Sta assumendo i toni della farsa, allucinante, la vicenda della sepoltura della salma del giovane nigeriano, 33 anni, che lo scorso mese di ottobre si lanciò dal treno suicidandosi. Dopo che ieri (leggi qui e qui) pareva che tutto fosse risolto, con il Comune di Bergamo che aveva assicurato al sindaco Forte che si sarebbe fatto carico del funerale, oggi, a quanto pare, la data della cerimonia funebre rimane un punto interrogativo.
Il motivo è legato alla paternità del certificato di morte, che manca, ma è necessario per procedere.
In pratica il Comune di Bergamo, per dare seguito alle pratiche di sepoltura, ha necessità di un certificato di morte. Certificato che le pompe funebri avrebbero dovuto fornire ma non posseggono.
Il punto è che non è ancora chiaro, a oggi, se il corpo del trentatreenne, che si era gettato dal treno Chivasso-Novara mentre era in corsa, sia stato ritrovato sul territorio del Comune di Olcenengo o su quello di San Germano. Che sono attigui e consequenziali sul percorso del treno. Non si capisce, insomma, dove sia morto. E quindi pare che nessuna delle due amministrazioni conceda il certificato di morte fino a quando la Procura non abbia stabilito quale sia l’esatta ubicazione da prendere come riferimento. E di conseguenza, senza certificato di morte, per ora, niente funerale. Anche perché l’Asl di Vercelli, che ha in carico la salma in una camera mortuaria del Sant’Andrea da circa tre mesi ormai, non può dare il nulla osta al trasporto del cadavere in assenza di tale documentazione.
Tutto fermo, dunque, in attesa della decisione del tribunale che arriverà, di certo, ma non subito.
Un fatto che, sinceramente, sconcerta per una vicenda che come al solito, nel nostro Paese, vede la burocrazia, in modo diretto o indiretto, andare oltre a quello che potrebbe essere il normale senso pratico calpestando anche, come in questo caso, la pietà umana. Con buona pace di chi si era battuto per dare una sepoltura ai poveri resti del giovane suicida.
