“In questo libro c’è l’essenza della Medicina: leggerlo dovrebbe essere obbligatorio per tutti gli studenti”. Lo ha detto ieri sera, a proposito di “Diario di Bordo” di Sergio Macciò, il suo illustre professore universitario, ed ora collega e amico Giorgio Bellomo, durante la presentazione nel cortile di casa Alciati del Museo Leone.
UN GIRO DEL MONDO (DEL COVID) IN OTTANTA GIORNI
Per l’esordio vercellese dell’originale “giro del mondo (del Covid) in ottanta giorni” (iniziato il 23 febbraio, il diario si è concluso il 21 maggio) c’era l’esaurito al Leone: tutti i posti disponibili con i distanziamenti anti-Coronavirus erano occupati. E il colloquio tra i due medici è stato semplicemente accattivante perché Bellomo si è dimostrato un presentatore brillante ed efficace, e Macciò un interlocutore a sua volta sopraffino e spiritoso. Non sempre le presentazioni dei libri, anche di autori affermati, scorrono come l’acqua di un ruscello di montagna: stavolta il pubblico s’è davvero rinfrescato il cuore e la mente.
LA MIA RADIO LONDRA
“Diario di Bordo”, che finanzia il progetto “Il tuo sogno continua” dell’Associazione Alumni dell’Upo, per sostenere economicamente i tanti studenti che non possono più permettersi il pagamento delle tasse universitarie, è nato appunto il 23 febbraio quando, come ha ricordato il cardiologo del “Sant’Andrea” spuntarono i primi “triage”. Il dottor Macciò capì quel giorno che era assolutamente indispensabile gettare un ponte radio tra l’ospedale e la città (una sorta di Radio Londra, l’ha definito) per rassicurare una Vercelli di giorno in giorno sempre più impaurita, proprio dall’interno del campo di battaglia. E così è stato, per ottanta giorni, durante i quali, ad un tratto, il diario è diventato qualcosa di più di una semplice pagina Facebook: in quelle righe vergate con competenza professionale, ma soprattutto, con tanta umanità, tanta empatia, il cardiologo vercellese non ha nascosto nulla a se stesso e ai suoi sempre più numerosi interlocutori: anche le sue stesse paure, che erano le paure della gente in lockdown. “Più ci chiudevamo in casa – ha detto Macciò – e più volevamo comunicare”.
TRA IL PUBBLICO, ANCHE IL LUPO BIANCO
Quel diario, che doveva essere personale anche se rivolto ai sempre più numerosi amici di Facebook è poi diventato un dialogo polifonico ed è nata quella Compagnia del Diario che Macciò considera coautrice, con lui, del libro, poi fatto stampare da Alumni Upo per i tipi della “Gallo” di Vercelli. Nell’emblematica copertina un faro che resiste, impavido, ad una sorta di maremoto.
Di fronte ad un uditorio incantato (che comprendeva anche il Lupo Bianco Carlo Olmo, il maggior sostenitore finanziario del Progetto “Il tuo sogno continua”, nonché gli assessori comunali Gianna Baucero ed Ombretta Olivetti ed il presidente del Leone Gianni Mentigazzi), Macciò e Bellomo hanno sviscerato in un’ora che è sembrata durare pochi minuti per la scorrevolezza del dialogo, tutte le parti salienti dell’opera. Bellomo non ha risparmiato al suo ex allievo (di cui ha detto di essere orgoglioso) anche le domande più insidiose, come ad esempio: “Che cosa avete provato quando, all’inizio della pandemia, siete stati costretti a dire ai vostri ammalati: ‘Guarda che di quello che hai io non so niente, ma proverò lo stesso a curarti e a guarirti’?”. Macciò ha convenuto che, in quel momento, le cose stavano proprio così, ma poi, con fierezza, ha tessuto l’elogio della classe medica, che in un mese e mezzo è riuscita a trovare la cura: “E un mese e mezzo, per arrivare ad arginare una malattia di cui non sapevamo proprio nulla e che di solito viene studiata per anni prima di venirne a capo, è stato un vero miracolo”.
L’IMPORTANZA DELLA MACCHINETTA DEL CAFFE’
Macciò e Bellomo non risparmiato critiche agli scienziati che stavano vanificando gli sforzi della Scienza (“che è comunità scientifica”), facendo prevalere i loro individualismi: “Anche un premio Nobel deve dimostrare la validità delle sue affermazioni; non basta che alzi il dito e parli”.
Un racconto che si è dipanato anche attraverso paradossi e aneddoti tanto piacevoli quanto inattesi. Ad un certo punto, Bellomo ha domandato al pubblico (riferendosi ovviamente ad un capitolo del libro): “Secondo voi, qual è stata, durante la pandemia, la parte più importante dell’ospedale?”. E alle risposte scontate (il Pronto soccorso, la Rianimazione) ha replicato: “La macchinetta del caffè”. Sorridendo, Macciò ha spiegato quel paradosso: “Un giorno, noi medici ci siamo ritrovati a prendere il caffè anche per allentare la tensione e la fatica. Ad un tratto un collega si è messo a tossire forte, senza riuscire a smettere. L’abbiamo guardato tutti con terrore. E lui, trattenendo a stento il la risata che gli stava sgorgando, ha detto: ‘Tranquilli: mi è semplicemente andato di traverso il caffè”. E’ stato importante stemperare anche con episodi come quello l’angoscia e la tensione”.
I COMPLOTTISTI DEL PLASMA “DI CUI NESSUNO PARLA”
Ed infine, un pensiero anche per i complottisti, quelli che…”Ci tengono nascosto qualcosa”. E lì sia Bellomo sia Macciò hanno citato la cura con il plasma iper immune. “Nessuno parla del plasma”, era la litania dei complottisti in quei giorni. “Ed era esattamente il contrario della verità – ha ricordato Macciò – perché bastava cliccare la parola ‘plasma’ su Google per accorgersi che forse in quei giorni era l’argomento di cui si parlava di più al mondo”.
Finiamo qui il resoconto di una presentazione che sarà ricordata a lungo per non privarvi del gusto e della gioia di leggere il libro, che costa 18 euro, che aiuterà gli universitari in difficoltà (come ha ricordato ieri la presidente di Alumni Upo Francesca Boccafoschi, ringraziando Macciò e anche Olmo) e che si trova in tutte le librerie.
ENRICO DE MARIA