La tragedia del Coronavirus ha anche pesanti riflessi sulle attività del Tribunale e di conseguenza anche per chi, in stato di detenzione, si trova nel limbo dell’attesa delle udienze preliminari. È il caso di Roberto Rosso, il notissimo politico vercellese, in carcere ormai da quasi quattro mesi (era stato arrestato il 20 dicembre con l’accusa di voto di scambio legato alla ‘Ndragheta), che rimane in un tunnel del quale a oggi è difficile vedere l’uscita.
È notizia di ieri infatti che è stata rinviata a nuovo ruolo, per via delle disposizioni anti-Coronavirus, l’apertura dell’udienza preliminare che lo vedeva protagonista, udienza che era stata fissata inizialmente per il 15 aprile al Palazzo di Giustizia di Torino. Il procedimento è quelli alla ‘Ndrangheta che lo vede fra gli imputati.
Rosso, ex assessore della Regione (per Fdi), ma anche pluri parlamentare e politico di lungo corso, come detto è stato arrestato il 20 dicembre e da allora si trova dieto le sbarre.
I suoi legali, nelle scorse settimane e mesi, avevano avanzato anche alcune richieste di misure alternative alla carcerazione, ma sono state sempre respinte.
Il tribunale del riesame, lo scorso febbraio, come riportate da diversi organi di stampa, aveva espresso parere negativo argomentando “che nemmeno le dimissioni di Rosso dalle sue cariche pubbliche, potessero escludere rischi di reiterazione del reato, anche perché l’ex assessore non aveva annunciato l’intenzione di abbandonare in via definitiva la politica”. Secondo i giudici, come riportato sul sito LoSpiffero, Roberto Rosso (nonostante avesse negato di essere a conoscenza che i suoi interlocutori fossero legati alla ‘ndrangheta) si sarebbe “mostrato incapace di percepire qualunque disvalore della condotta contestata. La mancata rivisitazione critica del suo passato” sarebbe, secondo quanto riportato nell’ordinanza “un elemento che attesta la sua disponibilità a reiterare il meccanismo criminoso ricalcando dinamiche analoghe, vuoi con interferenze illecite, vuoi con accordi illeciti seppur riferiti ad altre procedure diverse da quelle elettorali, essendosi dimesso dalle cariche rivestite e non certo dalla politica”.
“Non entro nel merito della vicenda processuale – ha detto la moglie dell’ex assessore, Roberta Cornaglia, sempre su Lo Spiffero – ma in decenni di carriera Roberto Rosso ha servito le istituzioni in modo esemplare e non è mai stato sfiorato da nulla. Nel 1995 arrivò a cancellarsi volontariamente dall’albo degli avvocati: non voleva trasformare la sua attività professionale in uno strumento per fare politica. Rosso ha dimostrato, nell’intero corso della sua vita, di essere una persona corretta”. La moglie di Rosso poi conclude: “la giustizia farà il suo corso: finora si è sentita solo la voce dell’accusa, un giorno arriverà anche quella della difesa. Ho studiato giurisprudenza, una materia di cui ero appassionata, e mi attengo alla Costituzione: una persona non può essere considerata colpevole fino a quando non c’è una condanna definitiva. È il principio della presunzione di innocenza. E vale per mio marito come vale per chiunque”.