Il deputato Valsesiano Paolo Tiramani va all’attacco del decreto Conte annunciato ieri sera in cui, sottolinea Tirmanai “Oltre ad altri divieti inutili, Cote impone anche il divieto d’amare”.
In una nota che annuncia una interrogazione parlamentare, firmata assieme al collega Alessandro Giglio Vigna, Tiramani spiega: “Ci faccia capire la ratio secondo la quale è possibile, giustamente, far visita ai parenti all’interno della propria regione ma non alla propria fidanzata o fidanzato, se abitano al di fuori del comune di residenza. Ci auguriamo sia stata l’ennesima svista del Premier e del suo pagatissimo staff, altrimenti solo una mente disturbata sarebbe in grado di partorire una perla di queste dimensioni.
Abbiamo presentato un’interrogazione al DPCM, annunciato grossolanamente ieri sera da Conte, per comprendere quale sia l’interpretazione corretta del termine “congiunti” secondo il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri perché, francamente, sfugge a tutti gli italiani”.
“Non si comprende bene – aggiunge Tiramani -, per quale ragione il decreto faccia riferimento al termine “congiunti” che, tanto nella scienza giuridica quanto nel linguaggio del legislatore, non ha mai avuto un significato univoco: nel diritto penale, il termine di “prossimi congiunti” si rinviene nell’articolo 307 nel quale si precisa che “agli effetti della legge penale, s’intendono per i prossimi congiunti gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole”. La nozione di “prossimi congiunti” è però sufficientemente chiara ai soli fini della legge penale, mentre in tutti gli altri settori, in particolare nel diritto civile, si presta ad interpretazioni non sempre univoche. Non si comprende, quindi, quale sia la ragione per la quale il decreto del Premier non consideri necessari gli spostamenti per incontrare il proprio fidanzato o la propria fidanzata, a meno che non si debbano ricomprendere anch’essi nella nozione di “congiunti””.
L’ambiguità del termine “congiunti” ha sollevato anche le polemiche di Arcigay. Il segretario generale Arcigay Italia, infatti, Gabriele Piazzoni, protesta: “Il fatto che l’allentamento delle restrizioni sulle relazioni sociali sia circoscritto alla definizione di ‘congiunti’, che nei nostri codici è riferita inequivocabilmente alla dimensione formale della parentela, di sangue o acquisita, rappresenta un inedito e inaccettabile intervento dello Stato nella definizione della gerarchia degli affetti”. “Arcigay – prosegue l’associazione tramite Pezzoni – condivide la prudenza con cui ci sia avvia al superamento del lockdown della fase 1″ ma alcune disposizioni “lasciano sconcertati”.
Un intervento “inaccettabile”, sottolinea ancora Piazzoni, “è in particolare quello riferito alle possibili visite ai ‘congiunti’, che taglia fuori ciò che lo Stato non vede o non riconosce, come ad esempio i genitori sociali non ancora riconosciuti all’interno delle famiglie omogenitoriali o le relazioni elettive che in alcuni casi sostituiscono addirittura quelle determinate dai legami biologici”.
Anche la senatrice del Pd Monica Cirinnà critica il decreto Conte su questo punto: “Condivido la prudenza del Governo nella scelta di graduare le aperture. Allo stesso tempo, non condivido la scelta di limitare le visite in sicurezza ai soli congiunti, perché non tiene conto della pluralità delle esperienze e degli affetti”. E ancora: “Esistono relazioni significative che vanno al di là dei legami giuridici e di sangue, e relazioni che attraversano i confini delle Regioni: penso innanzitutto alla situazione di alcune famiglie separate, alla condizione delle coppie non conviventi o delle famiglie arcobaleno non riconosciute, ma anche ai tanti legami di affetto tra persone sole, che vengono ignorati dal decreto”, prosegue.
“Se si decide di venire incontro, seppur limitatamente, a specifiche esigenze affettive, si deve farlo nel rispetto della pari dignità e dell’autodeterminazione delle persone. Le solitudini sono tante e diverse, e non possono essere ignorate. Mi auguro che si intervenga presto a precisare, anche solo in via interpretativa, la portata del decreto approvato ieri sera, su questo specifico punto e ferme restando tutte le necessarie precauzioni. La ritengo una assoluta priorità “.