Lunedì 2 novembre sciopero nazionale per 24 ore degli infermieri Nursing Up

Giornata di passione per le cure ospedaliere e l’emergenza sanitaria anche in Piemonte per lunedì 2 novembre, a cuasa dello sciopero nazionale degli infermieri indetto dal sindacato Nursing Up che incroceranno le braccia per 24 ore. Nella nostra regione la manifestazione principale è prevista a Torino, per le ore 10, in piazza Castello davanti all’ufficio della Prefettura.

In una lunga nota diffusa dal Nursing Up, sindacato degli infermieri e delle professioni sanitarie, e firmata dal segretario regionale piemontese Claudio Delli Carri, sono elencate le rivendicazioni che in questi mesi “Continuano ad essere ignorate dalla politica a tutti i livelli: ci hanno chiamato eroi, parole al vento perché la verità è che il Governo non ha fatto nulla per evitare che si arrivasse a questo gesto estremo”.

 

Ecco la nota del Nursing Up:

 

Da giorni ripetiamo la necessità di provvedere a nuove assunzioni, subito, con contratti dignitosi e non per due o tre mesi.

Da giorni, settimane e mesi, ripetiamo che la nostra dignità non può essere costantemente irrisa da promesse, parole e rassicurazioni mai mantenute su contratti, su aumenti strutturali delle buste paga, e sul ruolo degli infermieri che sono professionisti preparati, laureati, e coraggiosi baluardi negli ospedali impegnati ogni giorno a lottare faccia a faccia con il coronavirus e contro tutte le alte malattie, con l’unico obbiettivo di fornire la migliore prestazione possibile per i pazienti.

Oggi è venuto il momento di dimostrare la nostra dignità alzando la voce. Incrociare le braccia non è un segno di resa, ma è una vera e propria ribellione responsabile verso chi irresponsabilmente non ha ascoltato le nostre giuste rivendicazioni, che da anni andiamo ripetendo: le nostre sono necessità irrimandabili che si sono acuite in questo periodo così difficile.

 

I dati dei contagi in questa seconda ondata in costante aumento, l’iper-afflusso ai Pronto Soccorso, il numero di contagiati tra gli operatori sanitari, le difficili condizioni di lavoro, le retribuzioni più basse d’Europa che mai vengono implementate, molte di queste cose sarebbero state evitabili se avessero ascoltato il nostro grido d’aiuto e le nostre proposte.

 

Oggi si pagano assenza di investimenti su politiche del personale, nessun adeguamento contrattuale, nessun coinvolgimento nelle scelte di tipo organizzativo, nessuna politica di assistenza territoriale che avrebbe permesso di assistere molti pazienti a domicilio (dove sono finiti i famosi “infermieri di famiglia” di cui in tanti si sono riempiti la bocca ma che nessuno ha mai visto?), sgravando in modo decisivo gli ospedali e i pronto soccorso con il risultato che non sarebbe stato necessario chiudere reparti ordinari, trasformati, come nella prima ondata della pandemia, in reparti Covid.

 

Noi ribadiamo la necessità di un maggiore coinvolgimento nelle scelte organizzative, di una contrattazione che porti una volta per tutte ad un adeguamento strutturale del nostro stipendio, pretendiamo maggiore sicurezza sul lavoro (che non si ripeta lo scandalo dei dispositivi di protezione), il riconoscimento della malattia professionale, l’imprescindibile necessità di assunzioni con contratti a tempo indeterminato o a tempo determinato per almeno tre anni in modo da creare turnazioni che siano gestibili.

Si tratta di azioni concrete che da anni in un Sistema Sanitario Nazionale serio si sarebbero dovute attuare, ben prima della pandemia. Invece, ci troviamo a fare ancora i conti con una carenza di almeno 3000 infermieri in Piemonte e 50000 in Italia.

Siamo stufi di proposte raffazzonate e fantasiose, come quella di chiamare in servizio gli studenti del terzo anno da mettere negli Usca a fare i tamponi. Siamo stufi di continuare a svolgere mansioni che invece dovrebbero essere svolte dalle figure di supporto, quando i nostri colleghi sono invece professionisti preparati, laureati, specializzati e adeguati a ben altri incarichi. In Europa tutto ciò viene riconosciuto, solo in Italia non accade.

 

Consigliamo a tutti i politici a tutti i governatori e ai ministri di farsi un giro nei pronto soccorso in queste ore per vedere la disperazione negli occhi di pazienti costretti ad attendere ore, se non giorni, in una barella e quella dei colleghi, stremati fisicamente e psicologicamente, dalle condizioni di lavoro che sono tornate difficilissime e dalla responsabilità che sentono verso i pazienti.

In una parola noi chiediamo RISPETTO.

 

Ci rendiamo perfettamente conto della criticità del momento, ma non abbiamo alternative.

Nonostante le tante manifestazioni in tutta Italia, nonostante la grande manifestazione svoltasi a Roma il 15 ottobre, il Governo e le Regioni, sono rimasti sordi al nostro grido di aiuto: non ci resta che questa strada. Scioperiamo oggi per una migliore sanità a partire da domani.

Dobbiamo far capire come un giorno solo senza infermieri, con centinaia di migliaia di prestazioni infermieristiche che verranno a mancare in 24 ore, possano essere un monito che, ci auguriamo, tutti i politici e coloro che ci hanno chiamati “eroi” possano comprendere. Perché inizino a considerarci come professionisti ed a rispettarci come tali.

 

Il Segretario Regionale del Piemonte del Nursing Up, Claudio Delli Carri, lunedì 2 novembre sarà in piazza Castello a partire dalle ore 10, davanti alla Prefettura, assieme a tanti colleghi infermieri e professionisti della sanità piemontesi che interverranno, nel rigoroso rispetto del distanziamento e di tutte le norme di sicurezza anti Covid, per denunciare la necessità di avere RISPETTO.

 

Nell’arco della mattinata il Segretario Regionale del Nursing Up, Claudio Delli Carri, salirà dal Prefetto di Torino per ribadire, al rappresentante del Governo nella nostra regione, le imprescindibili esigenze degli infermieri e dei professionisti della sanità.

 

 

 

 

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1 commento

  1. Il sindacato scambia per errori (o finge di “confondere”) del Governo quella che è una strategia ben precisa. Nessun errore del Governo, neppure nel compiere le iniziative più assurde, nell’ambito della Sanità. Non si tratta di invocare uno sciopero politico, ormai fuori moda, ma meraviglia il fatto che, chi lavora negli ospedali, non se ne renda conto. Quel che interessa tutti dovrebbe essere: cosa sarà l’Italia fra un anno. Poi, certo, così facendo si causeranno morti e dolore, frustrazione nei pazienti di tutte le “nostre solite” malattie, quelle vere, che vorremmo curare. Ma forse è solo una strategia: lamentarsi di quel poco che basta per farsi capire da tutti?

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