Ucciso perché troppo felice. Non sopportava quel mal di felicità che lo aveva colpita, Said. Così ha scelto Stefano Leo “perché fra i tanti mi sembrava felice”. Il movente dichiarato dal killer è quanto di più sconvolgente si possa immaginare. “Io volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, toglierlo ai suoi figli e ai suoi parenti.“ Un movente “che scatena un brivido lungo la schiena” dice il procuratore Paolo Borgna. “Anche per questo ci sentiamo di dire che siamo vicini più che mai alla famiglia”.
E’ questa la confessione che Said Machaouat, il 27enne che si è consegnato ai carabinieri attribuendosi l’omicidio commesso a Torino in riva al Po il 23 febbraio, ha reso a chi gli ha rivolto delle domande sull’accaduto. Il giovane ha origini marocchine e cittadinanza italiana. Ha spiegato che da tempo, a causa delle sue vicissitudini e dalla sofferenza era depresso. “La cosa peggiore – avrebbe detto a proposito del suo passato – è sapere che il mio bimbo di quattro anni chiama papà l’amico della mia ex compagna. Nel giro di pochi mesi infatti Said, che era stato condannato per maltrattamenti in famiglia, era stato lasciato dalla compagna, che non gli lasciava più vedere il figlio, aveva perso il lavoro da cuoco ed era finito in mezzo a una strada.
“Volevo uccidere una persona la cui morte avesse una buona risonanza non un vecchio, un 40enne di cui non avrebbe parlato nessuno”. E’ una delle frasi che avrebbe pronunciato durante l’interrogatorio Said che avrebbe poi raccontatodi aver comprato il set di coltelli per circa 10 euro. “Erano coltelli colorati, me ne sono liberato subito tenendo quello che mi sembrava più adatto a quello che dovevo fare”. “Ho aspettato che passasse quello giusto, non so nemmeno io chi aspettavo, poi è passato un ragazzo gli sono andato dietro e l’ho accoltellato”.





