qui il racconto di Rinaldi è stato davvero coinvolgente: “Papà mi raccontò che nel 1966 Papa Paolo VI era stato invitato dalla Fiat a visitare gli impianti di Mirafiori. Occorreva un’auto speciale, una Limousine: il lavoro fu affidato all’Avia e mio padre disegnò quella vettura davvero speciale per il Pontefice”.

QUELLA STRETTA DI MANO DI RE CARLO

Tanti gli aneddoti raccontati da Rinaldi. Ad esempio, l’incontro di suo padre e di sua mamma, ad un salone dell’auto, probabilmente di Parigi (anche se secondo la mamma, visto il personaggio in questione, era Londra), con il futuro re Carlo d’Inghilterra, che stava ammirando un modello disegnato da Pino Rinaldi, e che strinse loro la mano. “Quando mia mamma ha visto l’incoronazione di Re Carlo -ha detto Cesare Rinaldi – si è ricordata ancora oggi, con emozione, di quella stretta di mano”.

Cesare Rinaldi ha concluso con il rimpianto (confessatogli dal padre) che la bellissima, avveniristica Fl1 sia purtroppo rimasta a livello di prototipo. “Ancora oggi – ha detto- sarebbe un’auto moderna”.

L’intervento di Nando Lombardi

IL NIPOTE NANDO: IL SUO UFFICIO ERA PRESIDIATO DAL SUO CANE CHE CI INTIMORIVA

Notevoli anche i ricordi del nipote Nando Lombardi: “Andavo a trovarlo nello stabilimento di corso Casale. A presidiare il suo ufficio c’era un cane sempre aggressivo, che un po’ denotava il carattere di zio Francis. Il suo umore era spesso temporalesco, ma era anche capace di straordinari slanci di generosità. Mi portava spesso al bar Cristallo a bere qualcosa con lui: io ero un bambino, ma mi trattava come un adulto. Quando voleva qualcosa riusciva ad ottenerla. Ricordo in particolare un episodio del 1960, l’anno delle Olimpiadi. Allora l’autostrada Torino-Milano era a tre corsie, le due esterne per i rispettivi sensi di marcia e quella centrale per il sorpasso. Zio Francis e un automobilista che arrivava dall’altra direzione decisero entrambi di sorpassare. Il frontale fu terribile: purtroppo l’altra persona perse la vita e lo zio fu ricoverato in gravi condizioni all’ospedale di Chivasso, dove lo stavano curando bene. Ma lui decise di andare alle Molinette dove c’era il professor Zancan, che conosceva, e riuscì a farsi trasferire lì”.

LA SIGNORINA BERGOMI E IL RAGIONIER VARALDA

Nando Lombardi, ricorda che suo zio odiava il pressapochismo, l’approssimazione ed era un propugnatore degli esperimenti e dell’innovazione. “Quando l’Avia fu costretta a chiudere – ha detto – per lui fu un colpo durissimo”. In quello stabilimento conobbi persone che poi mi divennero care come Giuseppe Rinaldi, la signorina Bergomi e il ragionier Varalda”.

GREPPI, IL DIPENDENTE FEDELE: 30 ANNI IN AVIA

Degli anni dell’Avia ha infine parlato, commuovendosi e commuovendo, un dipendente di allora, Antonio Greppi. “Entrai in Avia nel 1955 – ha detto – quando non avevo ancora quattordici anni. Per me era un mondo fantastico: tutte quelle auto, che arrivavano soprattutto dalla Sicilia, dalla Sardegna, dalla Puglia, spesso con la frutta di stagione nel bagagliaio. Il nostro compito era di ‘tagliare’ quelle macchine, per poi allungarle, cambiandone radicalmente la fisionomia, sui modelli che venivano disegnati da un genio qual era Giuseppe Rinaldi. Per più di 15 anni, l’azienda di corso Casale fu una seconda casa, poi, nel ‘71, ci trasferimmo in via Trino, in spazi sempre più ampi e luminosi. Ricordo che arrivammo a oltre cento dipendenti e che, nel 1973, ci venne a visitare nientemeno che il professor Valletta, allora numero uno della Fiat. Poi purtroppo, nel ‘73, arrivò la crisi causata dall’austerity e la Fiat non ci consegnò più le sue macchine da rielaborare. Fu l’inizio della fine. Rimanemmo in undici a completare il lavoro sulle poche macchine che ci erano rimaste. Un giorno bussai all’ufficio del commendatore per dirgli che avevo ricevuto un’interessante proposta di lavoro, e che intendevo licenziarmi. Quasi mi aggredì: ‘No, tu non te ne vai, finché rimango io rimarrai qui anche tu qui con me’. Mi convinse: rimasi”.

Al termine dell’intervento, tutti si sono alzati in piedi per applaudire Antonio Greppi.

Po Condolo ha congedato tutti e Alberto Marazzato ha ringraziato i partecipanti ad una delle tavole rotonde più interessanti cui si sia avuto modo di assistere di questi tempi.

Edm

 

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