Disturbi alimentari: lo scrittore Sebastiano Ruzza ne aveva parlato al Classico in era pre-Covid

 

Da due studentesse del Classico Lagrangia riceviamo e volentieri pubblichiamo questo resoconto su una conferenza sui disturbi alimentari tenuta, in era pre-Covid, dallo scrittore Sebastiano Ruzza, su invito della professoressa Marta Boccalini. Una “lezione” efficace su come evitare o combattere l’anoressia.

Ecco lo scritto di Angelica Venturini e Costanza Tornari

I disturbi alimentari non hanno genere e non hanno età. Questa, purtroppo, è una realtà non ancora abbastanza nota tra la popolazione, ma che non è mai troppo presto per imparare. Lo scorso 20 febbraio, infatti, la classe II AC del Liceo Classico Lagrangia ha potuto venire a conoscenza di tutto ciò dal giovane scrittore Sebastiano Ruzza, Invitato dalla docente di lettere, Marta Boccalini, a presentare alla classe il suo libro Corri Corvo Corri”, romanzo autobiografico nel quale racconta la sua esperienza personale con lanoressia: il suo rapporto con essa, le esperienze che lhanno segnato sia prima che durante la malattia e il percorso che lha portato alla guarigione.

Lincontro ha permesso di far luce sul fenomeno, ormai ampiamente discusso (anche se spesso nei termini sbagliati), dei disturbi alimentari, permettendo di sdoganare i luoghi comuni formatisi negli anni riguardo ad essi, causati dalla banalizzazione del problema e dalla disinformazione a riguardo. Non è vero che ad ammalarsi di disturbi dell’alimentazione sono solo gli adolescenti, in particolare le ragazzine, parlando di anoressia: il concetto chiave che rende possibile una visione nitida e una comprensione approfondita di questa realtà risiede nel riconoscere che essi possono nascere in qualsiasi persona e a qualsiasi età, perché per quanto ci si ostini a chiamarli “disturbi dell’alimentazione”, altro non sono che disturbi della comunicazione e, in quanto tali, dipendono totalmente dal benessere mentale ed emotivo dell’individuo.

Coloro che soffrono di queste patologie si trovano spesso in uno stato di confusione e sofferenza tale da non essere in grado di trovare un valido modo per esprimersi a parole con nessuno, e tramite il cibo arrivano a trasformare il loro stesso corpo in un mezzo volto a comunicare ciò che non riescono a voce. La loro immagine e i loro comportamenti diventano quindi uno straziante grido silenzioso volto a chiedere aiuto a chiunque li noti.

Come è ben chiaro, dunque, la moda e gli irraggiungibili modelli di perfezione odierni sono ben lungi dall’essere la causa di questi disturbi, nonostante i discutibili messaggi che trasmettono alla popolazione. Al contrario, le cause scatenanti di queste malattie possono risalire a molto tempo addietro rispetto al momento in cui ci si ammala e tante volte, come racconta Ruzza, non se ne viene neanche a scoprire il motivo.

Lo scrittore ci tiene particolarmente, riguardo a questa ed altre questioni, a chiarire alcune cose: non sono importanti né la motivazione né il momento e di sicuro nessuno di quelli che soffrono di questi disturbi “se l’è andata a cercare”; d’altronde, nessuno pensa volontariamente di rompersi una gamba, così come nessuno inizia a strafogarsi o a privarsi di cibo per divertimento..

Insomma, è evidente, quindi, come il cibo e il corpo diventino lo strumento per chiedere aiuto al mondo, ma i malati non sono gli unici che devono essere aiutati.

Come possono fare parenti e amici se un loro caro si ritrova in una situazione simile? È chiaro che il primo pensiero è quello di voler far qualcosa per aiutare chi sta soffrendo, spingerlo a guarire, ma non è possibile fare nient’altro se non stare al suo fianco durante il percorso di guarigione, anche se lungo, senza fare pressioni, in quanto uninsistenza eccessiva potrebbe causare un allontanamento e una chiusura da parte della persona che invece si vorrebbe aiutare: il desiderio di guarigione non si può imporre e solo il diretto interessato deve compiere spontaneamente questa scelta accettando e riconoscendo, prima di tutto, di aver bisogno di aiuto. Purtroppo però, da  ciò deriva un profondo senso di impotenza e colpevolezza da parte di amici e parenti, che vorrebbero poter far qualcosa di più per il loro caro.

Proprio per questo il signor Stefano Tavilla ha creato lAssociazione no-profit  Mi nutro di vita”, con sedi a Pieve Ligure e Biella, formata da volontari, tra cui lo stesso Sebastiano Ruzza, che offrono sportelli di ascolto e gruppi di auto-aiuto non solo per coloro che soffrono di disturbi alimentari, ma anche per i loro familiari, servizio, per il momento, offerto esclusivamente da loro in Italia, e che mostra la necessità di un supporto sia per i malati, sia per coloro che stanno al loro fianco nel processo di guarigione, che, anche se indirettamente, vengono affetti dalla situazione. Svolgono inoltre una campagna di sensibilizzazione in tutta Italia volta a mettere in contatto la popolazione con la realtà di  queste patologie ormai così radicate allinterno della società attuale e per la divulgazione di informazioni utili a proposito di questa problematica, perché, in fondo, è solo andando oltre i pregiudizi e gli stereotipi che si potrà lottare in modo efficace contro queste malattie con la reale possibilità di poterle sconfiggere.

Angelica Venturini e e Costanza Tornari

 

II AC Liceo Classico Lagrangia

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