Cento anni fa moriva Angelo Morbelli, pittore della gente semplice

Angelo Morbelli, Per ottanta centesimi!, 1895-1897, olio su tela, 67,5 x 121,5 cm. Vercelli, Fondazione Museo Francesco Borgogna.

Il 7 novembre del 1919, dunque cento anni fa esatti, moriva il pittore alessandrino Angelo Morbelli, celebre per i suoi quadri dedicati alla vita in risaia e permeati di forti connotazioni sociali. Nel 2018 gli è stata dedicata una doppia mostra alla Galleria Paolo e Adele Giannoni di Novara e al Museo Borgogna che di Morbelli custodisce la tela Per ottanta centesimi!, eseguita tra il 1895 e il 1897.

Praticamente nello stesso periodo la Galleria Internazionale di Arte di Ca’ Pesaro a Venezia presentava la ricomposizione del ciclo pittorico “Il poema della Vecchiaia”: sei tele (Il Natale dei rimasti, Vecchie calzette, Mi ricordo quand’ero fanciulla, Siesta invernale, Sedia vuota e I due inverni), realizzate apposta da Morbelli per la quinta Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia nel 1903 e ambientate all’interno del Pio Albergo Trivulzio di Milano.

Sabato 9 l’associazione Artes Liberales ha organizzato un “Omaggio ad Angelo Morbelli” (inaugurazione alle 17), che proseguirà fino al 24 novembre nel foyer del Salone Dugentesco. Orari: da giovedì a sabato dalle 16 alle 19, domenica dalle 10.30 alle 12.30 e dalle 16 alle 19. Saranno esposte dipinti di artisti che celebrano il Divisionismo e di fotografia con i luoghi di Morbelli.

Nell’Angelus del 1859 François Millet rappresentava per la prima volta come protagonisti di un’azione morale i contadini, lì raffigurati mentre pregano in una pausa dal lavoro nei campi. Contemporaneamente Honoré Daumier, prendendo una direzione opposta, illustrava la misera condizione del popolo. Nel Novecento il grande storico dell’arte Giulio Carlo Argan li metterà di fronte per evidenziare le due anime della pittura francese nella seconda metà del XIX secolo: Millet è l’involuzione in quanto regredisce al naturalismo romantico, mettendoci di fronte i contadini, lavoratori buoni che non avanzano rivendicazioni sociali, che anzi sembra subiscano passivamente un destino ineluttabile, confortato solo dalla religione; Daumier al contrario sceglie l’azione politica esplicita dove è il popolo a ergersi quale motore principale della storia contro i governi liberali dell’epoca. Quindi passivo è l’uomo di Millet che accetta con remissione il suo destino, attivo quello di Daumier che invece vuole dominarlo.

Ebbene, cambiando contesto spaziale e temporale, possiamo azzardare che Angelo Morbelli incarni la sintesi delle due anime analizzate da Argan. Morbelli nasce ad Alessandria nel 1853 ed è quindi un bambino quando in Francia accadono i fatti artistici poc’anzi menzionati. Nel 1867 invece inizia a frequentare l’Accademia di Brera proprio negli anni in cui si afferma l’Impressionismo, sebbene di impressionista l’arte di Morbelli avrà poco o niente. Forse nella scelta dell’en plein air, leggi del paesaggio, che però viene trattato in modo diametralmente opposto rispetto a Monet, Renoir, Degas e compagni.

All’artista interessano di più altri soggetti, quelli dall’esistenza emarginata, come ad esempio gli anziani ricoverati nell’ospizio che i milanesi chiamavano la “Baggina”, gli stessi protagonisti de “Il poema della Vecchiaia” e raffigurati anche in Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio, dipinto nel 1892 ed esposto al Musée d’Orsay di Parigi (per approfondire leggi qui). La composizione della scena, l’accentuato scorcio prospettico, l’ampiezza del salone, la luce del sole che penetra dalle alte finestre e si rifrange sui muri divenendo quasi irraggiungibile, il personaggio che dorme con la testa appoggiata sul bancone rendono concretamente il senso di solitudine e di straniamento del luogo.

Poco per volta Morbelli si avvicina al Divisionismo, complice la frequentazione con Leonardo Bistolfi e, soprattutto, con Giuseppe Pellizza da Volpedo. Ma se l’autore del celebre “Quarto Stato” volge lo sguardo al proletariato e al sottoproletariato, Morbelli, affascinato dal Verismo, propende per tematiche legate al mondo contadino e popolare, meno coinvolto dalle questioni sociali. In questo è simile a Millet, tuttavia – come scrive Rossella Canuti – i soggetti affrontati risultano pervasi da un intimo pessimismo, espressione della partecipazione di Morbelli al dolore di giovani e anziani e della sua sincera attenzione verso l’umanità sofferente e impotente. E qui la vicinanza alla denuncia di Daumier è sensibile.

Lo si può osservare bene in Per ottanta centesimi!, tela eseguita tra il 1895 e il 1897, oggi al Museo Borgogna che la acquistò nel 1912. Morbelli racconta la storia delle mondariso, costrette a turni massacranti, lì immortalate con la schiena piegata a estirpare le erbacce. Ore interminabili alla mercé di zanzare e sanguisughe. L’artista, che concluse l’opera dopo una lunga gestazione, dipinge i soggetti in una luce quasi bucolica, ma i suoi personaggi stanno lavorando e non pregando come accade nell’Angelus di Millet. Sono nel pieno della loro attività e non in un momento di pausa.

È così che Angelo Morbelli media il naturalismo di matrice romantica con il realismo promosso da Daumier in poi. Per Millet i contadini non possono mutare la loro condizione di “schiavi della terra”, per Morbelli invece sì, ma per farlo occorre prima documentare la loro situazione. È il primo passo per la conquista delle otto ore lavorative, ottenute a suon di sudore e fatica qualche anno più tardi proprio dalle sue amate mondine.

Massimiliano Muraro

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