Quando Primo Levi passò da Vercelli per pubblicare Se questo è un uomo

Nella prefazione all’edizione scolastica del 1972 di Se questo è un uomo, Primo Levi scriveva che «libri come questo, oggi, non possono più essere letti con la serenità con cui si studiano le testimonianze sulla storia passata».

E ancora, «proprio per questo, e perché non credo che la reverenza che si deve si giovani comporti il silenzio sugli errori della nostra generazione, sarò felice se saprò anche uno solo dei nuovi lettori avrà compreso quanto è rischiosa la strada che parte dal fanatismo nazionalistico e dalla rinuncia alla ragione».

Se questo è un uomo è indubbiamente uno dei libri più segnanti del Novecento. In esso Primo Levi racconta, da sopravvissuto, la tragica esperienza della deportazione ad Auschwitz nel 1944, anno in cui, per sua stessa ammissione, le condizioni dei prigionieri erano migliorate, se di miglioramento possiamo parlare in questo caso. Un luogo, il lager, in cui tutti i principi di umanità avevano cessato di esistere, sopraffatti dalla paura e dalla esile speranza di sopravvivere.

Considerate se questo è un uomo, ci dice Primo Levi, un uomo che lavora nel fango, che non conosce pace, che lotta per un tozzo di pane, che muore per un sì e per un no. Allo stesso modo una donna, senza capelli e senza nome, senza più forza di ricordare, vuoti gli occhi, freddo il grembo, come una rana d’inverno: è la poesia composta dall’autore prima della narrazione, che ne definisce il tema e ne giustifica il titolo.

Curiosa la storia editoriale di Se questo è un uomo: l’opera fu rifiutata da Einaudi per ben due volte. La prima nel 1947 da Natalia Ginzburg e da Cesare Pavese che riteneva il libro come appartenente a un filone ormai inflazionato e perciò poco spendibile sul mercato, la seconda nel 1952.

A pubblicarlo per prima, lo stesso anno della doppia bocciatura della Ginzburg e di Pavese, fu la piccola casa editrice Francesco Da Silva, rilanciata da Franco Antonicelli, in 2.500 copie, nella collana dedicata a Leone Ginzburg. Einaudi darà poi alle stampe il libro solo nel 1958, al principio in 2.000 copie, salite a 6.000 nel 1961, fino a 1.400.000 di esemplari del 1997. Numeri che, oltre al solido contenuto, testimoniano come Se questo è un uomo sia a tutti gli effetti una pietra miliare della letteratura.

Il travagliato percorso editoriale del capolavoro di Levi passa anche da Vercelli. Infatti alcuni capitoli di Se questo è un uomo, che allora non era ancora il titolo ufficiale, uscirono in anteprima su L’amico del popolo, giornale della Federazione Comunista di Vercelli, guidata da Francesco Leone che condivideva la direzione della testata con Silvio Ortona, e su Il Ponte, rivista che aveva a capo Pietro Calamandrei.

La vicenda vercellese di Se questo è un uomo è raccontata nel recente libro Da Primo Levi alla Libreria del Popolo. L’amico del popolo 1945-1950. Il ruolo di Silvio Ortona nella politica culturale della Federazione Comunista di Vercelli (Effedì), curato da Bruno Ferrarotti e da Enrico Pagano, che verrà presentato venerdì 25 settembre a partire dalle 16 nella Sala Soms di via Francesco Borgogna, 34.

L’iniziativa è stata organizzata dalla Fondazione Rinascita Vercellese e dall’Istituto per la Storia della Resistenza e della società contemporanea nel Biellese, nel Vercellese e in Valsesia, con il patrocinio della Comunità ebraica di Vercelli, Biella, Novara e VCO. Interverranno, oltre agli autori, Anna Segre, Domenico Scarpa, Giusi Baldissone, Marco Albeltaro e Piero Fassino. Introdurrà Giorgio Gaietta, moderatore Ezio Robotti. Apertura lavori a cura di Giovanni Tricerri, presidente della Fondazione Rinascita.

Essendo l’accesso, nel rispetto delle norme anti Covid-19, consentito a un massimo di 60 persone, per quanti intendessero partecipare è obbligatoria la prenotazione a [email protected] o allo 0163.52005. Nel caso i posti fossero già esauriti, si potrà comunque seguire l’evento sulle pagine Facebook dell’Istituto per la Storia della Resistenza e di Vercelli Web Tv.

m.m.

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1 commento

  1. Se Primo Levi, salvato e non sommerso nell’era del nazismo, dovesse oggi passare da Vercelli (come in qualsiasi altra località italiana e non solo) FORSE noterebbe qualche analogia (facendo le debite proporzoni) fra la rasatura dei capelli alla quale tutti venivano sottoposti nei campi (QUALE AZZERAMENTO DELLA PROPRIA PERSONALITà) e .. https://www.youtube.com/watch?v=b-wgir9RYU4.

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