Addio a Mimmo Càndito, grande reporter di guerra

 

Vercelli – Mimmo Càndito, uno dei più grandi reporter di guerra nella storia del giornalismo italiano, è morto a 77 anni. Inviato per decenni de La Stampa di Torino, era il marito della collega Marinella Venegoni, a sua volta inviata e critico musicale del quotidiano torinese, e già sindaco di Crescentino. Originario di Reggio Calabria, Càndito andò prima a Genova a lavorare in Comune e poi al giornale “Il Lavoro”, quindi si trasferì a Torino nel 1970 e alla Stampa incominciò la sua avventura di inviato su tutti i fronti di guerra: uno dei mestieri più autorevoli ma anche più pericolosi del mondo. Era presidente italiano di “Reporter senza frontiere” nonché docente di Linguaggio giornalistico all’Università di Torino.
La redazione di Tg Vercelli abbraccia la collega e amica Marinella Venegoni.
——————————
Caro Mimmo, ricordo ancora adesso l’ultima volta che ti vidi, poco meno di un anno fa, il 25 marzo del 2017, alla libreria “Mondadori”, presentando con il solito piacere, la solita gioia, l’ennesimo tuo libro: “C’erano i reporter di guerra – Storie di un giornalismo in crisi: da Hemingway ai social network”. C’era anche Marinella, ma non fu lei a darmi la drammatica notizia. Fu un’amica: “Purtroppo è ricomparso”.

La “cosa” che era ricomparsa era il male con cui avevi lottato e, con successo, fin dal giorno che, nell’estate del 2005, un oncologo a Miami ti disse, con fin troppo professionale spietatezza: “Lei non ha alcuna speranza di sopravvivere”. Invece sopravvivesti, eccome, e in un libro-capolavoro, stavolta non dedicato alle tue esperienze su fronti di guerra di tutto il mondo, raccontasti “come” eri riuscito a scampare, e per molti anni, continuando a fare quel mestiere che così tanto ti piaceva, a quel verdetto che sembrava inappellabile. Nel libro, che si intitolava “55 vasche”, c’era la storia della tua lotta contro il tumore ai polmoni. E l’avevi scritto perché, quando narrasti la vicenda su La Stampa, e poi la trasportasti su Facebook, pensando di raccogliere le impressioni di pochi intimi, i 40 mila contatti che ricevesti ti convinsero a farlo.

Le “vasche” del titolo erano quelle della piscina, a Miami che tu arrivasti a fare giornalmente, nonostante la malattia, perché l’oncologo che ti aveva comunicato il terribile responso, ma anche poi ti aveva anche sottoposto alla terapia sperimentale per tentare l’impossibile, ti aveva anche detto di continuare a condurre una vita “normale”. E per te, provetto nuotatore, “normale” era fare 25 vasche al giorno. Quando arrivasti addirittura a 55, decidesti di parlarne urbi te orbi, per accendere la speranza degli altri malati. Quel libro ebbe un successo enorme, ed i “grazie” non si contarono più.

A tutte queste cose pensavo quando, dopo la solita, splendida presentazione del tuo ultimo volume, mi dissero che “il nemico” era tornato. Adesso ha, infine, vinto lui. Ma per tredici anni, non solo l’hai domato, ma hai continuato a fare le cose che ti piacevano, stare con Marinella, scrivere, viaggiare, nuotare, soprattutto raccontare agli amici “come” avevi messo le briglie a quel male che aveva subito cercato di disarcionarti.

Lasci a tutti noi e ai tantissimi lettori, del giornale e dei libri, testimonianze solide di professionalità, passione e soprattutto di umanità. La tua professione, hai raccontato amaramente nel libro che presentasti dialogando con me quel giorno, è destinata se non a sparire senz’altro a mutare. Non sparirà il tuo esempio.
Ti sia lieve la terra, caro, grande amico.

 

Enrico De Maria

 

(Nella foto, Mimmo Candito firma il suo ultimo libro, il 23 marzo dello scorso anno, alla Mondadori di Vercelli)

Love
Haha
Wow
Sad
Angry

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here