L’Oftal ha acceso un faro: ora tutta la provincia non dimentichi la suora miracolata e partigiana

Ci voleva la scossa da elettrochoc del Convegno sui 90 anni dell’Oftal, domenica scorsa in Seminario, per fare aprire gli occhi dei vercellesi (quelli di chi scrive compresi) su quella che probabilmente è stata la figura femminile più importante del Novecento nella nostra provincia: suor Enrichetta Alfieri, “Angelo di San Vittore” ed eroina della Resistenza.

Suor Wandamaria Clerici e Giancarlo Varese al Convegno Oftal su suor Enrichetta

C’erano state, per la verità, sporadiche eccezioni a forare la  cappa di oblio che ci aveva avvolti tutti, Anpi in testa: ad esempio lo storico non professionista, ma sempre felice e apprezzatissimo nelle sue ricerche, Flavio Quaranta,  che ne aveva scritto nella storia delle figure della Chiesa vercellese del primo Novecento pubblicata dal “Corriere Eusebiano” con il titolo “Sulle orme di Eusebio”. Inoltre, nelle sue documentatissime note biografiche su monsignor Alessandro Rastelli anche lo storico dell’Oftal Carlo Baderna s’era occupato della religiosa vercellese.

Ma la figura della Beata suor Enrichetta, al secolo Maria Angela Domenica Alfieri, nata a Borgo Vercelli il 23 febbraio del 1891 e morta il 23 novembre 1951 a San Vittore (dove operava come suora della carità fin dal 1923) meriterebbe di essere costantemente ricordata dalle istituzioni divulgata nelle scuole, celebrata ogni 25 Aprile (come avviene a Milano) nella nostra città, nella nostra provincia.

Su di lei sono stati scritti anche libri. Qui, ci limiteremo ad una veloce sintesi della sua storia assolutamente fuori dal comune, che, pensiamo, servirà comunque a far capire di fronte a che figura ci troviamo.

LE ORIGINI, A BORGO VERCELLI

Maria Angela Domenica Alfieri nasce a Borgo Vercelli il 23 febbraio del 1991, nello stesso paese dove otto anni prina aveva visto la luce il cugino Alessandro Rastelli, che avrà un ruolo importante nella sua vita,

Maria Angela è la primogenita di Giovanni Alfieri e di Rosa Compagnone, lavoratori nei campi, che, successivamente, avranno altri tre figli. La bambina frequenta le scuole fino alla terza elementare, com’era consuetudine nelle famiglie dei contadini, poi si occupa delle faccende di casa, aiutando i genitori. Subentra quindi la vocazione e a vent’anni la ragazza si rivolge al Monastero di Santa Margherita, retto dalle Suore della carità di Santa Giovanna Antida Thouret, nell’attuale via Cagna, a Vercelli. Chiede di essere accolta come “postulante” in quel monastero in cui già operavano due suore di famiglia: due sorelle di sua mamma; due anni dopo, il 25 marzo 1913,  vestirà l’abito religioso, assumendo il nome di suor Enrichetta.

Le Suore della Carità di Vercelli intuiscono subito la sua grande propensione ad essere un punto di riferimento nell’educazione religiosa e le consentono di frequentare l’Istituto magistrale, dove suor Enrichetta consegue l’abilitazione all’insegnamento: viene così destinata, come educatrice, all’asilo Mora e vive due anni meravigliosi a contato con i più piccoli: i bambini e le famiglie la adorano.

Ma nel 1919, all’improvviso, si ammala gravemente e le viene diagnosticato il morbo di Pott, una sorta di tubercolosi della colonna vertebrale contro la quale, in quegli anni, non ci sono cure. Suor Enrichetta cerca di resistere, per continuare a svolgere quel ruolo di insegnante per cui si sente portata, ma non c’è verso: i dolori, lancinanti, alla schiena ed i ripetuti disturbi cardiaci fanno sì che debba essere richiamata in Monastero dove è costretta a vivere in Infermeria.

