Quello di sabato pomeriggio al cinema Italia non è stato solo un omaggio. Non è stata una mera rievocazione. E’ stato l’abbraccio caldo, commovente in cui gli amici più cari di Angelo Gilardino, nell’ottantatreesimo anniversario della nascita, hanno idealmente avvolto il grande compositore vercellese scomparso nel gennaio di due anni fa, a 80 anni.
L’impatto di rivederlo, nel filmato a cura ai Marco Tullio Giordana e di Manuece Cecconello, è stato forte, da brividi. Ripreso da Cecconello e intervistato da Giordana, Gilardino era già gravemente malato. Ma, nel volto scavato, scintillavano come sempre i suoi occhi: e scintillavano, anzi vibravano di gioia, di passione, persino di allegria, nel racconto di “come”, partendo una scelta, da un’ispirazione, si deve comporre una musica: nella fattispecie si tratta va del brano “Si fa sera”, che prende il titolo da una delle pagine evangeliche più care al compositore vercellese, quella di Luca della cena di Emmaus. Il “dolce Vangelo di Luca”, come lo definiva Sergio Quinzio, autore molto considerato da Gilardino.
Trentacinque anni fa, in una lunga intervista, che venne giustamente ritenuta “quasi un’autobiografia”, Gilardino aveva descritto il suo modus operandi di compositore, partendo dalla spiegazione dei titoli poetici dei suoi basilari, per la storia della chitarra, “Studi di Virtuosità e di Trascendenza”. “La mia musica – disse allora all’intervistatore – è un atto della memoria nei riguardi di artisti del passato (e qui l’artista è l’evangelista Luca, ndr) o, in alcuni casi, del presente: non si tratta, badi bene, di memoria mimetica, cioè di ‘imitazioni’ – che mi sono sempre sembrate circensi o scimmiesche – ma di pensieri miei, rivolti al mondo poetico di autori che ho amato e che amo, che hanno avuto o che hanno importanza nella mia formazione e nella mia evoluzione”.
E proseguiva: “E’ quindi musica di memoria poetica o, se vogliano, evocazione di ombre nella mia memoria. Io non memorizzo corpi, figure, ma ombre. Mi piace trattenerle nella vibrazione sospesa che crea il suono della chitarra, ovviamente il suono che io invento e che non è quello – a mio modo di sentire untuoso e laidamente sensuale – di molti chitarristi anche famosi”. Poi, nel prosieguo dell’intervista, a proposito delle “Variazioni sulla Follia” (Studi da Francisco Goya) Gilardino spiegò visivamente il procedere nella composizione, accostando il suo modus operandi a quello che, in pittura, aveva utilizzato Francis Bacon nei suoi celeberrimi studi sul ritratto di Papa Innocenzo X dipinto da Velazquez. Tuttavia precisando: “Io non ho inteso suscitare la consapevolezza tramite l’orrore, come ha fatto il grande pittore inglese, ma, operando in un modo affine, derivare nuova melanconia, nuove ombre dall’aura allucinata dai quadri di Goya”.
Nel frammento “Comporre” (di una lunga intervista filmata di circa 9 ore), Gilardino ha risposto alle domande dell’amico Tullio Giordana spiegando come la sua architettura compositiva agisca sulla linearità, la semplicità, il rifiuto assoluto di utilizzare, sovrabbondanze, abbellimenti, fronzoli. Esposizione non facile per i non addetti ai lavori (ma la platea era colma di chitarristi), tuttavia forte, suggestiva, proprio per quegli occhi narranti e quelle mani, sapientemente inquadrate da Cecconello, che esponevano i suoi pensieri come i pennelli di una tavolozza.
Alla fine, tante domande (dal pubblico) e tante risposte. In sala c’era due assessori della giunta-Scheda (che appoggia il secondo anno del “Legno che canta”), Ombretta Olivetti e Valeria Simonetta, il consigliere regionale Carlo Riva Vercellotti, il sindaco di Asigliano Vercellese (dove Gilardino visse fino all’età di nove anni) Lillo Bongiovanni, il figlio adottivo del chitarrista e compositore, il pittore Alessando Gilardino Nicodemi, quasi tutti i soci fondatori dell’Associazione “Angelo Gilardino”, con il presidente Marco de Santi, e il grande chitarrista vicentino Alberto Mesirca. Nella parte finale di “Comporre” appare proprio lui che, dal teatro di Asolo (in provincia di Treviso), esegue – sempre filmato da Cecconello – appunto “Si fa sera”.
Tra le tante domande, una è stata rivolta a Marco Tullio Giordana (uno dei più importanti registi del cinema italiano) su come e quando avvenne il suo incontro con Gilardino. Il regista romano (ma milanese di nascita) ha risposto che Gilardino gli spedì un libro che aveva scritto (probabilmente la biografia di Segovia) presentandosi così: “Lei probabilmente non mi conoscerà”. Ma Giordana gli rispose che non solo lo conosceva, ma che lo stimava tantissimo, essendo egli anche un chitarrista. E’ assai probabile che, nell’inviargli il libro, Gilardino sapesse bene che Giordana conosceva la musica per chitarra. “Perché nel mio film ‘La meglio gioventù – ha spiegato sabato il regista – ci sono due Studi per chitarra di Sor”.
Una volta entrati in contatto, il grande compositore e il grande regista non si sono più lasciati. “Ci scambiavamo e-mail praticamente ogni giorno, su innumerevoli argomenti. La nostra amicizia è stata quella che si instaura tra due giovani all’inizio delle elementari e che dura tutta la vita”.
Quindi, l’annuncio sulla lunga intervista filmata per tre pomeriggi consecutivi in casa di Gilardino, nell’estate del 2021, pochi mesi prima della morte. “Ci piacerebbe, dopo averla opportunamente sistemata, donarla all’Associazione ‘Angelo Gilardino ‘ che potrebbe pubblicarla, a puntate, su YouTube: merita di essere divulgata non solo nel nostro Paese ma, con un’accurata traduzione, in tutto il mondo”.





