Tutto il Gotha della chitarra per l’ultimo saluto ad Angelo Gilardino

IL feretro di Gilardino lascia la chiesa per raggiungere il cimitero di Asigliano (foto Greppi)

Nel sua bellissima autobiografia “io, la chitarra e altri incontri”, Angelo Gilardino aveva usato due volte – riferendosi a eventi che avevano riguardato il Grande Torino – l’immagine proustiana della “stagione che cade in un’altra stagione”. Oggi, mentre il suo feretro arrivava nel piazzale della chiesa parrocchiale di Asigliano, per l’ultimo saluto,  è successa la stessa cosa: una stagione (la primavera) è caduta in un’altra stagione (l’inverno). A salutare il più grande musicista della nostra provincia dai tempi  di Giovan Battista Viotti, un pomeriggio che sapeva di primavera, con quindici gradi di temperatura.

TRE SACERDOTI E I MASSIMI CHITARRISTI ITALIANI

La salma è stata accolta da tre sacerdoti: il parroco, don Gianfranco Brusa, e due religiosi che amano la grande musica, e che quindi apprezzavano quella del defunto: il maestro del Coro del Duomo, don Denis Silano e don Luciano Condina, già primo flauto della Camerata Ducale. E poi, il Gotha del chitarrismo italiano, con gente che ha attraversato l’Italia per esserci: Marco de Santi, Alberto Mesirca, Giulio Tampalini, Lucio Matarazzo, Frédéric Zigante, solo per citare alcuni nomi, accanto a quelli di tantissimi altri e ovviamente dei vercellesi, fra i quali Luigi Biscaldi, per Angelo un vero secondo figlio. E, con loro il direttore editoriale delle Edizioni Curci, per conto delle quali Gilardino ha scritto libri memoriabili, Laura Moro.

IL FIGLIO ALESSANDRO ABBRACCIATO A GASTONE E KEWIN

E poi, naturalmente, il figlio di Gilardino, il talentuoso pittore Alessandro Gilardino Nicodemi,  abbracciato al suo maestro di pittura e amico Gastone Cecconello e ad un altro amico fraterno,  il chitarrista e medico di fama internazionale Kevin Swierkosz-Lenart, con l’amico medico Cino Barelli. Quindi il fratello Sergio e un altro amico di lunghissima data, l’ex presidente della Soms ed ex sindaco di Villata Umberto Uga, con l’inseparabile grande fotografo Celestino Bellardone, e la figlia del pittore Enzo Gazzone, che Gilardino amava in modo particolare, Carla, e quindi l’amico per eccellenza di Asigliano, Antonio Dattrino, e quello degli anni di lavoro alla Sesia, il giornalista Marco Barberis.

E, chitarristi a parte, uno stuolo di amici, anche delle istituzioni musicali e non come l’ex assessore della giunta Forte Daniela Mortara, il direttore artistico della Camerata Ducale Cristina Canziani, la presidente della Scuola Vallotti Paoletta Picco. Il Comune di Asigliano era rappresentato dal vice sindaco Lillo Bongiovanni perché il sindaco Carolina Ferraris doveva sopperire alla mancanza di colleghe insegnanti positive al Covid nella sua scuola; ma di Asigliano c’erano altri amministratori e il gonfalone del Comune. Nessuna traccia degli amministratori comunali di Vercelli, dove Gilardino – citato come vercellese in tutte le enciclopedie della musica del mondo – pur viveva dal 1953.

I giovani chitarristi che hanno eseguito le musiche in chiesa con il maestro Luigi Biscaldi (foto Greppi)

LE SUE MUSICHE PER L’ADDIO

La cerimonia è stata come l’avrebbe voluta il Maestro, tutta scandita, tra l’altro, da musiche scritte da lui stesso ed eseguite da due giovani allievi dei suoi allievi. Giovanni Martinelli e Gianluca Daglio Erazo hanno suonato brani dal “Colloquio con Segovia”, da “Tenebrae facte sunt”, dallo Studio di Virtuosità e Trascendenza n° 23 “Noche oscura” (omaggio a San Juan de la Cruz) e dalla trascrizione per due chitarre de “I crisantemi” di Giacomo Puccini, il meraviglioso pezzo che ha aperto e chiuso la cerimona funebre.

