La borsista dell’Università di Torino ed ex presidente dell’Anpi vercellese, Sara Rocutto una delle menti più brillanti della città, ci ha scritto una riflessione molto interessante sul “come” il Comune dovrebbe oggi “comunicare”, in modo non solo occasionale e approssimativo. La pubblichiamo volentieri, rivolgendola all’attenzione dei nostri lettori, tra i quali figura anche il sindaco Corsaro.
Gentile redazione,
vorrei, con queste mie righe, provare ad aprire un minimo di discussione attorno ad un tema su cui spesso, e non da oggi, mi è capitato di confrontarmi con altri cittadini di Vercelli. E sì, non è un tema da 10.000 like o 1.000 letture. Ma credo non sia più tempo di eludere la complessità e trascinarci a discutere solo dello sfalcio dell’erba, dei presunti assembramenti per strada.
Esiste una legge: iniziamo a rispettarla?
È del 2000 la normativa più recente relativa all’organizzazione della comunicazione pubblica degli Enti della Pubblica Amministrazione, eppure, nonostante siano passati vent’anni, si tratta di una normativa che in questa città continua ad essere inapplicata. Lo è certamente in molte altre realtà (sì, il re è nudo): quanti sindaci e assessori nei piccoli comuni gestiscono le pagine Facebook del proprio ente, o della biblioteca – solo per fare alcuni esempi – senza averne né le competenze né, secondo normativa, il compito? (Siamo certi che a gestire la pagina Facebook della provincia vi siano persone correttamente incaricate a farlo?)
Purtroppo però il fatto che una normativa di questo tipo non sia applicata in un comune capoluogo di provincia non rappresenta solo un problema di rispetto della norma, ma comporta da un lato l’inefficienza della macchina amministrativa, con conseguenze per tutta la collettività, dall’altro la perdita di una serie di opportunità per il nostro territorio che forse non possiamo più permetterci di perdere. Il fatto che altrove si faccia così o anche di peggio non è certo una giustificazione: possiamo, per favore, imitare i migliori e non i peggiori?
No, non è una questione di destra o sinistra
A differenza di quanto qualcuno possa pensare, non si tratta di una questione di sensibilità politica: non era corretto il modo in cui veniva gestita la comunicazione pubblica dell’ente neppure durante gli anni dell’amministrazione Forte. Non vivevo ancora a Vercelli, ma ne ho poi letto, quando si alzarono polemiche su polemiche per la volontà dell’amministrazione Forte di assumere un Social Media Manager. Non mi è mai capitato però di leggere polemica alcuna rispetto alla scelta di nominare un portavoce che per 5 anni ha svolto, di fatto, anche il ruolo di Ufficio Stampa, in barba ai dettami di legge che pongono paletti ferrei nella separazione tra comunicazione istituzionale e politica.
Sarebbe certamente stato più corretto avviare quanto in molti comuni si fa ormai da 10 anni: mettere in piedi, se non un vero e proprio ufficio di comunicazione a supporto dell’URP, quantomeno un ufficio stampa a beneficio dell’ente, con un addetto stampa capace di gestire i tempi dell’informazione, di relazionarsi con la carta stampata, ma anche con i social media, capace di comporre una newsletter, gestire le situazioni di crisi, promuovere le notizie corrette, fare una rassegna stampa. Si tratta di cose che ormai sono alla portata di tutti i giovani giornalisti:basterebbe provare, per qualche anno, per capirne il senso. La normativa poi lo dice chiaramente: più comuni si possono unire tra loro e condividere le spese di personale di questo tipo.
Così non si è fatto allora, così, pare, non ci si renda conto dovrebbe essere fatto oggi.
Se oggi il Sindaco Corsaro non è interessato ad intermediare il racconto sulle scelte politiche sulla città, è libero di farlo (io personalmente non mi unisco ai cori di chi si lamenta della sua assenza dai social, anzi). Ma, per favore, non lasci questa città indietro di 10 anni e più. Specie in una fase come questa. Ogni iniziativa continuerà altrimenti a sembrare qualcosa di fatto tanto per fare (vedasi una recente tentata campagna sulla versione online di un quotidiano locale, non solo brutta, ma anche strutturalmente inevitabilmente inefficace. Il fundraising è una cosa estremamente seria e delicata): no, la buona volontà non basta quasi mai e sì, in questi casi maggiori sono i danni d’immagine di un ente che la sua promozione o utilità.
Informazione e comunicazione non sono un costo inutile
Oggi l’URP, l’ufficio di relazioni pubbliche, è chiamato a sobbarcarsi una mole di lavoro importante ed ogni ufficio comunale tampona, evidentemente come può, la gestione del rapporto con l’esterno, in un equilibrio perennemente precario tra le richieste delle parti politiche e quello che il loro compito richiede (non lo so con certezza, lo immagino, non credo di andare troppo lontano dal vero). Ma non ci si improvvisa comunicatori o grafici, così come non ci si improvvisa giornalisti: lo abbiamo visto nel nostro piccolo noi poveri abbonati al Teatro Civico, che in queste settimane abbiamo ricevuto email né chiare rispetto alle sorti dei nostri abbonamenti, sorti di cui non mi pare si sia data notizia attraverso altri canali, né trasparenti rispetto a chi considerare come interlocutori.
