Il tema droga fatica di questi tempi a raggiungere le prime pagine dei giornali e viene considerato una sorta di fenomeno consolidato, inevitabile, con cui si deve per forza convivere. Errore gravissimo. Perché la droga innesca processi anche sociali di preoccupante evidenza, è un cancro che si insinua nelle famiglie, spesso tra i giovani, ne condiziona pesantemente la quotidianità e alimenta l’esercito della delinquenza comune.
Ne è perfettamente convinto il sostituto procuratore della Repubblica di Vercelli Carlo Introvigne che questa mattina ha voluto presenziare, in modo significativo, anche per congratularsi con gli agenti, alla conferenza stampa tenuta dal dirigente della Squadra Mobile Gianluca Tuccillo per illustrare la nuova e importante operazione antidroga messa a segno dagli uomini della Questura di Vercelli, la terza nel giro di di un anno. Dopo “Aquila Nera” e “Scimbla”, ecco Casa Verde (così i clienti degli spacciatori indicavano genericamente i boschi tra Ghislarengo e Lenta dove avveniva la consegna della droga), che ha portato all’arresto di otto persone: sei delle quali finite in custodia cautelare.
Queste ultime, quattro marocchini e due italiani, erano riusciti, sempre secondo le accuse, a riattivare il fiorente mercato di droga che venne smantellato nel luglio dello scorso anno con l’operazione “Aquila Nera”: gli agenti del dott. Gianluca Tuccillo hanno accertato che in alcuni giorni la banda riusciva a mettersi tasca anche 15 mila euro, con il commercio di eroina, cocaina e hashish. La cosa inquietante è che due dei marocchini arrestati erano già finiti in carcere durante l’operazione “Aquila Nera”: uno dei due, allora, era minorenne (adesso non lo è più), era stato affidato in prova ad una comunità, ma l’altro aveva subito una condanna a 3 anni e 9 mesi. L’aveva appellata e, non appena tornato in libertà, aveva ripreso ad “esercitare”, come se niente fosse.
L’organizzazione funzionava al meglio fin dallo scorso mese di maggio, quando la Mobile ha incominciato ad indagare perché era venuta a sapere che proprio nei boschi di “Aquila Nera” era ricominciato lo spaccio in misura industriale di droga. I due marocchini già arrestati un anno fa, con la complicità di un italiano, un novarese, avevano rimesso in piedi la baracca utilizzando i numeri di telefono dei vecchi clienti e assoldando anche, sempre tra i clienti meno abbienti, un nucleo di “vedette” pronte a tenere occhi aperti, segnalando presenze pericolose (ovviamente le forze dell’ordine) in cambio di piccole quantità di droga.
Al “gruppo” iniziale, si erano successivamente associati altri due marocchini e un altro italiano, ed il commercio si era consolidato al punto di rifornire decine di clienti dalle province di Vercelli, Novara, Biella e Verbania. Una trentina quelli fermati e identificati dalla Mobile dopo il rifornimento alla “Casa Verde” e, tra di loro, anche un quarantatreenne biellese e un cinquantaduenne di Vercelli, che avevano addosso una quantità di droga ben superiore alla soglia del possesso per consumo personale: 25 grammi di eroina il primo (con un po’ di hashish), venti il secondo. Pr entrambi, pregiudicati, è scattato l’arresto per detenzione ai fini di spaccio di droga: nei loro confronto non è scattato però il provvedimento di custodia cautelare in carcere emesso dal gip, su richiesta della Procura.

Provvedimento che è però stato attuato nel confronto dei sei spacciatori. “A quel punto – è stato spiegato nella conferenza stampa di questa mattina – si trattava di procedere agli arresti: cosa tutto sommato non problematica nei confronti dei due italiani, un ventisettenne siciliano da tempo residente a Novara e un un novarese di 44 anni. Assai più complicata, invece, per quanto riguardava i marocchini”.
“Il problema – ha detto il dott. Introvigne – è che erano senza fissa dimora. Intendiamoci, con i soldi che riuscivano a spartirsi giornalmente eran perfettamente in grado di alloggiare anche in un cinque stelle, non certo sotto i ponti. Ma non avendo un recapito preciso non è stato facile individuarli”.
La Mobile però ci è riuscita , dopo un’indagine assai complessa e accurata, andando ad aspettarli, in base a segnalazioni ben precise, al casello autostradale di Milano Ghisolfa. “La cattura – ha spiegato il dott. Tuccillo – è stata movimentata perché i due, nel tentativo di fuggire, hanno danneggiato tre macchine della polizia e due di automobilisti che erano in coda al casello. Per questa ragione nei loro confronti si è aggiunta l’accusa di danneggiamento aggravato e di resistenza a pubblico ufficiale”.
Anche i due marocchini che si erano aggiunti in un secondo tempo alla banda, e che provenivano dall’hinterland milanese, sono stati successivamente arrestati: il primo, un diciannovenne irregolare, in una Comunità del Mantovano dove era stato affidato in prova per un anno e sei mesi dopo un precedente arrestato avvenuto quando era ancora minorenne; il secondo, un ventiduenne pure irregolare, a Milano, dove attualmente abitava.
E’ assai probabile che la droga per riavviare il mercato nei boschi lungo la Sesia tra Ghislarengo e Lenta arrivasse da fuori Italia, probabilmente dal Marocco.
Edm






“E’ assai probabile che la droga per riavviare il mercato nei boschi lungo la Sesia tra Ghislarengo e Lenta arrivasse da fuori Italia, probabilmente dal Marocco”.
… i quadri-dirigenti provenivano dal mercato internazionale (-del lavoro) ..
questa “continuazione” delle precedenti puntate ci pone di fronte a numeri che a noi profani paiono impressionanti .. ma sorge la domanda: quale percentuale del “mercato” è stata sgominata? .. quanto e a chi rimane il rimanente? Comunque è stata una buona giornata, grazie alle FF.OO che molto spesso ci fanno sentire “protetti”.
La risposta al quesito pare non aver appassionato molto gli statistici di tutto il mondo .. figuriamoci gli italiani .. https://www.transcrime.it/wp-content/uploads/2018/01/AppendiceMetodologica.pdf