L’impronta su un cric e un tampone abbandonato: gli errori che hanno tradito la banda della clamorosa evasione di Capodanno

Da sinistra: il capo della Mobile Tuccillo, il questore Di Dom,enico, il procuratore Piana, i sostituto Paternò e il responsabile del Nucleo investigativo della Polizia penitenziaria Streva (foto Greppi)

“Con questa operazione abbiamo rimesso le cose a posto, sono molto soddisfatto per come è stata condotta e portata a termine: abbiamo reagito nel modo migliore ad una vicenda che mai pensavamo potesse realizzarsi, se non nella letteratura o in un film”.

Così il procuratore della Repubblica Pier Lugi Pianta ha commentato questa mattina l’arresto, in Olanda del giovane albanese che era evaso la notte del primo gennaio scorso dal carcere di Billiemme, calandosi con le lenzuola annodate, dal quarto piano della struttura penitenziaria, dopo aver segato le sbarre della sua cella. E, con lui, dei tre complici. Una fuga proprio romanzesca, che si è conclusa in meno di due mesi grazie al lavoro svolto dalla Polizia di Stato e dal Nucleo Investigativo della Polizia penitenziaria sotto il coordinamento della procura di Vercelli ed in particolare del sostituto Michele Paternò, che era di turno quella famosa notte.

Le sbarre segate per la fufa dal quarto piano

Anche il dottor Paternò era presente alla conferenza stampa di stamane con il dottor Pianta, il questore Maurizio Di Domenico, il dirigente della Squadra Mobile Gianluca Tuccillo ed il capo del Nucleo investigativo della Polizia penitenziaria Roberto Streva.

La notizia della ricattura del ventisettenne Kristjan Mehilli era già stata comunicata nelle prime ore di questa mattina dalla Questura. Gli autorevoli esponenti della magistratura e delle forze dell’ordine presenti alla conferenza stampa hanno ricostruito la vicenda nei dettagli.

QUELLA MATTINA NEBBIOSA

La notte di Capodanno due detenuti albanesi in carcere perché componenti una banda che assaltava a mano armata ville ed abitazioni nel Monferrato (uno a fine pena nel 2028, l’altro nel 2029) segano le sbarre della loro cella al quarto piano del carcere di Billiemme – sono ancora aperte le indagini per capire chi e come gli ha fornito attrezzi per poterlo fare – e si calano con lenzuola nel cortile della casa circondariale. O meglio, riesce a farlo solo Mehilli perché all’altro, detenuto, un ventiseienne, si rompe il lenzuolo e precipita a terra infortunandosi seriamente ad un braccio. Resistendo al dolore, non invoca però subito aiuto per agevolare la fuga dell’altro.

IL CRIC A PANTOGRAFO PER DIVARICARE LE SBARRE DEL CANCELLO 

Davanti al carcere, protetti dalla nebbia fittissima, infatti sono arrivati i complici. Kristjan Mehilli corre verso il muro di cinta intermedia e riesce a scavalcarlo grazie alla corda che gli lancia uno dei complici, che era riuscito ad entrare divaricando con un cric a pantografo le sbarre del cancello. E’ da quel varco che l’evaso riesce ad uscire a salire su una delle due auto predisposte per la fuga, sulla quale sono state apposte targhe rubate nello stesso pomeriggio del 31 dicembre a Vercelli.

Le lenzuola annodate

ANCHE FINTI GREEN PASS

Il piano, come appureranno successivamente le indagini, è stato studiato anche nei dettagli probabilmente dall’evaso – che era nella casa circondariale di Vercelli da circa due anni e mezzo – e dal fratello ventitreenne che lo ha aiutato ad evadere: quest’ultimo, infatti, fermato sul Freccia Rossa che da Torino lo stava portando in Francia, aveva un “vademecum” in cui erano riportate tutte le tappe della fuga con le mosse dell’evaso, dell’evaso mancato e dei complici. I banditi si erano addirittura recati, sempre nel pomeriggio del 31 dicembre, in una farmacia di Tortona per farsi i tamponi anti-Covid e cederli quindi, con documenti falsi, ai due detenuti in fuga.

ERRORI FATALI

Un piano molto ben congegnato, ma con errori che costano caro ai malviventi. Primo errore, l’abbandono (forse nella concitazione del momento) di documenti albanesi falsi (da dare al mancato fuggitivo) e dell’esito di un tampone Covid. Secondo errore, un’impronta digitale sul cric. Squadra Mobile e Polizia penitenziaria si mettono subito al lavoro ed il primo ad essere individuato è un ventunenne albanese, residente in provincia di Alessandria, che si era recato a farsi il tampone per il falso green pass. L’indagine prosegue con il ritrovamento dell’auto usata per la fuga in un parcheggio di Legnago (Milano). La videosorveglianza impiantata dal Comune aveva infatti consentito di osservare i movimenti dell’auto entrata in autostrada alle 2,30 e uscita al casello di Marcallo Masero (MIlano) mezz’ora dopo.

IL SECONDO E IL TERZO COMPLICE

La sua individuazione è appunto colpa (o merito, osservando la vicenda dalla parte della Giustizia) dell’impronta digitale lasciata sul cric: l’uomo che l’ha lasciata ha infatti precedenti per reati contro il patrimonio, ed è quindi schedato. Si tratta fratello dell’evaso, pure lui abitante in provincia di Alessandria. Nel frattempo Mobile Polizia penitenziaria individuano anche la vettura con con cui i complici erano arrivati a Vercelli e arrivano al propritario, un albanese incensurato di ventun anni, residente in provincia di Alessandria. Il cerchio si chiude. Le ricerche diramate in ambito internazionale portano alla cattura, in Olanda, dell’evaso, che aveva con sé falsi documenti procurategli dai complici. Il fratello, vistosi perduto, cerca di fuggire in Francia sul Frecciarossa Torino-Parigi, la Squadra Mobile e Polizia Penitenziaria lo bloccano sul treno, il 18 febbraio  prima che passi il confine. Il terzo, come detto, era già stato individuato. Dal vademecum in possesso del fratello di Mehilli si scopre che nel piano, programmato anche nei dettagli, il mancato evaso avrebbe trovato rifugio a Berlino. Il 21 febbraio, su ordinanza del Gip di Vercelli, si completano gli arresti.

Come ha dichiarato il dott. Pianta l’operazione non si è ancora conclusa perché restano da chiarire alcuni dettagli molto importati come, ad esempio, chi e in che modo abbia fornito ai due detenuti gli strumenti per segare le sbarre della cella e calarsi con le lenzuola.In ogni caso, Mobile e Polizia penitenziaria, in due mesi di durissimo lavoro, hanno portato a termine un’impresa encomiabile vista la pericolosità di questa banda di albanesi.

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2 Commenti

  1. .. nel contempo .. va reso in certo senso onore agli attori protagonisti della rocambolesca storia, i pericolosi latitanti autori di rapine a mano armata che tuttavia non hanno mai commesso omicidi (mi pare) .. chissà se sono stati spinti sulla via del crimine dal caso, da mancanza d’amore .. hanno respirato due mesi di libertà .. quali pensieri, quali ricordi avranno occupato la loro mente?

    Fabrizio De André – Ho visto Nina volare
    https://www.youtube.com/watch?v=hcAq6htof3w

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