A Casa Cuocolo/Bosetti l’ennesimo miracolo di un’attrice incomparabile

Roberta Bosetti in “Alcune cose da mettere a posto” (foto Vittoria Gregnanin)

C’è una casa a Vercelli, al numero 85 di via Ariosto, in cui una coppia geniale e ben affiatata regala incanti, nostalgia e spunti di riflessione. In una piccola stanza al primo piano di questa casa (di fronte a diciotto spettatori, non uno di meno, non uno di più) si è compiuto, tra sabato scorso e questa sera, il momento più atteso di questa quarta edizione di #ogniluogoèunteatro, la bella stagione teatrale organizzata da Teatro di Dioniso, ArteinScacco e Cuocolo/Bosetti. Lo spettacolo scritto da Rubidori Manshaft (al secolo Roberta Dori Puddu) e Angela Demattè, e rielaborato nella versione “Interior” (adatta alla Casa) da Renato Cuocolo con la stessa Manshaft e, soprattutto interpretato da Roberta Bosetti, si intitola: “Alcune cose da mettere in ordine”. Una produzione di Officina Orsi, Teatro di Dioniso e Fit, il Festival internazionale del Teatro e della scena contemporanea.

Trattandosi della Casa in cui Roberta Bosetti ha trascorso gran parte della propria gioventù (il padre morto giovanissimo, la madre impiegata a Torino, la piccola Roberta affidata alla nonna paterna) era impossibile non identificare Anna, la protagonista, con la stessa attrice: perché le “cose”, evocate, toccate e accarezzate sembravano proprio nate e cresciute lì, con Anna/Roberta ad accudirle. E così i pensieri, espressi e disperatamente trattenuti mentre stavano inesorabilmente fuggendo (come “uccelli di passo che urtano ai fari nelle sere tempestose”), e poi recuperati in una tenera quiete che annunciava la tempesta.

Questo favoloso, straziante monologo (ma monologo fino ad un certo punto, perché nella versione “Interior”, un secondo attore, Giacomo Toccaceli, compare nel filmato proiettato contro la parete) racconta una donna alle soglie dei sessant’anni che, probabilmente all’improvviso, si interroga sulla perdita del sé, delle forze, soprattutto della memoria. Vediamo (sempre proiettata sul muro) Anna che si sta vestendo e truccando in stanza da letto: la seguiamo nell’ovattato sospiro di un vecchio superotto, gli attenuatissimi rumori di fondo arrivano dalla stanza accanto a quella dove il pubblico è radunato.

Renato Cuocolo e Roberta Bosetti (foto Vittoria Gregnanin)

Anna/Roberta parla con qualcuno al telefono, annuncia che se ne sta andando (“ma per dove?”), fruga nella borsa, infila il cappotto. Esce, e, all’improvviso, entra in carne e ossa tra il pubblico. Parla di argomenti remoti, si capisce che vorrebbe fermare ogni pensiero, anche quelli apparentemente più futili, come le bambole che collezionava, come le Barbie, “ma con un solo Ken”.

E poi, di colpo, ecco che la tenerezza sfocia nella bufera: un nome, Manfredi, quello del figlio agognato e non avuto, per colpa di un ginecologo. Anna avrebbe voluto portarlo con sé in tutti i suoi viaggi, avrebbe voluto che Manfredi vedesse il mondo che lei ha visto con i suoi occhi…Ma non è stato possbile.

Mentre Anna parla, si riaccende il proiettore. Siamo in una casa di riposo: gli ospiti si stanno radunando, a poco a poco passano in sala mensa. E qui ci sono le impressioni dirette di Rubidori Manshaft, che, per lungo tempo ha lavorato nelle case di cura: da lì la collezione di quelle mani in ceramica che Anna ha collezionato (e Manshaft realizzato praticamente). Mani di persone che, nella finzione scenica, ci hanno lasciato, mani che troppo spesso nessuno (si pensi alle morti durante il Covid) è riuscito a stringere. 

Ed è a quel punto che intuiamo che il luogo dove Anna, fin dall’inizio, era diretta è una casa di riposo. Siamo nel momento-chiave della rappresentazione, il complicatissimo e straziante colloquio di ammissione: Anna/Roberta parla con un filmato e deve calcolare al millesimo di secondo le risposte da dare alla voce registata di Giacomo Toccacelli. Lì trattieni il fiato, ma non solo per la performance anche “tecnica”di Roberta Bosetti, soprattutto per l’angoscia di Anna che, altera, dichiara di essere lì solo di passaggio (“un paio di settimane”), ma probabilmente non è così. Anna è sola, non ha più nessuno, tranne un’amica (la sua badante?) di cui intende dare il recapito. 

Pensieri, pensieri, ancora pensieri. La paura di un futuro che si prospetta incerto, il ritmo è sincopato. Trepidiamo per Anna/Roberta e vorremmo liberarla, come Il Maestro (quello di Margherita) libera Ponzio Pilato nel celeberrimo romanzo di Bulgakov. Si libera lei (ma come Roberta o come Anna?) lasciando di quasi di corsa la stanza con gli spettatori perché ci sono “alcune cose fa mettere in ordine”. Nella Casa. La Casa di Roberta bambina e di Anna donna matura.

A Roberta Bosetti si attaglia  una e folgorante vecchia frase che Angelo Gilardino pronunciò più di cinquant’anni fa, presentando il suo sensazionale e giovanissimo allievo Marco de Santi, che sarebbe poi diventato uno dei più importanti chtarristi del mondo: “Ecco l’evidenza”. Non possiamo che dire grazie a lei e a Renato Cuocolo per l’ora che ci ha donato, e a Vercelli non possiamo che augurare che quella Casa ci parli sempre più col linguaggio del teatro, usato da un’attrice che ha pochi rivali, oggi in Italia. Ed è nostra, tutta nostra. 

Intanto #ogniluogoèunteatro si avvia alla conclusione. Stasera, alle 21, oltre al lavoro da Cuocolo/Bosetti, Studio 10 ospita la spettacolo al buio “Rebecca”,  cura di Officine Papage e di Teatro della Caduta. Tratto dal romanzo “La vita accanto” di Mariapia Veladiano, portato sul grande schermo, di recente, da Marco Tullio Giordana, il lavoro è stato adattato e viene interpretato da Marco Pasquinucci, che ne cura anche la regia.  Le voci sono di Emanuele Niego, Caterina Simonelli, Ilaria Pardini e Cecilia Vecchio. 

Domani, infine, sempre alle 21, si ritorna dove tutti è incominciato venerdì 6 settembre, con la strabiliante performance del Teatro delle Ariette, e cioè alla Farm1861 di via Case Sparse 202. Sarà di scena il Collettivo di musicisti KyoShinDo, che pratica l’arte del Taiko, le percussioni giapponesi. Uno spettacolo, tra musica e narrazione, che si annuncia semplicemente straordinario, come tutta la rassegna fortemente voluta da persone cui Vercelli deve essere eternamente grata come Anna Russo, Annalisa Canetto con Livio Ghisio e Roberta Bosetti con Renato Cuocolo.

Edm

Love
Haha
Wow
Sad
Angry

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here