La Procura di Torino ha formalmente concluso il filone d’inchiesta sulla ‘ndrangheta in Piemonte che riguarda l’ex Assessore regionale Roberto Rosso. Gli indagati, a vario titolo e per episodi diversi, sono in tutto 11. L’atto, che prelude alla richiesta di rinvio a giudizio, è stato notificato ai difensori.
Secondo i suoi difensori, Roberto Rosso deve essere scarcerato.
Rosso, dimessosi dai suoi incarichi, ha già fornito, con l’interrogatorio in Procura, la sua versione dei fatti dichiarando di aver pagato senza sapere di aver dato soldi – 7900 euro – a due esponenti della ‘Ndrangheta. “Solo un contributo per aiutarmi nella campagna elettorale” aveva dichiarato ai Pm.
Una versione, però, che non ha affatto convinto la Procura: al contrario, all’udienza davanti ai giudici del riesame, i magistrati hanno sostenuto che Rosso deve rimanere in carcere perché è “ricattabile” e “ha mentito”. Inoltre Rosso aveva la delega agli affari legali come assessore regionale: una responsabilità che, alla luce dei fatti emersi, aggraverebbe ancor di più l’aver accettato di pagare 15 mila euro in cambio della promessa di uno stock di voti, scegliendo poi di pagare 7900 euro, in nero, ai due referenti della “cosca Bonavota”.
I giudici decideranno entro domani. L’avvocato di Rosso, Giorgio Piazzese, ha chiesto in subordine l’affievolimento della misura cautelare





