DIVERGENZE 98 – Il giornalista che per amicizia rinunciò allo scoop del secolo

 

Oggi il giornalista Sergio Robutti, scomparso tre anni fa, avrebbe compiuto 73 anni e, nel giorno del suo compleanno, mi sembra giusto ricordarlo perché, mai come di questi tempi (i tempi dei social, delle fake news, dei giornalisti che inseguono la pancia dei lettori abdicando ad ogni, anche minimo, ruolo pedagogico che gli competerebbe)  è necessario parlare delle persone che hanno onorato questa professione, sempre più vilipesa, anche per colpa nostra.

Ho trascorso con Robutti (che io chiamavo “Pablo”, e lui me) anni bellissimi a “La Sesia”, il bisettimanale di Vercelli, e proprio in quella redazione, che allora si trovava in via Camillo Leone, è sbocciata una storia meravigliosa che io amo ripetere in continuazione e che oggi, compleanno del “Pablo”, vorrei condividere con i lettori di TgVercelli.

Nella nostra professione la caccia allo “scoop” equivale alla ricerca del Graal. Ci sono stati, in passato,  giornalisti che hanno costruito la carriera proprio sulla notizia importante data prima di tutti gli altri. Ai tempo del mio racconto, Robutti, dipendente de “La Sesia” era anche il corrispondente dell’Ansa, della Rai e del Corriere della Sera: insomma, aveva tutta l’informazione dalla provincia in mano e poteva gestirla come gli pareva.

Il 13 novembre 1975 era un venerdì e dunque “La Sesia” era già in edicola. La mattina, “Pablo” ed io siamo ugualmente al giornale per dare un’occhiata al prodotto appena sfornato e incominciare a pensare al numero di martedì. Come sempre, Robutti, di buon mattino, fa il primo giro telefonico di nera: cioè chiama polizia, carabinieri e vigili del fuoco per sapere se, nottetempo, è accaduto qualcosa. La prima telefonata è al maresciallo Scipioni, alla “Mobile” della Questura.  Vi assisto in diretta. Vedo Sergio parlare al telefono e colgo un’espressione che non dimenticherò mai. “Cinque morti”, ripete. E aggiunge incredulo: “Ammazzati?”.

L’edizione straordinaria della Sesia con l’annuncio del delitto

Scipioni gli ha appena sommariamente raccontato il delitto Graneris, la più sconvolgente storia di cronaca nera mai avvenuta a Vercelli: padre, madre, nonni e fratellino sterminati a colpi di pistola dalla diciottenne Doretta Graneris con il fidanzato, Guido Badini. Ovviamente, quando il maresciallo Scipioni dà la primissima informazione a Robutti, non si ha ancora idea dei colpevoli. Ma resta il fatto, senza precedenti: due uomini, due donne e un bambino sono stati uccisi a colpi di pistola a Vercelli.

Robutti potrebbe dare per primo, e unico, la notizia, diffondendola, con i mezzi a disposizione, in tutto il Paese (e nel mondo), ma non lo fa perché, prima, ci sono gli amici da avvisare: il corrispondente della Stampa Walter Nasi, il corrispondente della Gazzetta del Popolo Enrico Villa e il corrispondente dell’Unità Francesco Leale. Dopo aver informato gli amici, facendo sì che a loro volta essi possano avvertire i loro giornali, solo allora Pablo chiama Ansa, Rai e Corriere.

Una delle più belle lezioni di altruismo giornalistico di tutta la mia vita, forse la più bella. 

Enrico De Maria 

 

(Nella foto, Robutti con la ciclista Samantha Profumo: più volte campione nella gare tra giornalisti, Sergio Robutti aveva contribuito con i suoi preziosi consigli alla crescita dell’amica e collega di sport sulle due ruote)

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