LivaNova: ecco come si è arrivati al recupero dei fusti sospetti a Saluggia

 

Saluggia – LivaNova, il colosso del settore biomedicale che ha rilevato l’attività di Sorin a Saluggia, dopo la fusione tra la stessa Sorin e l’americana Cyberonics, ha diffuso ai propri dipendenti un primo comunicato ufficiale dopo il servizio di ieri sera del Tg1 in cui veniva annunciato il ritrovamento di alcuni fusti misteriosi affiorati per caso nel 2007 durante la costrizione di un deposito nell’allora area Sorin e reinterrati in fretta e furia. Il primo giornale a segnalare il caso fu “La Gazzetta” di Umberto Lorini – giornalista conosciuto da anni per le sue battaglie da ecologista -, successivamente nella vicenda è entrata con decisione  la Rai, in stretto collegamento con Legambiente, con un servizio dello scorso mese di dicembre e, appunto ieri, con la notizia – data addirittura nella copertina del più importante Tg nazionale – del ritrovamento di questi fusti grazie agli scavi ordinati dalla procura della Repubblica di Vercelli. Su questa vicenda pende anche un’interrogazione parlamentare della rappresentante di Leu Rossella Muroni (ex presidente nazionale di Legambiente), interrogazione da cui è formalmente partita l’indagine.

Ora il problema è che cosa contengono questi fusti e quando sono stati interrati per la prima volta e per ordine di chi. E, soprattutto: sono pericolosi, ce ne sono altri?

In attesa che si pronuncia, anche con atti, la procura, si incarica di dare qualche prima risposta appunto LivaNova che, ricordiamolo, produce apparecchiature per la cardiochirurgia, la neurostimolazione e la gestione del ritmo cardiaco. Premette il comunicato: “LivaNova continua a collaborare con le autorità competenti nelle attività di indagine conseguenti all’interrogazione parlamentare presentata nell’estate del 2018, relativa alla presenza di rifiuti nucleari presso la sede di Saluggia dove – per circa una decina d’anni a partire dal 1960 – è stato attivato un reattore nucleare di ricerca , prima che il sito fosse convertito ala produzione di dispositivi medici”.

Continua LivaNova: “Ai primi di agosto e alla fine di settembre 2018 sono state condotte due analisi geofisiche nel sito di Saluggia, alla presenza di funzionari di Arpa Piemonte e di Isin (L’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione). Le analisi sono state condotte nell’area perimetrale del deposito rifiuti radioattivi e in una parte all’interno del deposito stesso. Ad esito delle analisi, nulla venne segnalato nell’area originariamente indicata dall’interrogazione parlamentare. Tuttavia, in una porzione di terreno adiacente fu identificata una linea interrata obliqua rispetto alla parete frontale del deposito, non riconducibile a sistemi conosciuti”.

Questa la premessa che già si conosceva. Ma poi il seguito, sempre a firma dell’azienda: LivaNova , sempre in accordo con la magistratura, ha fatto eseguire nuovi scavi, alla presenza di Arpa e Isin, e sono venuti alla luce quelli che vengono definiti nel comunicato “rifiuti”, insomma i fusti di cui ha parlato il Tg1 di ieri sera. LivaNova spiega che gli immediati rilievi radiometrici di Arpa e Iren “hanno rilevato contenuti valori di radioattività associati ai rifiuti”. “Alla data odierna – prosegue la nota dell’azienda – non sono stati segnalati rischi per la salute e la sicurezza delle persone che lavorano presso il sito industriale di Saluggia”. 

Ora la parola passa agli ulteriori accertamenti scientifici, alla magistratura e alla Commissione bicamerale ecomafie che ha chiesto gli atti alla procura. 

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