LA MALATTIA E LA GUARIGIONE MIRACOLOSA

Nonostante il prodigarsi dei medici e le cure, costanti e affettuose, delle consorelle, suor Enrichetta peggiora di giorno in giorno. La malattia la tiene inchiodata al letto per quattro anni, finché, nel 1922, suo cugino, che nel frattempo è diventato don Alessandro Rastelli, non le suggerisce di andare in pellegrinaggio a Lourdes. L’Oftal non è ancora nata (don Rastelli la fonderà otto anni dopo), ma il dinamico sacerdote della parrocchia di Trino ha incominciato ad organizzare i “treni della speranza” verso la Grotta di Massabielle con l’Unitalsi. Suor Enrichetta accetta. Quel viaggio in treno, su una batrella, ad agosto, è una sofferenza inaudita. Le speranze di un miracolo si affievoliscono subito: suor Enrichetta torna dall’esperienza lourdiana affaticata e in condizioni davvero precarie, che si accentuano nella loro gravità a partire dai primi giorni dell’anno successivo, il 1923. Il 5 febbraio le viene impartita l’Estrema Unzione e la prognosi è infausta.

Ma il 25 febbraio, mentre tutte le consorelle sono ad una funzione religiosa in monastero, suor Enrichetta, sentendosi vicina alla morte, beve un po’ di acqua che s’era portata da Lourdes. Si sente svenire. Perde i sensi e quando riapre gli occhi, sente una voce che la invita ad alzarsi, riesce a sedersi sul letto, poi ad appoggiare i piedi a terra e, addirittura, a camminare: ogni dolore è svanito. Felice e incredula, la giovane religiosa corre incontro alle altre suore, a loro svolta sbigottite.

La notizia del miracolo (anche se ufficialmente non è ancora stato riconosciuto a Lourdes) in breve si diffonde a Vercelli e varca i confini della città. Per tentare di vedere la suora miracolata, accorrono da ogni parte d’Italia. Finché la superiora del Monastero, per frenare l’afflusso continuo di persone che desiderano incontrare suor Enrichetta, la destina al carcere di San Vittore: è il 24 maggio 1923.

La pluriomicida Rina Fort: suor Enrichetta l’avviò alla conversione in carcere

“MAMMA” DI SAN VITTORE E STAFFETTA PARTIGIANA

Nel carcere milanese, suor Enrichetta incontra una realtà che mai avrebbe potuto immaginare. Ma subito si adatta e diventa una sorta di “angelo” per tutti i detenuti. Anche per coloro che si era macchiati delle colpe più indicibili, come ad esempio Rina Fort “la belva di via san Gregorio”, condannata all’ergastolo per aver ucciso la moglie del suo amante e i suoi tre giovani figli: suor Enrichetta si occupò di lei quando, nel 1946, venne rinchiusa a San Vittore in attesa del processo di primo grado.

Non c’è detenuta o detenuto che suor Enrichetta trascuri quando c’è bisogno di lei; e questa assoluta disponibilità cristiana ad essere davvero accanto “agli ultimi” si manifesta e soprattutto negli anni del fascismo, quando San Vittore si popola sempre più di cittadini che hanno l’unico torto di essere antifascisti, perseguitati politici ed ebrei. Per loro San Vittore diventa un carcere sempre più duro e crudele, specie dopo l’8 Settembre quando anche la prigione viene occupata militarmente dai nazisti. 

Indro Montanelli, pur non credente, testimoniò per la causa di beatificazione

Nel carcere milanese arriva il famigerato caporale Franz che tenta di comandarlo come un lager. Ad opporsi, con intelligente cautela, per non alimentare i già forti sospetti, c’è praticamente solo lei, suor Enrichetta, dal 1940 Superiora delle Suore della Carità nella casa di pena.

La religiosa ha creato una rete di assistenza esterna capillare, che fa capo ad alcune chiese ben determinate. Ricevuti i messaggi delle detenute e dei detenuti da consegnare ai familiari o ai partigiani, suor Enrichetta li nasconde nella parte interna della tonaca, li lascia in determinate parti, già concordate, delle chiese, dove qualcuno va a prenderli portandoli a destinazione, e poi va a raccogliere le risposte e le porta in carcere. Ogni giorno, ogni minuto rischia la vita o, peggio, la deportazione in Germania. Lo sa, ma non si ferma. Tra coloro che usufruiscono della sua opera, due nomi illustri: Mike Bongiorno (imprigionato come staffetta partigiana) e Indro Montanelli che (incarcerato dai nazisti con la moglie Margarethe) testimonierà nella causa di beatificazione affermando: “Ancora oggi il ricordo di suor Enrichetta e della sua veste frusciante suscita in me la devota ammirazione che si deve ai santi, o agli eroi. In questo caso ad entrambi”.

