Un anno di Sala Multisensoriale “Andrea Bodo”

È passato quasi un anno dall’inaugurazione della Sala Musltisensoriale “Andrea Bodo”, progetto realizzato da Biud10 e ANGSA (Associazione Nazionale Genitori Soggetti Autistici). Era infatti il 2 aprile 2017, data scelta non a caso in quanto Giornata Mondiale della consapevolezza sull’Autismo, quando venne tagliato il nastro nella sede ANFFAS di Vercelli nella Cascina Muni Prestinari in via Trino.

Cosa è di preciso la Sala Multisensoriale, che tra l’altro è tra le più attrezzate se non la più attrezzata in Italia? È uno spazio all’avanguardia di 35 metri quadrati circa, rivolto alle persone con disabilità gravi e gravissime, a chi è affetto da autismo, agli anziani, ai bambini e anche alle stesse famiglie che possono utilizzarla come sostegno psichico o semplicemente come zona di rilassamento.

La stanza è strutturata in diverse sezioni, ognuna delle quali stimola i vari sensi, compresi il sistema vestibolare e la propriocezione: il sacco altalena appeso al soffitto, la nicchia arrotondata e quella spigolosa, la pedana rotante, il materasso avvolgente. E possibile variare anche l’intensità dei colori e della luce, nonché i suoni, le immagini e la musica. Tutte queste soluzioni devono essere semplici in modo che il soggetto venga stimolato a fare delle scelte in autonomia.

A fare il punto della situazione a un anno di distanza si sono trovati Michele Bodo e Paolo Zanoni di Biud10, Francesca Debernardi vicepresidente di ANGSA Vercelli-Novara e Lorenza Fontana della “Enrico Micheli onlus” nonché coordinatrice del centro. Proprio la dottoressa Fontana ha riassunto nel dettaglio l’anno di attività.

«In questo primo anno hanno avuto accesso alla stanza circa 60 utenti di Vercelli, di Novara e dei comuni limitrofi che frequentano il nostro centro, di età compresa tra i 3 e i 34 anni, e con profili molto vari, da situazioni più compromesse a condizioni di autismo ad alto funzionamento e sindrome di Asperger. Ognuno di loro è stato accompagnato dal proprio operatore per esperienze individuali o di piccoli gruppi con una durata di una o due ore a seconda dei casi».

I riscontri? «Molto positivi – è sempre Lorenza Fontana a parlare – La versatilità della stanza e dei dispositivi presenti ha permesso di cercare per ogni utente la situazione più idonea, che in qualche caso le famiglie hanno cercato di riprodurre in ambiente domestico con semplici accorgimenti per la gestione di luci e suoni e con l’acquisto di attrezzature simili a quelle presenti nella stanza. Tutti i bambini e i ragazzi hanno espresso gradimento per l’accesso alla stanza e molti hanno chiesto di ritornarci, un bambino ha addirittura espresso il desiderio di andare a viverci. E questa richiesta spontanea e autentica vale più di ogni considerazione degli operatori che hanno accompagnato i ragazzi. Inoltre abbiamo aumentato l’interattività con l’app “Let me talk” che permette di comandare l’ambiente direttamente dal tablet personale».

Il progetto però non vuole fermarsi qui, ma vuole aprirsi il più possibile ad altre realtà, comprese le scuole, perché come è stato più volte ribadito «la stanza è di tutti e non è preclusa a nessuno». Tuttavia per utilizzarla o per imparare a farlo occorre prima un periodo formativo. È quanto ha affermato Francesca Debernardi: «Bisogna che ci sia una figura professionale che si interfacci con chi è interessato alla fruizione della stanza. Ne stiamo parlando al tavolo del progetto “Tempo di leggerezza”, portato avanti con il Comune sul territorio. Inoltre non dimentichiamo che si tratta di uno spazio utilizzabile da chiunque, non solo da persone con disabilità. Penso ad esempio agli psicologi, ai gruppi di lavoro o ai corsi pre-parto».

Per chi fosse interessato ad avere informazioni: [email protected]

m.m.

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