I tre sacerdoti che hanno concelebrato i funerali

DON BRUSA: GRAZIE PER L’AMORE CHE HAI PORTATO ALLA TUA TERRA

Dopo la lettura del Vangelo di Giovanni, don Brusa ha avuto parole davvero alte e allo stesso tempo affettuose per quel nuovo amico conosciuto da non troppo tempo, ma con il quale era entrato in piena sintonia. Ha detto il sacerdote: “Pensando alle varie parabole del Signore, io sono stato chiamato nell’ultima ora alla sua amicizia, ma abbiamo recuperato tempo. Siamo smarriti di fronte a questa repentina morte, ma ci soccorre la Fede: nulla ci separerà dall’amore di Cristo, e la Fede di Angelo si è manifestata nella forma più bella, la musica. In ogni sua nota egli rendeva onore a Dio. Noi oggi siamo qui a rendere onore ad un uomo grande della nostra terra che ha onorato anche la sua Asigliano, portando sempre nel suo cuore le sue origini. Oggi la comunità di Asigliano ti dice grazie, e ti abbraccia, caro Angelo. E anch’io ti dico grazie, per ciò che hai donato a tutti noi, per l’amore che hai portato alla tua terra, alla tua Asigliano”.

Il commosso saluto del vice sindaco Lillo Bongiovanni (foto Greppi)

Il VICE SINDACO: IL SUO PAESE ERA SEMPRE NEL CUORE

Poi al termine della messa, prima della benedizione, gli interventi del vice sindaco di Asigliano Lillo Bongiovanni (“Asigliano perde un figlio che ha avuto sempre nel cuore il suo paese: addio, Maestro chi vive nel cuore di chi resta non muore”) e di  tre cari e illustri amici di Gilardino.

L’intervento del filosofo Sergio Givone, amico da oltre sessant’anni

IL FILOSOFO GIVONE: GRANDE E NOBILE AMICO

Il primo è stato Sergio Givone, amico fraterno di Angelo, fin dalla post adolescenza. Il filosofo, docente di Estetica all’Università di Firenze, e scrittore (autore tra l’altro di due romanzi ambientati nella Baraggia e nella Bassa Vercelli, “Favola delle cose ultime” e “Nel nome di un dio barbaro”) ha detto: “Addio, mio caro, grande e nobile amico. Se io devo indicare in una cifra la tua vita e che cosa la tua vita è stata per noi, ecco io non saprei che usare queste parole: grandezza, nobiltà. Lo dico pensando al rigore con cui tu sei stato fedele alla tua vocazione, fin dal giorno in cui, da bambino hai assistito ad un concerto, e questo concerto ti ha rivelato a te stesso: tu hai capito chi eri, che cosa eri venuto a fare al mondo, e a questa vocazione, a questa chiamata sei stato assolutamente fedele: la chiamata, che era la Musica –  quella che ha fatto di te quel grande compositore noto in tutto il mondo –  è stata però per te qualcosa di più: il senso stesso della vita. Il luogo, il modo che ci è dato per confrontarci con la Verità”.

Ha continuato Givone: “Lo so che Verità e Bellezza oggi non hanno più luogo nel campo dell’arte, vorremmo farne a meno. Ma tu ci hai insegnato che no, non è possibile farne a meno perché l’arte è testimonianza della Verità che c’è in ogni cosa, in ogni suono, anzitutto, per te, musicista, ma anche in ogni immagine, e come amavi tu i pittori, i grandi e i piccoli maestri capaci anche loro di attestare la verità che c’è in ogni immagine, in ogni parola, grande e piccola. E poi il rigore con cui tu ti sei dedicato alla trasmissione di questo patrimonio, alla trasmissione della musica, e quindi al suo insegnamento, ma più ancora alla sua conservazione, occupandoti della musica di quei maestri che ti hanno immediatamente riconosciuto come uno di loro. Eri poco più che un ragazzo quando hai conosciuto Castelnuovo-Tedesco, e subito è nato un colloquio di alto livello, tra maestro e maestro. E poi Segovia, a monte, e a valle i tuoi allievi”

”Infine – ha concluso Givone – un tratto forse meno appariscente, ma che voglio ugualmente ricordare, perché forse quello più tuo, che ti caratterizza: quello che i greci e anche i primi cristiani (ricorre anche in San Paolo questa espressione) chiamavano la ‘parresia’ cioè la trasparenza dell’anima alla verità della parola, della cosa, del compito, di ciò che siamo chiamati a fare. La parresia è stata la tua lezione, accogliendo la quale io ora oso dire qualcosa che forse non potrei. Questo: ci rivedremo, lo dico con timore e tremore, ma lo dico proprio perché averti incontrato ha significato per me – e credo di poter dire questo a nome di tanti, di tutti quelli che sono qui quest’oggi a salutarti – incontrarti per sempre. L’incontro di destini, di vicende, di storie è stato tale da farmi dire che quello che è accaduto, è accaduto per sempre, non andrà perduto. Diceva giustamente il parroco che il cammino che qui inizia è verso l’Eterno. Sono parole enormi, che non osiamo dire, ma che dobbiamo dire perché nulla andrà perduto di questo patrimonio, di questa ricchezza che tu ci hai donato con la tua musica, con il tuo amore per l’arte, con tutto te stesso, e quindi anch’io voglio dire: grazie Angelo e anche addio, ma nel senso, di un arrivederci là dove saremo per sempre”.

