Vercelli – Il commissario dei vigli urbani (tra i civich più conosciuti di tutta la città) che è recentemente andato in pensione dopo 40 anni di servizio prima al Comando di piazza del Municipio, poi in quello di via Donizetti, non doveva fare il vigile urbano perché, dopo il diploma di perito elettrotecnico all’Itis nel 1976, aveva incominciato ad insegnare Impianti Elettrici proprio nell’istituto in cui si era diplomato, sostituendo il perito Gualberto Ferraris, e s’era quindi guadagnato la cattedra di Applicazioni Teniche a Borgosesia, dopo avere già insegnato alle medie di Zubiena e di Mongrando.
“Ma un giorno – racconta Agostino Gabotti – mio padre mi dice: “Ti ho fatto io la domanda per fare il concorso di Vigile Urbano”. Era l’estate del 1979. Allora il Comando era retto da Giovanni Damiani, un capitano, che aveva come “vice” il maresciallo Sergio Merlo, uno dei vigili più amati e popolari di sempre a Vercelli. Gabotti ci prova: supera gli scritti e all’orale, in commissione, c’è anche il sindaco Ennio Baiardi. Damiani gli fa anche una domanda “fuori tema”, sulla depenalizzazione dei reati. Gabotti però è preparato. Si classifica primo fra gli esterni (al Concorso avevano preso parte anche tre vigili che erano già in forza in altri paesi: Rudy Nicolini, Mario Fiorentini e Luigi Sandri). Con lui entrano a rafforzare il Corpo cittadino dei civich Massimo Cagliero, Ezio Firpo, Pier Domenico Bricco, Luigi Questri e Marcello Balugani.
SUBITO SULLA STRADA
La “gavetta” si fa subito sulla strada (o, almeno, allora si faceva così), e il primo giorno Gabotti deve presidiare piazza Municipio, via Vallotti e via San Cristoforo: ed è proprio lì che fa la sua prima contravvenzione per divieto di sosta. Nella sua vita, tante le multe per sosta vieta e quasi nessuna contestata perché, come dice lui “pelavo l’oca senza farla gridare”. Vigeva infatti il principio basilare dell’educazione verso il cittadino, e quasi tutti i colti in fallo accettavano il verdetto. Un giorno, però, uno osò dire: “Lei non sa chi sono io”. E Gabotti sdrammatizzò in modo intelligente: “Non lo so, ma me lo dica che lo metto sul verbale”. Tra i “multati” più famosi di Gabotti, i comici Ric e Gian, che avevano lasciato l’auto in divieto in piazza Roma, per raggiungere il Civico.
Il servizio sulla strada si faceva di solito singolarmente, ma accadeva che spesso i vigli andassero a ridosso di zone affidate ad altri, così si finiva di agire in coppia. Di qui la leggenda del sodalizio con Massimo Cagliero, che fruttò a Gabotti e al collega l’etichetta di “Starsky e Hutch”, i due poliziotti di una fortunatissima serie che andava in onda in quegli anni. “Per la verità – sorride Gabotti – la definizione, divertente, non era appropriatissima perché in realtà, spesso eravamo in tre a pattugliare in quanto si aggiungeva a noi Firpo. Dunque sarebbe stato più giusto pensare ad un trio di investigatori, ma in tivù non ce n’erano”.
E dopo tanta strada – quella che oggi purtroppo non si fa più oppure si fa con eccessiva parsimonia – ecco l’incarico all’Infortunistica, con Sandro Tosi e Renato Falcone. Incarico non certo facile perché si doveva cercare di limitare al minimo gli errori e anche ad avere a che fare, purtroppo, con i morti. E a questo proposito, il vigile allora aveva il compito, quando si registrava un decesso, e non era rintracciabile nessun parente, di andare a comunicarlo di persona alla famiglia. “A me – ricorda Gabotti – toccò andare ad avvisare la mia prozia della morte del marito”.
