Il 25 aprile, Festa della Liberazione, la città di Borgosesia intitolerà alla giornalista Lea Schiavi, nata proprio nel capoluogo valsesiano e deceduta in circostanze misteriose in Iran nel 1942, i giardini pubblici di piazza Martiri, di fronte alle Scuole Elementari.
Durante la cerimonia, Alessandro Orsi (presidente Anpi di Borgosesia) tratteggerà la figura di Lea, il cui nome è inciso sul monumento eretto a Washington in ricordo dei giornalisti uccisi mentre esercitavano il loro lavoro di corrispondenti di guerra. Sarà presente anche Massimo Novelli, giornalista de Il Fatto Quotidiano, autore del libro Lea Schiavi – la donna che sapeva troppo.
«Lea Schiavi è una donna decisamente fuori dal comune per i tempi in cui è vissuta – così il sindaco Paolo Tiramani – Fu una delle prime giornaliste italiane ad occuparsi di politica, in tempi in cui alle donne erano riservati il gossip, la moda o le rubriche di lettere, e ad esprimere senza timore il suo dissenso verso le politiche non democratiche dell’epoca. Il 25 aprile dedichiamo a lei i nostri giardini, luogo simbolico della Resistenza valsesiana, per ridarle la centralità nella storia della Resistenza che le fu negata perché non apparteneva a nessun partito antifascista. Lea amava la libertà e la democrazia e noi vogliamo ringraziarla per questa sua dedizione e per l’impegno con cui fu testimone dei valori fondanti della nostra Repubblica».
«È strano pensare che una nostra concittadina, che si spese con passione per contrastare il regime, sia ricordata in America e invece sia stata completamente dimenticata nella sua città natale – ha concluso Tiramani – Ho parlato con molte persone, e pochissimi ne avevano sentito parlare: oggi restituiamo a Lea un posto importante sia intitolandole un luogo fisico, sia riportando la sua storia nella memoria dei valsesiani e della Valsesia, terra che ha espresso figure di spicco nella lotta per la libertà, tra le quali Lea Schiavi trova giustamente il suo posto».
Lea Schiavi fu corrispondente per l’Ambrosiano a Belgrado e poi in Romania; i suoi articoli avevano successo, ma poiché non nascose mai le sue opinioni dissenzienti verso il fascismo, il nazismo, l’antisemitismo, ben presto la sua posizione politica la mise in cattiva luce in Italia e, quando rifiutò di rientrare a Milano da Bucarest, venne licenziata dal giornale.
A Bucarest conobbe il giornalista americano Winston Burdett, corrispondente della Cbs, che divenne suo marito e con il quale, nel 1940, si trasferì in Turchia da dove iniziò la sua collaborazione con il periodico americano Transradio Press. In Turchia Lea si dedicava alla propaganda antifascista presso gli italiani là residenti, attività che era monitorata dal regime, secondo il quale la giornalista aveva anche aderito al Free Italy Movement fondato a Londra da alcuni connazionali.
Nell’ottobre del 1941 seguì il marito, trasferito dalla Cbs in Iran e a Teheran contribuì economicamente al sostegno degli italiani rimasti senza mezzi e impossibilitati a rimpatriare. Proprio in Iran, in circostanze mai chiarite, Lea venne uccisa durante un viaggio verso il Kurdistan: l’auto su cui viaggiava insieme ad altre persone fu fermata ad un posto di blocco, uno dei sedicenti poliziotti chiese chi degli occupanti della vettura fosse Lea Schiavi, e quando lei si fece riconoscere le sparò per poi scomparire nei boschi.
Nonostante la corsa verso un vicino convento per cercare soccorso, Lea morì dissanguata e venne seppellita nel cimitero del convento, vicino a Tabriz. Il marito fece una denuncia alla polizia iraniana, segnalando per la morte della moglie presunte responsabilità di un funzionario dell’Ambasciata italiana e agente dei Servizi Segreti Militari, che non furono mai verificate; nel 1945 Burdett si rivolse anche alla magistratura italiana, ma la pratica venne archiviata.






Lea Schiavi morì il 24 aprile del 42 ed era una giornalista schierata politicamente a sinistra (allora i giornalisti politici erano, come si sa, quasi sempre maschi) in opposizione al governo fascista italiano. Sposò un giornalista americano. Winston Burdett, corrispondente statunitense della Columbia Broadcasing Corporation incontrato a Belgrado, ed egli, quando la Schiavi venne assassinata, incolpo’ i Servizi Segreti fascisti pur avendo la donna abbandonato l’Italia .. aderendo all’organizzazione antifascista Radio Italia, basata a Londra, e recandosi personalmente nel Kurdistan e nell’Azerbaigian per investigare in maniera segreta sugli intrighi dei governi del Duce e del Führer, segnalando connazionali di simpatie nazifasciste rimasti in Iran e caldeggiando l’istituzione di un «Fronte unico degli italiani liberi». Per questa sua discreta attività di intelligence la Schiavi iniziò ad essere giudicata «antinazionale» “..
Il marito probabilmente era una spia:
https://translate.google.com/translate?hl=it&sl=en&u=https://en.wikipedia.org/wiki/Winston_Burdett&prev=search&pto=aue
dato che ci si trovava in Iran (uno stato nazionale e non ancora una colonia (almeno fino al 1941)
.. i casi son tre …
INFATTI .. vi è, come detto nell’articolo, un monumento la ricorda, a Washington (!!!) e .. combinazione verso il ’42 (leggo da Wikipedia, la voce della Verità) in Iran … “La politica di sviluppo di Reża Shāh creò un piccolo settore moderno in un’economia e in una società molto arretrate. La Seconda guerra mondiale pose fine a questi esperimenti: nel 1941 l’Unione Sovietica e il Regno Unito, preoccupati di tenere aperte la via di rifornimento al petrolio persiano, cominciarono a esigere che i tedeschi fossero espulsi e lanciarono un ultimatum e invasero il Paese. Gli anglo-sovietici costrinsero quindi Reża Shāh ad abdicare a favore del figlio, Moḥammad Reża Pahlavī. Con l’entrata in guerra degli Stati Uniti, quest’ultimi giunsero in Iran e dal 1942 gestirono la logistica del corridoio persiano per il rifornimento di materiale bellico all’Unione Sovietica”.
AGGIUNGO CHE Reża Pahlavī SALì (A SPINTONI)= AL TRONO il .. 16 settembre 1941 .. di certo non possiamo dire altro ..
.. insomma una rivoluzione colorata (colpo di stato) .. . di quelle buone per il giornalismo di oggi e di ieri… “andate a buon fine”?