Gentile signora Daniela Santanchè
ho talvolta apprezzato, talvolta un po’ meno, le sue prese di posizione su vari temi sempre portate con sobria umiltà, tipo la Hela di “Thor: Ragnarok”, la cui interprete, la bravissima Cate Blanchett, si è certo ispirata a lei per rappresentare al meglio la Dea della Morte (se non l’ha ancora fatto, vada a vederlo il film: se me convincerà).
Le scrivo perché sono rimasto sinceramente colpito dalle parole da lei pronunciate l’altro giorno a “La 7”, quando ha dichiarato che si deve per forza andare a un governo del centrodestra, guidato da Matteo Salvini, e che, per quanto riguarda i numeri che obiettivamente mancano per crearlo (20 senatori e 53 deputati) la coalizione dovrebbe “presentare il programma al Parlamento e poi contare sugli appoggi di singoli parlamentari, ben sapendo che molti hanno a cuore l’Italia”.
Ora, scusi se mi permetto, ma non è proprio il suo partito, ed in particolare la sua leader, Giorgia Meloni, che, in campagna elettorale hanno brandito la vergogna degli “inciuci” in ogni singola dichiarazione o apparizione televisiva, proponendo a Berlusconi e a Salvini di firmare il famoso patto “anti-inciucio”, cosa che entrambi non hanno fatto?
Io che ho sempre considerato il termine “inciucio”, in questa accezione, mera propaganda, perché a me hanno insegnato che, qualora un governo non riesca aritmeticamente a formarsi, per forza ci si dovrà confrontare e trovare accordi, le pongo una semplice e lineare domanda, rifacendomi alla sua posizione pre-voto (non a quella di adesso che condivido totalmente): come pensa che potrebbero definire queste intese, pur perorate senza spartizione di poltrone e semplicemente “cun al coeur an man”, i partiti di appartenenza dei parlamentari cui lei chiede l’appoggio? Ci pensi, non è difficile.
Con affetto
Enrico De Maria