Mike Bongiorno: anche lui venne incarcerato dai nazifascisti a San Vittore

INCARCERATA NEL “BUCO PIU’ BUIO DEL SOTTERRANEO”

Il 23 settembre del 1944, il caporale Franz si prende la sua vendetta. Qualcosa si inceppa nella pur oliata macchina di assistenza clandestina messa in moto dalla religiosa e viene recuperato un biglietto proibito chiaramente scritto da suor Enrichetta, che cerca subito di discolpare altre due donne sorprese a violare le ferree disposizioni carcerarie. Per la Superiora delle Suore di Carità non c’è pietà. Viene portata in una cella senza finestre che neppure lei aveva mai visto e neppure osato immaginare, come scriverà lei stessa “nel buco più buio del sotterraneo”. Ma anche da lì, complice qualche occasionale visitatore che riesce ad andare a trovarla, continua ad aiutare gli altri: da quella cella, tetra e crudele, ascolta le urla di dolore dei prigionieri torturati dai nazifascisti.

LA LIBERAZIONE, GRAZIE AL CARDINALE SCHUSTER

Il caporale Franz ha molti conti da regolare con suor Enrichetta, anche per farsi perdonare – agli occhi dei suoi uomini – la “debolezza” di aver accolto una preghiera delle religiosa di Borgo Vercelli che lo aveva scongiurato di liberare una donna ebrea incinta, con il suo bambino, destinati ai campi di sterminio. Intanto, nel suo “buco nero” suor Enrichetta ha già provveduto ad aliminare tutti i messaggi  che aveva nascosto nelle cuciture della tonaca, mangiandoli letteralmente. E mentre ciò accadeva, le sue consorelle hanno intanto bruciato il suo diaro che avrebbe potuto compromettere la Superiora e tante altre persone. 

Per suor Enrichetta si prospetta la fucilazione, per “spionaggio”, o la deportazione in Germania. Probabilmente la Superiora di San Vittore teme più la seconda soluzione. Ma ecco che interviene il cardinale di Milano Alfredo Ildefonso Schuster. Si rivolge direttamente a Mussolini e chiede, ottenendolo, che suor Enrichetta sia semplicemente trasferita al campo di internamento nell’Istituto Palazzolo delle Suore delle Poverelle di Grumello del Monte, dove vengono anche assistite ragazze con disturbi mentali.

Teoricamente, lì suor Enrichetta dovrebbe essere una “prigioniera”, ma il suo carisma è tale che diventa una colonna anche di quell’istituto, provvedendo ad assistere, con la consueta generosità, le ragazze ricoverate.

IL RITORNO TRIONFALE A SAN VITTORE

Il 25 Aprile 1945, gran parte dell’Italia è liberata e il 7 maggio il Cln riporta trionfalmente suor Enrichetta nella sua “casa”, San Vittore. Lì adesso sono prigionieri tanti dei persecutori di prima, ma suor Enrichetta non pensa neppure per un attimo a consumate vendette: anzi, si prende cura di ciascuno di loro, perché adesso sono loro gli “ultimi”.

1951: L’ADDIO. TUTTA MILANO LA PIANGE

IL 29 settembre del 1950, mentre sta camminando in piazza Duomo, suor Enrichetta cade e si frattura il femore. Durante il ricovero, le viene diagnosticata una grave forma di epatite, che non riesce a fronteggiare. Il 23 novembre del 1951, si spegne tra la commozione generale. Due giorni dopo, alle sue esequie, nella Basilica di San Vittore al Corpo, partecipa una folla immensa: le istituzioni, ma soprattutto, il popolo. La salma viene poi tumulata nel cimitero di Borgo Vercelli. Da quel giorno, non si contano gli attestati ufficiali di riconoscenza per questa donna straordinaria: riconoscimenti sia civili sia religiosi.