AUTISTA DI SINDACI
Tra i cari compiti assegnati a Gabotti ci fu pure quello di autista del sindaco. Ruolo che svolse per Ezio Robotti e, successivamente dopo le ben note vicende del ‘92, con il “commissario straordinario” Santi Corsaro, con Mietta Baracchi Bavagnoli, con il successivo “commissario straordinario” Elio Priore e poi, infine, con Gabriele Bagnasco, prima del collega Fulvio Cavanna. “Bagnasco – dice Gabotti – era davvero un gran signore, con il quale mi permettevo di scherzare. Una volta mi ruppi il tendine di Achille, e non finiva di prendermi in giro: ‘Proprio tu che ti vanti di essere un grande sportivo?’. Ma poco tempo dopo, se lo ruppe anche lui, giocando a tennis, e non vi dico come commentai, però potete immaginare”.
Se Damiani e successivamente Garlando, furono i suoi primi comandanti, alla fine del ‘97 arrivò Giorgio Spalla e per Gabotti fu il paradiso. Quel comandante credeva così tanto in lui da affidargli anche incarichi davvero speciali, come ad esempio quando gli affidò il compito di fare le fotografie degli “ex voto” dei santuari di Varallo, Oropa, Boca (Novara ) e Cussanio (Cuneo) per una originalissima pubblicazione sull’educazione stradale ispirata dall’attuale cardinale Giuseppe Versaldi. Prendendo spunto dai “miracolati” degli incidenti si intitolava appunto “Aiutati che il Ciel ti aiuta”; sempre con Spalla, Gabotti si occupò poi di un progetto sulla sicurezza degli anziani (tra le mura di casa e fuori) che fu premiato al Salone dell’Anziano di Genova, superando tutti gli analoghi progetti elaborati nel resto del Paese.
GIUDICE INTERNAZIONALE DI TENNIS
E mentre svolgeva il servizio al Comando dei vigili, Gabotti non rinunciava, nel tempo libero, a specializzarsi in altre attività, con risultati sempre notevoli. Innanzitutto divenne giudice di tennis, sempre più autorevole e considerato, se si considera che ancora oggi è presidente della Fit provinciale e componente di quella nazionale, inserito nella Commissione federale che si occupa degli impianti. “E tutto ciò – spiega, divertito – anche se ero davvero un mediocre tennista. Ma era tutt’altro che mediocre mia figlia Elisa, che oggi ha 36 anni, e che da giovane sotto la guida del maestro Gigi Crepaldi arrivò addirittura alla categoria B. Mia moglie Simonetta ed io eravamo sempre più orgogliosi di questa figlia cosicché, per seguirla sempre meglio, io incominciai a fare l’ufficiale di gara e via via ad arbitrare eventi sempre più importanti, diventando giudice internazionale : come giudice di linea, ad esempio, ho arbitrato anche match di Seppi e Volandri”.
E poi, naturalmente, la passione per la cucina che adesso sta diventando qualcosa che va al di là della mera passione. Perché non va dimenticato che Gabotti è l’inventore dei “Ravielli”, i ravioli ripieni della panissa di Vercelli, che gli sono valsi l’ingresso nell’Accademia Italiana di Cucina, dove sono inseriti pochi altri vercellesi, tra i quali: Paola Bernascone Cappi, Carlo Albricci, Raffaella Lanza e Carla Gabutti.
LA CUCINA, PIU’ CHE UNA PASSIONE
I “maestri” di Gabotti? La nonna Ines della Villata, che gli ha insegnato che cos’è la panissa (“il piatto che i poveri facevano il giorno in cui volevano fare i ricchi”) e Davide Bonato, grande chef trinese. “Fin da bambino – dice Gabotti – avrei voluto imparare a cucinare, andando all’Alberghiero, ma allora c’era solo a Varallo e la mia famiglia non poteva permettersi di mantenermi in quel tipo di studi. Pazienza, ci sono arrivato dopo, ma ora mi diverto”.