So che qualcuno ritiene che la comunicazione e l’informazione rientrino tra i costi superflui. So che c’è ancora chi ritiene preferibile relazionarsi direttamente con assessori e sindaci e gestire tutto come decenni or sono. Ma è da decenni che questo modus operandi si dimostra inefficiente e inefficace (ossia il contrario che economico): informazioni trasparenti, veloci, precisenon sono costi superflui, ma i fondamenti di un ente pubblico che funziona bene, indipendentemente da chi lo amministra.Scommetto che in molti hanno notato il lavoro eccellente di promozione di sé e del territorio ha portato avanti un Ente Pubblico come l’Università del Piemonte Orientale, misurabile coi numeri crescenti di immatricolazioni. Dietro, ebbene sì, c’è anche il lavoro di uno staff di comunicatori e giornalisti. Non chiedo che il Comune debba dotarsi di tanto, ma quantomeno di qualcosa sì.
È un qualcosa che possiamo e dobbiamo pretendere. Se un ente pubblico funziona bene può farsi, in questo campo, da esempio: se ai giornali arrivano costantemente notizie esaustive corredate da immagini e materiale di qualità allora ne potranno dare diffusione più chiara al proprio pubblico, istigando altri a scrivere e informare meglio.
Preferirei sapere che il Comune in cui vivo spende 40.000 € l’anno per professionisti capaci invece di vedere i canali social dell’ente utilizzati per fare propaganda politica (per la cronaca: sì, quando un sindaco compare con la fascia sui canali social di un ente pubblico ecco che quel canale social è usato in maniera errata, così quando condivide i contenuti pubblicati dal profilo di un assessore. E sì, questo costa a noi cittadini di più di un lavoro fatto correttamente, perché contribuisce alla perdita di fiducia nei confronti delle istituzioni). E sì, preferirei si spendesse qualche euro in più per chiedere consulenze e progetti a grafici brillanti che continuare a vedere per altri anni ancora soluzioni “fai da te”che poco hanno a che fare col rappresentare migliaia e migliaia di vercellesi. (Sarebbero soldi, tra l’altro, che facilmente potrebbero finire nelle tasche dei nostri concittadini: ne abbiamo in grado di fare questo e molto altro.) Il lavoro da fare è tantissimo: solo chi non ne ha idea può pensare si trattino di soldi buttati.
Mentre nel resto d’Italia si organizzano reti ed eventi legati all’innovazione sulle buone pratiche di comunicazione, con potenziale ricaduta su tutte le realtà interessate dal tema (si veda ad esempio il lavoro portato avanti da PASocial, rete dalla quale inevitabilmente restiamo esclusi), qui assistiamo a inserzioni dalla grafica e dal senso incomprensibile, a dibattiti sull’altezza dell’erba per le strade che non troverebbero spazio se, banalmente, si informasse la cittadinanza sul piano di manutenzione del verde, a tentativi raffazzonati di promuovere il commercio locale di cui non ci sarebbe bisogno se il commercio locale fosse stato accompagnato in questi anni a promuoversi diversamente.
Vercelli è una città raccontata davvero troppo male, di un male di cui paghiamo il prezzo tutti: per troppo tempo in nome del risparmio, per ignoranza, per mancate sensibilità e scarsa lungimiranza si è concesso alla mediocrità di prendersi spazi che non dovrebbero appartenere a nessuna città.
Possiamo, per favore, meritare di meglio? Ne abbiamo bisogno, davvero, tutti e tutte.
Sara Rocutto (e no, non sono una giornalista in cerca di occupazione)
PS: A riprova del tanto lavoro che gli uffici del comune fanno e di cui si finisce col sapere poco o male, anche quando si tratta di lavori di eccellenza, vorrei segnalare un progetto che in questi anni non ha mai avuto a mio parere la dovuta risonanza. Si tratta del lavoro fatto dal Sistema Informativo Territoriale del Comune sul rilascio in open data delle mappe cartografiche della città di cui possiamo usufruire tutti.
In questi giorni è stato pubblicato un lavoro realizzato da Maurizio Napolitano, ricercatore della Fondazione Bruno Kessler di Trento, che mostra le dimensioni dei marciapiedi delle città italiane (http://sidewalkwidths.it/?fbclid=IwAR2LTNRNDTpH6UiuYcHpY46m4K-1pvGei8tzrBfKGgMJutxkVuksrrS6iMw#13/45.3251/8.4733). Vercelli e Torino sono le uniche due città in Piemonte ad essere state mappate, grazie all’incredibile lavoro fatto dai due enti comunali. Certo, scopriamo da quel lavoro che molti marciapiedi in città non facilitano il distanziamento sociale che oggi ci viene richiesto. Ma a differenza di molte altre città perlomeno possiamo saperlo e vederlo rappresentato.