Il documentario che denuncia la concorrenza sleale della nocciola turca

Né Tonda né Gentile è il titolo del documentario che svela in quale modo le nocciole turche stiano facendo concorrenza a quelle piemontesi. Pochi sono a conoscenza del fatto che il 70% della produzione mondiale avviene in Turchia, dove i lavoratori sono tenuti in condizione di sostanziale schiavitù.

Il documentario, già presentato il 15 a Torino, sarà proiettato mercoledì 21 ottobre nella Sala Congressi dell’Hotel L’Angolo a Carisio con inizio alle 20.30 (la proiezione si svolgerà su invito e dietro accredito. Per chi fosse interessato: [email protected]).

Sotto la lente d’ingrandimento del regista Stefano Rogliatti la nocciola turca che si sta imponendo in maniera sleale nei confronti della Igp Piemonte che muove un indotto di 2.000 aziende con 23.000 ettari di superficie coltivata di cui 15.000 in piena produzione, per una produzione totale media di 200.000 quintali.

Il 95% della nocciola viene utilizzato per i prodotti dolciari e il 70% della sua produzione mondiale proviene dalla Turchia, il resto o poco più dall’Italia, che è il secondo produttore a livello globale con una quota di mercato di circa il 12%.

«Dopo Rice to Love, dedicato al riso birmano, Stefano Rogliatti si è recato proprio nei luoghi di produzione della nocciola turca nel periodo della raccolta per raccontare la vera situazione a cui i raccoglitori sono obbligati per la sopravvivenza – spiegano Sara Baudo, presidente di Coldiretti Novara e Paolo Dellarole, presidente di Coldiretti Vercelli-Biella – Un documentario unico nel suo genere che fotografa condizioni sociali di forte disagio e realtà produttive estremamente diverse. Il tutto fortemente condizionato dalle multinazionali».

«Dietro ai dolci che mangiamo c’è un lavoro molto rischioso, senza tutele, senza contratto e svolto in condizioni di sostanziale schiavitù – concludono Baudo e Dellarole – I lavoratori non guadagnano neanche 10 € al giorno per intere giornate e sgobbano fino anche a 15 ore, senza garantire le minime necessità della vita quotidiana, oltre a non fornire nessuna tutela sanitaria e previdenziale. Pensiamo sia una denuncia necessaria per far comprendere ai principali acquirenti l’importanza di sostenere la nostra produzione attraverso un’equa remunerazione dei corilicoltori, del loro lavoro e dei valori racchiusi nel prodotto stesso».

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