Ciao Lucio,
eravamo in tantissimi a dirti addio questa mattina in Duomo, in un’altra giornata feroce di questa ferocissima estate. E non solo per il caldo.
Il Duomo era pieno e, sul tuo feretro, le maglie dell’adorata Inter e della tua squadra del Csi, lo Sporting 91 di Donato Roda (presente alle esequie) in cui tu giocavi da terzino sinistro fluidificante, forse in omaggio a Facchetti.
Nessuno dei presenti, che si sono stretti forte forte attorno alle tue sorelle, ai tuoi fratelli, ha accettato il fatto che non ti rivedrà mai più dietro al bancone del Trastevere, non solo intento a servire il tuo buonissimo caffè in tazzina di vetro (“Una delicatezza”, come ha sottolineato don Marco Giugno nell’omelia), ma anche, e soprattutto, ad ascoltare gli altri, ad esserci, per tutti, di fronte ai problemi quotidiani della gente (come ha magnificamente sottolineato il giornalista de “La Stampa” Stefano Fonsato qui su Facebook, una volta appresa la notizia): perché tutti quelli che entravano al “Trastevere” non erano semplici clienti, “ma persone”, con i loro momenti, piccoli o grandi, di difficoltà. Momenti che, sapendo la tua proverbiale disponibilità, spesso ti confidavano. L’ha scritto Stefano, me l’hanno confermato tanti altri.

Questa disponibilità “di un uomo buono, dal cuore d’oro” è stata sottolineata in modo esemplare da don Marco, che ha detto di non averti conosciuto in passato, ma tantissimo in questi giorni, leggendo, ascoltando testimonianze, di cui una diretta, da amici, a cena, proprio l’altra sera. Così, su di te, ha potuto dire a tutti noi oggi in Duomo: “Nel ricordo di Lucio, coltivate le vostre relazioni umane. Egli era un uomo appassionato, e soprattutto oggi abbiamo bisogno di donne e di uomini appassionati come lui, che ha sempre fatto il suo lavoro con passione, e con il sorriso”.
Poi, don Marco, è andato a pescare nei suoi ricordi la canzone giusta per te, “Quattro amici al bar”, di Gino Paoli. “Quel bar – ha detto il sacerdote – in cui si parlava con profondità di onestà e di solidarietà, era proprio qui, a Vercelli. Oggi se n’è andato il proprietario, ma gli amici, voi, rimanete, e spero proprio che proviate a tenere aperto questo bar”.
Concludo, caro Lucio, ricordando gli sfottò che ci mandavamo spesso (tu adesso abitavi proprio di fronte a casa mia), tu interista io milanista, sul calcio. Scrivere che adesso mi mancheranno è persino pleonastico, ma lo scrivo lo stesso.
Addio amico di tante domeniche al Tiffany, in cui c’era anche Giorgio, un altro caro amico (bianconero) che adesso non c’è più. Adesso sfottetevi bonariamente Lassù. Ti sia lieve la terra.
Enrico





