DIVERGENZE 108 – Cerchiamo di riaprire (non solo per un giorno) la nostra “Sistina”

 

Vercelli- La bella notizia che oggi i vercellesi potranno riammirare la loro “Cappella Sistina” e cioè il meraviglioso affresco del Parnaso realizzato dal Caccia  (Guglielmo Caccia, detto il Moncalvo, pittore vissuto tra il ‘500 e il ‘600) sulla volta della sala Tizzoni, rende quanto mai attuale un annoso problema: quello di recuperare questa meraviglia e renderla fruibile a tutti non solo saltuariamente, per qualche evento (dalle Giornate del Fai appunto, oggi, all’iniziativa “Ti ricordi di Porta Milano?”), come avviene appunto oggi.

 

Era un problema che stava particolarmente a cuore al compianto presidente dell’Istituto di Belle Arti Amedeo Corio. E qui ho un ricordo personale. Ricoverato all’ospedale “Sant’Andrea”, per l’aggravarsi delle condizioni che ne portarono poi alla morte, qualche mese dopo, il 1° gennaio del 2014, a 89 anni, Corio mi consegnò una “memoria” in cui raccontava la sua battaglia (persa) per ottenere la riapertura di quella splendida sala che, fino all’inizio degli Anni Ottanta, il Comune utilizzava come centro-conferenze.

Il problema, spiegava Corio in quella memoria, era appunto quello di trovare i fondi per adeguarla alle norme di sicurezza previste dalla cosiddetta legge post-Statuto, via via modificata negli anni. Lo scoglio, dunque, erano (sono) i soldi: un adeguamento del genere costerebbe intorno ai 350/400 mila euro.

Ce lo conferma il direttore del Museo Leone Luca Brusotto, essendo la Tizzoni di proprietà della Fondazione “Istituto di Belle Arti-Museo Leone”: Dice Brusotto: “Palazzo Tizzoni, ed in particolare la sala affrescata dal Caccia, hanno una storia lunga e del tutto particolare. Prima che lo storico direttore dei musei vercellesi, Vittorio Viale, attuasse il suo grande progetto negli Anni Trenta, organizzando il Borgogna e il Leone, palazzo Tizzoni era destinato a diventare la ‘Pinacoteca Patria’ di Vercelli: lì si sarebbero dovuti sistemare i 142 dipinti dei più celebri artisti vercellesi di proprietà del Belle Arti. Ma Viale optò per il Borgogna e la destinazione-Tizzoni venne accantonata”.

“Cosicché – prosegue Brusotto – il Comune ottenne in comodato la struttura e utilizzò la meravigliosa sala del Caccia come centro di conferenze. Tutto ciò fino alla tragedia del cinema Statuto di Torino (il terribile incendio del 13 febbraio 1983, che causò la morte di 64 persone), che convinse il legislatore a disciplinare norme di sicurezza giustamente  più draconiane su tutti gli edifici pubblici. Per risistemare quella sala, con le nuove leggi, ci sarebbero voluti centinaia di milioni di lire che allora nessuno aveva e che oggi si possono quantificare nei 350/400 mila euro cui alludeva il geometra Corio”.

Il Comune, tra l’altro non proprietario della struttura, qualcosa ha fatto almeno per salvaguardarla. “Nella seconda amministrazione Corsaro – ricorda Brusotto – su iniziativa dell’allora assessore ai Lavori Pubblici Roberto Scheda, furono stanziati 35 mila euro per aggiustare il tetto, visto che ci pioveva anche dentro, ma servirebbe un intervento assai più oneroso per poter far sì che non solo i vercellesi, ma anche i turisti, che sicuramente una Tizzoni sempre disponibile attirerebbe, possano ammirare non solo saltuariamente quegli affreschi”.

Dunque ci permettiamo di rilanciare l’appello che allora ci fece Corio (e che io personalmente ho fatto in più circostanze, spalleggiato, ad esempio, dal collega in Consiglio comunale Maurizio Randazzo e dall’ex consigliera comunale Donatella Capra): il Comune e la Fondazione Cassa di Risparmio di Vercelli, con la Fondazione Istituto di Belle Arti-Museo Leone, promuovano la ricerca di finanziamenti, anche pubblici, e di una “cordata” di mecenati in grado di sostenere questa spesa: il gioco varrebbe la candela.

ENRICO DE MARIA 

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