Il saluto di Filippo Michelangeli

IL GIORNALISTA MICHELANGELI: LA SUA GENEROSITA’ VERSO I GIOVANI

Quindi il fondatore e direttore delle riviste “Seicorde” e “Suonare News” Filippo Michelangeli si è concentrato su tre grandi qualità che aveva Gilardino: la prima, l’operosità: “Accanto ad un grande talento di cui era pienamente consapevole, Angelo ha sempre sentito la responsabilità di coltivarlo, di impegnarsi: ha lavorato senza sosta sino a poche ore prima di andarsene, lasciandoci una produzione musicale, artistica, culturale, che vale quella di tanti uomini, in un uomo solo. Non l’ho mai sentito pronunciare una volta la frase ‘sono stanco del lavoro’. Mai”.

Seconda qualità: “la generosità verso i giovani”. “Per molti – ha detto Michelangeli – adesso è uno slogan. E quando uno guarda ai Comandamenti che sono così difficili, così alti, ‘Ama il prossimo tuo come te stesso’, mi viene sempre in mente Angelo che ha amato i giovani, da qualunque parte venissero, con un sforzo, con un’energia incredibile, forte della lezione di don Bosco di non accontentarsi di volergli bene, di aiutarli, ma cercando di fare in modo che essi fossero consapevoli del suo amore, della stima nei loro confronti. Infine il “coraggio della libertà” in una vita senza pregiudizi, il coraggio di essere sé stesso. Grazie Angelo.

Il commosso addio di Gianni Nuti, sindaco di Aosta

IL SINDACO DI AOSTA: SE N’E’ ANDATO NEL SILENZIO DEI GIUSTI

Ed infine, il sindaco di Aosta Gianni Nuti, chitarrista e musicologo. Con la voce spezzata, ha detto: “Mi rivolgo a chi oggi in questa folta assemblea si sente orfano, perduto. Non temiamo: nulla è perduto. Raccogliamo dal nostro Maestro la bellezza di una vita compiuta, nata dalla visitazione, patita da una macerazione, frutto di una ricerca ostinata, sempre minacciata dalla miopia del mondo, sbocciata in una serie infinita di opere, di incontri, di generose offerte a giovani avidi di sapienza e di arte. Non resterà in noi solo un bordone, un suono ostinato che sostiene i nostri pensieri, e che accompagna le azioni quotidiane colorandole di un lieve struggimento: che dalla memoria di te, caro Angelo, si dispieghino sinfonie e contrappunti, a disegnare fantasticherie sopra le macerie del mondo, a trasformare i dolori in dolcezze, la fine di una vita piena completamente dedita a cercarne il senso nella musica non poteva che spegnersi nel silenzio. Hai scelto, Angelo, il destino che il tuo amatissimo Debussy ha riservato alla sua Mélisande: ama l’anima umana silenziosa dileguarsi in solitudine. Un’estinzione leggera, quella dei giusti. Ma non finisce qui, Angelo nostro, non riposerai in pace: in ogni parte del mondo un frammento della tua musica, la memoria di un allievo, le carte di uno studioso appassionato, un tratto di pennello del tuo figlio prediletto, un mio povero gesto, nel quale ho incarnato il tuo molti anni fa, ti susciteranno come un umore di nebbia, come un riflesso di luce sulla risaia di agosto. E grazie a questo è per noi che la terra sarà lieve e imperitura sarà la nostra riconoscenza, indissolubile il nostro amore filiale”.

 

Dopo le esequie, il feretro del creatore degli immortali “Studi di virtuosità e trascendenza”, è stato tumulato, in un semplice loculo (come lui aveva voluto) nel vicino cimitero del paese.

Edm

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2 Commenti

  1. Vorrei un commento dell’ineffabile Vraie sulla presenza ai funerali della odiata Sinistra e l’assenza dell’amata giunta neo”patriottica”.

    • Il commento di EDM non consente di aggiungere alcunché, oggi purtroppo non c’è spazio per piccole e inutili beghe, esercizio stonato per incompetenza.

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