Stasera su Sky Masterchef alla Tenuta Colombara: dove rivive il tempo passato

Masterchef fa tappa nel vercellese. La prima prova in esterna della nona edizione del celebre talent show culinario si terrà infatti alla Tenuta Colombara di Livorno Ferraris dove la famiglia Rondolino ha selezionato il riso Acquerello, da anni partner fisso della trasmissione di Sky ed esportato in tutto il mondo. Come già avevamo anticipato a dicembre (leggi qui) , dunque, il vercellese sarà protagonista della puntata in onda questa sera alle 21,15 su Sky Uno e Now Tv.

 

Alle 21.15 la puntata vedrà la classica Mistery Box, che avrà come tema i brodi, e l’Invention Test, in cui i concorrenti dovranno replicare un piatto dello chef stellato Marco Martini.

Alle 22.30 spazio alla Tenuta Colombara: lì gli aspiranti chef cucineranno il riso per quaranta ristoratori esperti. La brigata che uscirà sconfitta affronterà il Pressure Test. A supervisionare ogni passaggio e a decidere chi continuerà a far parte della cucina di Masterchef i tre giudici Bruno Barbieri, Antonino Cannavacciuolo e Giorgio Locatelli.

 

Ricordiamo che la Tenuta Colombara non è soltanto il luogo dove è stato selezionato il chicco Acquerello, varietà pregiata di Carnaroli Extra, che sarà protagonista a Masterchef. Lì si trova anche il Conservatorio della Risicoltura, i cui ambienti il fotografo Gianni Berengo Gardin ha scelto di inserire nel suo libro “Il racconto del riso”, pubblicato nel 2013.

Per rispondere alla domanda che ognuno di noi si è fatto almeno una volta nella vita: «Chissà come vivevano i nostri nonni?» basta fare un salto in questa piccola frazione poco distante dalla strada delle Grange e a pochi chilometri dal complesso di Lucedio, primo nucleo da cui si è espansa la coltura del riso, destinata a garantire le future fortune economiche del vercellese.

Tutto è stato riportato nei minimi dettagli: i ripostigli degli attrezzi, la selleria, le camere da letto, le cucine, la piccola aula con i banchi dove andavano a lezione i bambini. E poi gli oggetti, testimoni autentici di quella cultura materiale che tramanda il sudore, la fatica, gli stenti del mondo contadino: i carri, le macchine agricole, i vari arnesi, le biciclette arrugginite che servivano agli acquaioli per spostarsi a pulire i canali.

Isolato dal corpo principale della cascina è il dormitorio di chi veniva a lavorare da fuori. Quattro ambienti sviluppati per il lungo, due al piano terra per gli uomini, due al primo piano per le donne. In uno di essi colpiscono le locandine del film “Riso amaro” e la copia del contratto delle mondariso datato 1948, dove veniamo a sapere che una forestiera prendeva al giorno 50 lire in meno di una locale e che ognuna aveva diritto a una razione da un chilo di riso grezzo.

Nell’altra sala una ventina di letti di ferro e legno tarlato dove le mondine riposavano, o almeno provavano a farlo vista l’evidente scomodità di quei giacigli. Probabilmente cadevano esauste dopo una giornata passata con i piedi a mollo nella risaia alla mercé di zanzare, bisce e sanguisughe.

Coperte impolverate, vestiti, magliette, cappelli di paglia per proteggersi dal sole cocente, scarpe buone “della festa”, indossate magari per qualche ballo estivo. E ancora valigie, stoviglie, bottiglie, borse, medicinali tra cui il famoso chinino per curare le febbri malariche. Infine le riviste sparpagliate sui materassi, pagine di cronaca rosa e fotoromanzi su cui le giovani donne fantasticavano sognando avventure proibite con i divi del cinema.

 

m.m.

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