
Dopo sei anni (che però sarebbero quasi otto, vista la reggenza di un anno e otto mesi dopo la raggiunta quiescenza del suo predecessore Paolo Tamponi), il procuratore capo della Repubblica di Vercelli, Pier Luigi Pianta, ha lasciato la guida della Procura di Vercelli per assumere l’incarico di ispettore generale presso il Ministero della Giustizia.
Sessantatreenne, vercellese, il dottor Pianta, aveva passato il concorso in Magistratura nel ‘91, per incominciare poi ad operare come pretore a Biella; quindi dopo un paio di anni a Genova, era stato destinato nel 2010 alla procura della Repubblica sua città e ne era diventato capo appunto il 4 ottobre del 2018 (anche se in realtà, come facente funzioni, già dal gennaio 2017). Durante l’investitura ufficiale, la presidente della Sezione Penale del Tribunale, Maria Teresa Guaschino, aveva detto di lui, alla presenza del procuratore generale di Torino, Francesco Saluzzo: “Un magistrato che sa ascoltare, autorevole, ma non autoritario”. E il dottor Pianta è stato esattamente così, guadagnandosi la stima incondizionata dei colleghi, degli avvocati, dei rappresentanti delle forze dell’ordine, di tutto il personale della procura e del Tribunale, e dei cittadini”.

“So che manterrò un bellissimo ricordo di questi anni”, ha detto lasciando il suo ufficio di piazza Beato Amedeo IX.
Memorabile fu una sua conferenza tenuta alla Biblioteca Civica di Santhià, su invito del Comune, nel luglio del 2019, sul tema: “Mafie? No! Grazie”. Domandandosi se fosse giusto che fosse proprio lui a parlare, quella sera, su quell’argomento, il dottor Pianta davanti ad una platea affollata disse: “Io che ho passato il concorso in magistratura nel ’91 quando uccisero il ‘giudice ragazzino’ Rosario Livatino e che avrei voluto, come tanti giovani colleghi, nonostante i timori delle nostre famiglie, essere lì a combattere quelle grandi battaglie. Invece non è successo. Ho incominciato a fare il pretore a Biella e poi sono venuto a Vercelli. Ma proprio una settimana fa sono stato all’Asinara dove Falcone e Borsellino preparavano la strategia antimafia, e là ho pensato a questa serata, dicendomi: è giusto che vada a Santhià a parlare del tema delle mafie perché, in fondo, io sono una persona comune che deve state attenta a non diventare vittima o alleato del sistema delle mafie”
E aveva proseguito: ”Perché oggi la mafia non è solo lupara o una società segreta di stampo settecentesco, oggi essa agisce attraverso sono formule molto più subdole, come un parassita che colpisce una pianta e impedisce anche alla parte sana di essa di svilupparsi. Agisce anche da noi, e sta a noi magistrati capire quando un fatto criminoso, all’apparenza anche banale, come una minaccia, la vendita di droga, possa ricondursi alla mafia. E, in quel caso, segnarlo alla Dia distrettuale e poi mettersi a disposizione di essa collaborando alle indagini”.
“Noi – aveva aggiunto – non abbiamo avuto a Vercelli fatti eclatanti legati al fenomeno mafioso, ma ci sono stati eventi nel territorio della nostra procura che potevano in qualche modo essere considerati il frutto dell’attività di realtà mafiose, ed io e le persone che lavorano con me li abbiamo trattati in tal modo, seguendo i dettami di quella struttura complessa ed efficace che fu creata con lungimiranza da Falcone”.
Parole che avevano colpito l’uditorio, e anche noi. Per questa ragione, per salutare un magistrato davvero “autorevole, ma mai autoritario”, abbiamo voluto riproporle ai nostri lettori. Nell’augurare al dottor Pianta ogni bene nel suo nuovo incarico ministeriale, aggiungiamo che, in attesa della nomina del suo sostituto, sarà la dottoressa Maria Serena Iozzo a ricoprire il ruolo di procuratore facente funzioni.
Edm