Il cardinale Martini

Nel 1955, l’Unione delle comunità israelitiche italiane le conferisce un attestato alla memoria, che recita: “Non rappresenta che il ricordo perenne della riconoscenza degli ebrei d’Italia”. Nel 1985, nel Quarantennale della Liberazione, il cardinale Carlo Maria Martini le assegna, alla memoria, la medaglia d’oro, con attestato di riconoscenza della Chiesa di Milano. Nella motivazione si parla di “ribellione per amore, che riscattò l’uomo da menzogna, viltà e paura”. Tre anni dopo, tocca al Comune di Milano che, sempre alla memoria, le conferisce l’”Ambrogino d’oro”. Il 23 febbraio del 2017, giorno della nascita di suor Enrichetta, le due religiose perite storiche nella causa di beatificazione, suor Wandamaria Clerici e suor Maria Guglielma Saibene (che hanno preso parte al Convegno di domenica scorsa dell’Oftal, la prima come relatrice ufficiale) hanno ricevuto la notizia che il nome di suor Enrichetta sarebbe stato inserito nel Giardino dei Giusti di tutto il mondo nella grande area verde del Monte Stella.

PROCLAMATA BEATA IL 26 GIUGNO 2011

Papa Benedetto XVI che proclamò Beata suor Enrichetta

Il cammino per la beatificazione e la canonizzazione viene avviato il 30 gennaio 1995 dal cardinale Martini e il 16 dicembre dello stesso anno, la salma viene traslata da Borgo Vercelli nella Cappella della Piccola Casa San Giuseppe di via Caravaggio, a Milano, dove tuttora è custodita. 

Il miracolo, indagato a partire dal 28 maggio 2002, che porta alla beatificazione, riguarda una giovane ammalata di cancro, tra l’altro grande promessa della ginnastica artistica, che si era ammalata gravemente a 18 anni: Stefania Copelli. In una bella intervista a TV2000, la donna, oggi cinquantacinquenne, ha raccontato la sua vicenda.

Papa Benedetto XVI riconosce la guarigione come miracolo credibile il 2 aprile 2001 e delega il cardinale Angelo Amato a presiedere la beatificazione all’esterno del Duomo di Milano il 26 giugno del 2011.

Adesso si stanno muovendo in tanti, anche e soprattutto nell’ambito Oftal, per far sì che pure guarigione della stessa suor Enrichetta del 23 febbraio 1923  sia riconosciuta come miracolo attribuibile alla Vergine di Lourdes.

CONCLUSIONI

Al di là degli aspetti religiosi (guarigione e beatificazione comprese), l’intera esistenza di suor Enrichetta resta una testimonianza di vita, per gli altri, assolutamente fuori dal comune, al punto di poterla una delle figure femminili più importanti nella storia della provincia di Vercelli. Per questo, a nostro avviso, la sua vita dovrebbe essere assai più raccontata e valorizzata soprattutto agli occhi dei giovani che devono sapere di questa donna coraggiosa che sapeva dispensare amore e solidarietà a piene mani a chiunque, anche suoi nemici. Speriamo che la nostra esortazione sia raccolta.

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2 Commenti

  1. Una meravigliosa storia della quale far tesoro ancora e soprattutto oggi, della quale animare i nostri propositi. Se ci riusciamo .. fino lla beatificazione di Papa Benedetto XVI che corona il grande coraggio di chi ha saputo operare per il bene durante il Nazismo e ricevendone in fondo, un implicito riconoscimento facendone salva la vita per l’inimitata opera.
    Oggi, quando si sentono simili testimonianze?
    ..
    Suora uccisa a Haiti: era preoccupata per violenza nel Paese
    https://www.ansa.it/lombardia/notizie/2022/06/26/suora-uccisa-a-haiti-era-preoccupata-per-violenza-nel-paese_cfabf755-9d8e-483d-8018-82dfe43b9860.html

  2. Straordinaria figura di suora ispirata dall’amore dello spirito Santo e da quello divino che ella dispensò nei confronti degli ultimi.

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