Dopo la prima, grande mostra in Arca (la seconda, con opere di Gastone Cecconello sarà inaugurata sabato 17 gennaio in Santa Chiara), dopo i primi quattro concerti, e dopo le prime conferenze pubbliche, tenute da relatori del livello di Sergio Givone e Sergio Maria Gilardino, questa mattina la rassegna “Il legno che canta” – dedicata ad Angelo Gilardino – ha inaugurato la serie delle master classes riservate agli studenti del Liceo musicale “Lagrangia”: ne è stato protagonista il compositore e chitarrista Kevin Swierkosz-Lenart, che è anche psichiatra al Centro ospedaliero universitario di Losanna.Diplomato in chitarra nel 2012 al Conservatorio di Santa Cecilia, e quindi allievo di Angelo Gilardino e di Dusan Bogdanovic, oggi Swierkosz-Lenart è un compositore affermato, le cui opere sono suonate e incise ovunque.
Questa mattina nell’aula magna dell’istituto di corso Italia, affollata di studenti di tutte le classi del Liceo musicale, ha trattato tema “Il mestiere del compositore” riferendosi anche ovviamente a sé stesso, ma soprattutto al suo Maestro e amico, Angelo Gilardino. L’Associazione intitolata al grande compositore, didatta e chitarrista vercellese, organizzatrice con il Comune di tutta la rassegna, era rappresentata dal presidente Marco de Santi, dal vice presidente Enrico De Maria, da Luigi Biscaldi e dalla docente del Liceo stesso Laura Mancini. Per il Liceo erano presenti i docenti Claudia Ferrero (coordinatrice), Arianna Zambon (oboe), Andrea Garombo e Francesco Congedo (contrabbasso) e Alessandro Barbi (pianoforte). In sala c’era anche il figlio adottivo di Gilardino, l’artista Alessandro Gilardino Nicodemi.
Kevin Swierkosz-Lenart ha dialogato con gli studenti, che l’hanno ascoltato rapiti, rispondendo con intelligenza e acume alle sue sollecitazioni. Per entrare in argomento, è partito dalla lettura di un brano del libro autobiografico di Gilardino “Io, la chitarra e altri incontri”, quella in cui l’autore degli “Studi di virtuosità e di trascendenza” racconta il suo primo incontro con la chitarra, avvenuto in una sala da concerti di Modena, la sera del 21 aprile 1951, quando Gilardino non aveva ancora compiuto dieci anni: l’incontro con la grande chitarrista francese Ida Presti.
Ha scritto Gilardino (e letto Swierkosz-Lenart): “Dopo pochi minuti, mi sembrò che quella donna vestita come una fata e con gli occhi da maga fosse venuta lì per invitarmi a un convegno nel quale sarei stato accolto come un ospite a lungo atteso”. Il relatore ha invitato gli studenti a riflettere sul momento fondamentale nell’esistenza di tutti, compositori e non, “quando la vita ti convoca a fare qualcosa”. Il giovanissimo Gilardino ha colto immediatamente il messaggio e, visto che Ida Presti, “la fata-maga” imbracciava una chitarra ha deciso, in quel momento, che il suo “mestiere di vivere” sarebbe stato quello, prima del chitarrista e poi del compositore. E proprio la chitarra perché lo strumento dalle sei corde, con il suo suono molto” tenue, evocativo, che rimanda a qualcos’altro” si adattava perfettamente alla poetica artistica di Gilardino, che privilegiava l’oscurità, la notte.
In un’intervista rilasciata molti anni fa, Gilardino stesso aveva espresso questo concetto ben esposto da Swierkosz-Lenart questa mattina agli studenti del Liceo musicale: “La chitarra è la voce ideale per un mondo di ombre”.
A quel punto, il relatore ha illustrato agli studenti che cosa intendesse dire, affidandosi alla chitarra di un bravissimo e giovane strumentista che Gilardino apprezzava molto, avendogli dedicato anche una composizione, “Santuario”: Giovanni Martinelli.
Il chitarrista alessandrino ha eseguito “Santuario”, ma, prima, uno degli “Studi di virtuosità e di trascendenza”, il numero 32, intitolato “L’embarquement pour Cythèr”, perché il chitarrista-psichiatra, mostrando il celeberrimo quadro di Watteau, ha voluto mostrare come un musicista attratto dalla pittura, qual era Angelo Gilardino, avesse saputo conciliare, componendo quel brano, l’arte pittorica per eccellenza senza tempo, espressa in un quadro, con quella diacronica come la musica, che invece si sviluppa nel tempo.
Da lì, sempre partendo dalla premessa che ciascuno debba cogliere in una vita impregnata di cultura, il momento cruciale della propria “convocazione” si è dipanato il tema centrale della conferenza, il “mestiere del compositore”, con un’osservazione che ha colpito gli studenti: nella composizione non contano tanto le idee quando il modo con cui queste idee vengono sviluppate. Insomma, il grande tema della forma, alla base dei veri compositori, e quindi anche di Gilardino.
Al termine della conferenza, Kevin Swierkosz-Lenart ha sollecitato gli studenti a essere fedeli alla propria chiamata, come lo è stato il Gilardino di Modena 1951, perché così facendo si potrà accettare anche il fatto di dover, un giorno morire. Ha citato Bach: “Quando muoio, vado nel posto in cui vive la musica”, che ricorda tanto un’altra famosa frase di Gilardino: “Penso che l’ultimo approdo dell’anima sia un luogo con un suono”. L’anima di chi, avendo ben operato dopo la sua “convocazione”, può imbarcarsi per Citera.
Le prossime master classes al Liceo musicale “Lagrangia””saranno tenute nei prossimi mesi da Luigi Biscaldi, Gianni Nuti e Luigi Attademo.
Quante “chiamate” in style ’51
saranno arrivate ieri
agli studenti?
e, quanti, i positivi messaggi
di risposta?
Lo scopriremo col tempo,
se ne avremo a sufficienza
prima del suono finale.