Dopo 49 anni ha chiuso il salone di parrucchiere di Giulio Dogliotti, dove Joan Sutherland cantò sotto il casco

Giulio Dogliotti (foto Andrea Cherchi)

Aveva annunciato che, dopo 49 anni, avrebbe chiuso il suo salone di parrucchiere di viale Garibaldi, 56. In un battibaleno la voce si è sparsa e nel negozio hanno incominciato ad arrivare fiori, tantissimi fiori, e piante,  per lo più bianchi: peonie, orchidee, agapanthus. Tutti, accompagnati da biglietti in cui la parola “grazie” era il leimotiv fisso.

A Vercelli tutti conoscono Giulio Dogliotti, il parrucchiere per signore a cui si rivolgevano anche le più importanti attrici italiane, quando venivano a recitare al Civico: da Valeria Moriconi ad Anna Maria Guarnieri, da Ottavia Piccolo ad Adriana Asti. Ma il ricordo più bello resta legato ad una cantante lirica, il grandissimo soprano Joan Sutherland, che, in una pausa del Viotti”, mentre era sotto il casco nel suo atelier, si mise a cantare per lui e per le sue collaboratrici, Carmen e Donatella, celebri arie d’opera.

Giulio Dogliotti aveva aperto il suo salone nel 1974, rilevando l’attività dalla parrucchiera Lella, un locale minuscolo, che aveva poi allargato, in cui, con lui, lavoravano due dipendenti: Gian (Giancarla) e Filippo. Due all’inizio, due alla fine.

Carmen e Donatella, le collaboratrici di Dogliotti nel salone del Viale

Volevamo intervistare Giulio non solo su questi 49 anni, ma sui sessantuno di attività, perché quattordicenne, subito dopo la licenza media, non ascoltò le indicazioni del padre, che voleva mandarlo all’Itis “Omar” di Novara e, fin da quell’estate incominciò subito a lavorare andando a fare shampi da una zia ad Alassio, prima di iscriversi, a Torino,  ad un istituto tecnico regionale che formava parrucchieri, da uomo e per signora, diventando un “dimostratore”, cioè colui che andava dai parrucchieri ad illustrare le novità sui prodotti da usare.

Da qui avremmo incominciato con la formula canonica delle domande e risposte, ma Dogliotti ci ha subito fermati: “Le interviste al termine di una vita di lavoro si ammantano sempre di un velo di indicibile tristezza. Non sono morto, voglio fare ancora tanto per la mia Vercelli, magari come attore, come scrittore di commedie, come sostenitore della Compagnia ‘Il porto’. Lasciamo stare le interviste commemorative: scrivete pure che chiudo, anzi che ho chiuso perché l’ultimo giorno è stato venerdì: questo è un fatto, incontestabile, che non posso negare e che mi ha procurato una vera ondata floreale. Ma lasciamo stare, vi prego, le agiografie”.

Rispettiamo la sua scelta, anche se avremmo avuto tante cose da domandargli. Però ricordiamo che Dogliotti aveva clienti da tutt’Italia e dall’estero: da Shangai, da Dubai, Londra, Parigi. Sono fatti che ha talvolta raccontato con orgoglio, ma mai come quando gli tocca di parlare della figlia, Elena, biologa e nutrizionista, ma soprattutto supervisore scientifico per la Fondazione Umberto Veronesi. Su Facebook quando parla di lei, il preambolo è sempre uguale e affettuoso, quasi un gioco: “La nostra vecchia conoscenza…” (aggiugendo: ha fatto questo, o quest’altro).

Con domande e risposte avemmo pure ricordato quell’indimenticabile periodo (siamo negli Anni Novanta) quando, con Giuliana Tacchini del negozio Cereja, Diogliotti si inventò il “Carnevale in Bottega”: centinaia di negozianti si mettevano in costume e si autotassavano per aiutare sia le persone bisognose sia le istituzioni culturali cittadine: arrivarono grazie a lui contributi essenziali per la Pinacoteca Borgogna e per i piccoli profughi ruandesi di padre Minghetti.

E poi, non ultimo, ci sarebbe da raccontare la passione per il teatro, che nacque durante i corsi tenuti all’Università popolare da Roberto Sbaratto e Lorena Crepaldi: immediato fu il sostegno all’Associazione “Il Porto”, e ancora oggi tutte le iniziative che partono da Cinzia Ordine e da Roberto Sbaratto trovano in lui un efficacissimo press agent. Senza contare la felice propensione a scrivere commedie (“ma Sbaratto me le ritocca, con perizia, pressoché tutte”) e a calarsi saltuariamente nei panni di attore: ultima performance, la partecipazione al docufilm di Flavio Ardissone su don Bosco.

Ecco alcune delle innumerevoli cose che avremmo potuto scrivere su Doglootti, se avesse accertato l’intervista. Come? Le abbiamo scritte lo stesso? Non fateglielo sapere.

Edm

 

 

 

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