Anche a Vercelli città vola FdI, crollo della Lega, tiene il Pd. Azione davanti a M5S e a Forza Italia

Elezioni politiche 2022, vediamo come è andata a Vercelli confrontando i risultati di domenica con quelli del 2018 e con quelli dell’ultima tornata amministrativa del 2019, che ha portato all’elezione del sindaco Andrea Corsaro.

I risultati che prendiamo in considerazione sono quelli della Camera. Nel capoluogo, gli aventi diritto al voto erano 34.413, e si sono recati alle urne in 21.711, vale a dire il 63,09 per cento: ciò significa che ben 12.702 vercellesi non hanno preso parte alla consultazione elettorale: un numero davvero alto. Nel marzo del 2018, si recò alle urne il 70,98 per cento.

Ha vinto, e nettamente, Fratelli d’Italia, toccando il 29,21 per cento dei consensi grazie a 5.846 voti; secondo partito di Vercelli adesso è il Pd con 3935 voti, vale a dire il 19,66 per cento, quasi dieci punti di distacco dalla lista di Giorgia Meloni. Nel marzo 2018 – politiche precedenti – Fratelli d’Italia aveva conquistato 1.043 voti, fermandosi al 4,46 per cento dei consensi. Significa che in quattro anni e mezzo ha più che quintuplicato i voti. Ma è stato notevole anche l’incremento rispetto alle amministrative del 2019 perché allora il partito di Giorgia Meloni, pur incrementando di 400 voti circa i consensi rispetto all’anno prima, si era fermato al 6,52 per cento, scavalcato, nell’alveo del centro destra,  anche da Forza Italia (2576 voti, vale a dire l’11,43 per cento) oltre che dalla Lega pigliatutto che tre anni fa aveva fatto il boom con 5.649 voti, e cioè il 25,05 per cento.

A proposito di Lega, il crollo sia rispetto alle politiche del marzo 2018, quando volò al 23,61 per cento (5.518 voti), sia al 2019, è stato verticale: domenica il partito di Salvini è sceso a 2.252 voti, ottenendo l’11,25 per cento dei consensi: siamo pur sempre a quasi tre punti in percentuale sopra il dato nazionale, ma il botto è stato notevole.

E la Lega, che ha già problemi a livello nazionale, adesso dovrà affrontare anche il “caso Tiramani”. Come si sa, il 31 agosto scorso, otto leghisti, tra i quali nomi di spicco come quelli dell’ex presidente della Provincia ed ex sindaco di Varallo Eraldo Botta e dell’ex sindaco di Gattinara Daniele Baglione avevano indirizzato una lettera a Salvini e al segretario nazionale, cioè piemontese, Riccardo Molinari, chiedendo la rimozione del commissario provinciale (e in quei giorni ancora deputato) Paolo Tiramani, accusandolo di aver flirtato con Fratelli d’Italia per entrare nel partito della Meloni. Cosa che Tiramani ha sempre smentito. Altri leghisti, sempre otto, avevano invece scritto sempre a Salvini e a Molinari, sostenendo che Tiramani doveva restare al suo posto. 

Alcuni osservatori esterni, ben introdotti nei meccanismi della Lega, ci avevano assicurato che nessuno avrebbe preso alcun provvedimento contro Tiramani. E così è stato. Ma adesso, ad urne chiuse, ecco che l’ex deputato ed ex sindaco di Borgosesia rompe il silenzio che si era autoimposto con alcune dichiarazioni molto dure sulla sua pagina Facebook, poi riprese da LoSpiffero.com.

“Questa tornata elettorale – ha scritto – è andata molto male, per scelte non condivise con il territorio in primis, decise da poche persone nelle stanze dei bottoni. Persone che negli ultimo anni sono state incapaci addirittura di vincere le elezioni nel proprio Comune”.

Allo Spiffero, Tiramani ha poi rincarato la dose prendendosela con Molinari (che considera l’attefice dell’operazione condotta contro di lui per estrometterlo dalla ricandidatura alla Camera) e affermando che la Lega da anni non fa congressi e che è il momento di farli. “ E lo dico io – ha dichiarato – che sono segretario e commissario provinciale da sei anni e sono pronto a farmi da parte. Lo facciano anche altri”. 

Quindi critiche alla Lega  “che si è sovrapposta al sovranismo di Giorgia Meloni, diventandone la brutta copia”: Insomma, Tiramani è tutt’ora il numero uno della Lega in provincia e un prossimo congresso, quello che lui invoca, potrebbe trasformarsi in una gigantesca resa dei conti all’interno del partito di Salvini.

Se la Lega è crollata, il Pd ha tutto sommato retto: nel 2018 fu alle spalle della Lega con il 21,03 per cento dei consensi, scesi nelle amministrative dell’anno successivo al 17,35 per cento. In questa tornata è risalito al 19,66 per cento con 3935 voti, venti in più rispetto al 2019, ma quasi mille in meno rispetto alle politiche del 2018. Se poi andiamo a considerare il 2014, quando Maura Forte conquistò il Comune, forte di un Renzi che sembrava un supereroe della Marvel, quel Pd era al 28,3 per cento (con oltre seimila voti al primo turno) e allora FdI era ad un dato assolutamente marginale: 307 voti (1,7 per cento).

Nelle elezioni di domenica, anche il Movimento 5 Stelle ha sostanzialmente tenuto assestandosi all’8,59 per cento (1.719 voti), recuperando due punti in percentuale rispetto alle amministrative del 2019, ma cedendo un’enormità rispetto alle politiche del 2018 quando era diventato il secondo partito di Vercelli, a ridosso della Lega, con 5.239 voti e il 22,41 per cento dei consensi.

In netto calo Forza Italia, soprattutto rispetto alle politiche del 2018 (16,71 allora, oggi l’8,48), ma anche in confronto alle amministrative del 2019, quando aveva conquistato 2.576 voti e l’11,43 per cento. Domenica il partito di Berlusconi ha ottenuto 1697 voti.

La sorpresa vercellese, s’intende dopo Fratelli d’Italia, è stata Azione – Italia Viva di Calenda (e Renzi) che ovviamente non ha dati di confronto col passato, ma che, alla prima sfida elettorale a Vercelli, ha conquistato un eccellente 10,46 per cento dei consensi con i suoi 2.096 voti, superando Forza Italia e Movimento 5 Stelle e collocandosi a ridosso della Lega. A Vercelli, Azione ha ottenuto percentualmente quasi tre punti in più rispetto al dato nazionale.  

Infine un cenno agli altri partiti. +Europa ha ottenuto 803 voti (4.01 per cento), Allenza Verdi e sinistra 528 voti (2,64 per cento), Italextit per l’Italia 461 voti (2,30 per cento), Italia Sovrana e Popolare 262 voti (1.31 per cento), Unione popolare con De Magistris 245 voti (1,22 per cento), Impegno Civico Luigi Di Maio-Centro democratico 87 voti (0,43 per cento) e Noi moderati Lupi-Totti-Brugnaro 83 voti (0,41 per cento).

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2 Commenti

  1. Il segno più emblematico del voto é senz’altro il supplemento
    alla noiosa polemica,
    all’interno della Lega,
    alla deriva.
    Non si sa chi preferire fra
    Tiramani, che, per vendicarsi, le tira in ballo tutte
    I suoi detrattori, che cercano di metterlo con le spalle al muro
    Oppure chi lo difende, d’ufficio: i suoi Tirapiedi.

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