I David di Donatello e quelle inspiegabili candidature fuori categoria

 

Nella serata dell’11 maggio del 2021 si è tenuta la ben poco pubblicizzata 66esima edizione dei David di Donatello, gli “Oscar” Italiani, e come ogni cerimonia di premiazioni anche questa sembra non essere riuscita a evitare scelte quantomeno discutibili in fatto di coerenza o anche solo acume.

All’interno del processo di nomination di un titolo per questo o quell’altro festival vi sono alle spalle svariate commissioni composte da molti elementi diversi e dinamiche spesso poco comprensibili all’esterno, ma troppo spesso le decisioni non sembrano seguire comunque una strategia logica e vincente.

L’esempio più lampante è stato l’enorme trattamento coi guanti destinato al documentarista Gianfranco Rosi per ben due edizioni di fila. Mi spiego: per l’edizione degli Oscar 2016, nella categoria “Miglior Film Internazionale”, e si sottolinea la parola “film” all’interno del titolo, l’Italia sceglie di inviare e candidare “Fuocoammare” di Rosi ma questo, essendo un documentario, viene ovviamente rifiutato, bruciando così l’occasione di avere un rappresentante nostrano in quella categoria. Il documentario viene allora riproposto ma nella sezione “Miglior Documentario” dove, per logica elementare, doveva essere destinato sin dal principio e, fortunatamente, dopo lo smacco iniziale il prodotto non solo viene accettato ma riesce anche a vincere la statuetta.

Successivamente, nel corso del 2020, nonostante l’emergenza sanitaria, riescono comunque a uscire titoli italiani di tutto rispetto: “Hammamet” di Amelio, “I Predatori” di Castellitto o “Gli Anni più Belli” di Muccino, solo per citarne alcuni. Questi e molti altri hanno potuto viaggiare in giro per i festival e raccogliere consensi e premi come, ad esempio, il “Miglior Attore” per Elio Germano e la sua magistrale interpretazione di Ligabue in “Volevo Nascondermi”. Vi è poi “La vita davanti a sé” che vede il ritorno di Sophia Loren dopo anni di assenza dalla recitazione: il film parla di immigrazione, integrazione, orrori della guerra, tutte tematiche incredibilmente care all’Academy che, nel corso delle sue 93 edizioni, ha sempre favorito e premiato. In più, si ripete, c’è il ritorno della Loren, personaggio amatissimo in America. Nonostante tutte queste premesse e lo scivolone del 2016, l’Italia sceglie di inviare agli Oscar come “Miglior Film Internazionale” “Notturno”, un altro documentario di Gianfranco Rosi. Il canovaccio è identico a al 2016: a seguito del rifiuto nella categoria, il documentario viene candidato alla categoria che più gli appartiene ma, questa volta, non vince.

Dopo questa lunga premessa e superato il discorso Oscar arriviamo ai David di Donatello appena passati: riprendendo la figura di Rosi, il quale per ben due edizioni dell’Academy si sono accompagnate le esilaranti gaffe da parte della commissione italiana sopracitate, il suo “Notturno” non è stato premiato nella categoria dei documentari nonostante sia stata l’Italia stessa ad averlo inviato agli Oscar per rappresentare quell’ambito cinematografico. Al suo posto abbiamo visto: “Mi chiamo Francesco Totti”. Bizzarra è anche la scelta di premiare “Immigrato” di Zalone come miglior canzone, ricordando che questa era nella stessa categoria con “Io Sì” di Pausini, brano vincitore di un Golden Globe e candidato agli Oscar. Zalone stesso, chiamato poi in diretta video a seguito della consegna del premio, commenta la cosa con “Se lo sapevo, venivo”.

Come voce fuori coro abbiamo quella di Gabriele Muccino che, dichiaratosi deluso dalle scelte della giuria, afferma: “Sono uscito dalla giuria dei David di Donatello. Non mi riconosco nei criteri di selezione che da anni contraddistinguono quello che era un tempo il premio più ambito dopo l’Oscar. Non mi presenterò più nelle categorie di Miglior Regia e Miglior Sceneggiatura, in futuro.” Il regista è lo stesso che, poco tempo prima, aveva sottolineato la noia del film di fratelli D’Innocenzo dicendo “Sto provando a guardare da stamattina Favolacce. Non sono ancora riuscito a finirlo. Sarò poco intelligente o cinefilo per comprenderne la grandezza? Non denigro. Dico solo che non sono riuscito a vederlo dalla noia e dalla confezione wannabe-indie ma in fondo così saccente”. Film che, tra gli altri, ha vinto il premio per il “Miglior Montaggio” mostrando, però, un semplice lavoro da studenti: un normale susseguirsi di inquadrature.

La domanda, dunque, sorge spontanea: tutto ciò è totale assenza di coerenza e menefreghismo meritocratico o c’è alle spalle un piano e un discorso studiato per queste scelte? Poiché se così è, dati i risultati, forse la formula ha qualche errore di calcolo.

 

Emanuele Olmo

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