Per “divertirsi”, però, Agostino Gabotti ha dovuto trovare, oltre a nonna Ines e al titolare del “Massimo” e del “Convento” di Trino, un’altra persona, una sorta di angelo o preferite di “Virgilio” che gli ha consentito di fare la cosa per la quale, oggi sessantaduenne, egli si sente più portatori: cucinare. E questa persona è la presidente dell’Università popolare di Vercelli, Paola Bernascone Cappi. Con lei, l’altro suo “Virgilio” è stato un grande e intelligente gourmet che gli ha concesso la prima chance di esibirsi pubblicamente con uno stand che si chiamava “In Fattoria” alla “Fattoria in città del 2015”: Felix Lombardi.
Ricorda Gabotti: “Grazie al compianto, carissimo Felix, Davide, la docente dell’Alberghiero di Trino Cristina Giuppone ed io ci lanciammo in quell’avventura di Fattoria in Città, e lì proposi pubblicamente i miei “Ravielli”.
LA VERA PANISSA
Ravielli che nascono con la base di panissa. Ma chiediamo a Gabotti se c’è una ricetta ferrea di un piatto che, per la verità, viene cucinato con non poche varianti. “La mia panissa – è la risposta – è quella ovviamente della nonna Ines, tutta basata sul ruolo fondamentale della fagiolata, che dev’essere preparata prima, con molta attenzione: io uso i fagioli di Villata, ma non vanno certo disdegnati, e ci mancherebbe, quelli di Saluggia. Quindi, riso Carnaroli o anche Roma e un goccio di vino Barbera, ma poco poco. Ma la regola che non puoi assolutamente permetterti di violare è quella del soffritto, dove devi usare il salame sotto grasso, assolutamente no la pasta di salame”.
Detto del “lancio” favorito dall’acume di Felix Lombardi, che aveva intuito le potenzialitò culinarie di Gabotti, ci voleva qualcuno che gli consentisse far “insegnare” ad Agostino i trucchi del mestiere. E qui entra in gioco Paola Bernascone, conosciuta, per caso ad un matrimonio: quello del bravissimo fotografo Marco Barnabino.
L’UNIVERSITA’ POPOLARE
Il sodalizio Gabotti-Bernascone, oltre ad avere già prodotto due libri (“Le ricette d’la nona”, con Raffaella Lanza, e “Sei sfumature di riso”, con la stessa Bernascone e il critico d’arte Gigi Pensotti), ha consentito a Gabotti di avviare un’apprezzata Scuola di cucina all’Università popolare (tra gli ex allievi anche l’allora questore di Vercelli e oggi di Novara Rosanna Lavezzaro). I corsi di quest’anno, sia per gente che non ha mai cucinato in vita sua sia per chi ha un già certo talento e vuole migliorarsi, hanno argomenti suggestivi: il Riuso (cucina a 360 gradi), la Cucina con la birra, la Pasta fresca ripiena, Organizziamo una festa e gli Abbinamenti (vino, ricette e dolci). Tutti i corsi si tengono al Centro Polifunzionale di Pezzana, il venerdì sera, dalle 20 alle 23, e sono riservati ad un massimo di quindici persone alla volta. “Ma da 10 a 12 – dice Gabotti – è anche meglio”.
Dunque, secondo voi, il commissario Agostino Gabotti che è andato in pensione il 1° settembre scorso, si sta ritagliando il ruolo del pantofolaio? Attenzione che potreste beccarvi una multa e venti punti in meno sulla patente. O uno smash sulla fronte.
ENRICO DE MARIA






Dopo aver letto questo che è (per i tempi) quasi un appassionante racconto-lungo .. tanti chilometri, come una tappa del Giro d’Italia dei tempi di Girardengo, proporrei al signor Gabotti il tentativo, che avrebbe certamente successo, di mettere nella realtà la pagina 30-31 di “Oltre il volo delle farfalle” scritta da quell’altro piccolo genio che è Gianluigi Caron, dove coercitivamente si obbliga Hitler in persona a dirigere il traffico !