Ettore Pagano, “il” violoncello che ha stregato il pubblico del Leone

Ettore Pagano durante il concerto (foto Renato Greppi)

 

Il 2 aprile scorso, la sera dopo il concerto di Baglioni al Civico, il Dugentesco fece registrare il tutto esaurito per un altro concerto, stavolta di musica classica, grazie ad una formazione da camera della Camerata Ducale Junior (CDJ) rafforzata da due maestri preparatori di indiscussa fama: il violinista Andrea Obiso e il pianista Massimo Spada. Ma anche i tre giovani musicisti che affiancavano i due maestri, in quanto a bravura, non scherzavano affatto, visto che si trattava della violinista (e leader della CDJ, se fossimo in ambito rock parleremmo di frontwoman) Giulia Rimonda, del violista Matteo Introna e del violoncellista Ettore Pagano.

Il concerto dello scorso 2 aprile

Quest’ultimo è tornato a suonare ieri sera, nel cortile del Museo Leone, stavolta da solista, per chiudere la seconda edizione di uno spumeggiante, stellare Viotti Festival Estate. Oggi in Italia ci sono pochi violoncellisti che possano reggere il confronto con questo diciannovenne romano. E se i fans della Ducale hanno potuto avere il privilegio di ascoltarlo in una calda serata estiva, per quattro quinti immune dall’assalto delle zanzare, il merito è di una sola persona: Giulia Rimonda. Questa alacre e geniale ventenne adesso avrà la grande opportunità di frequentare anche la prestigiosa classe di Boris Garlitsky a Parigi: il violinista russo, vincitore del “Paganini” nel 1982, è oggi uno dei più grandi (se non il più grande) docenti di violino che esistano al mondo.

Nel frattempo si è già segnalata, e a più riprese, come una violinista di caratura internazionale, sia come solista sia nei complessi da camera. Ma, a nostro avviso, e l’abbiamo già scritto, Giulia sta crescendo bene anche alla scuola della mamma, Cristina Canziani, che è una eccellente pianista, ma soprattutto una straordinaria, unica manager della musica. E Giulia la segue su questa strada, ripercorrendo il cammino che il professor Joseph Robbone intraprese settant’anni fa, quando proprio grazie a lui le star della musica e del belcanto venivano ad esibirsi a Vercelli: certo, contava il prestigio del Concorso Viotti, ma contava soprattutto lui, il suo sapersi destreggiare nel mare magno degli artisti di ogni latitudine, contavano le sue amicizie, i suoi rapporti.

Giulia Rimonda sta intessendo una rete analoga di rapporti, e proprio grazie ad essi Vercelli sta ospitando strumentisti che il mondo ci invidia: pensiamo, solo per quanto riguarda questo Viotti Festival Estate, al violinista Giuseppe Gibboni, vincitore dell’ultimo “Paganini” e, appunto, a Pagano.

Non appena il violoncellista romano ha imbracciato il suo “Giorgio Grisales” ci siamo tutti chiesti dove fossero stati sistemati microfono e casse acustiche perché, d’accordo, la resa del suono nel cortile dell’Alciati è ormai diventata proverbiale, ma l’energia della cavata che Ettore Pagano riusciva ad emettere era semplicemente impressionante.

Pagano ha proposto al pubblico due “cattedrali” della musica per violoncello: la Suite n° 5 di Bach e la Sonata per violoncello solo in do minore, opera 8 dell’ungherese Zoltan Kodàly. Si tratta di due opere monumentali, che ben pochi violoncellisti possono permettersi di inserire nello stesso programma, perché l’impegno, anche fisico (e figurarsi nell’ennesima serata torrida di questa agonica primavera-estate vercellese), è a dir poco massacrante. Pagano non ha battuto ciglio. Si è semplicemente “staccato” da tutto ciò che era intorno a lui – eccezion fatta per un paio di scacciate furtive alle zanzare e per l’ineluttabile squillo del solito cellulare – ed è diventato “il” suo strumento, che ha fatto cantare (ma nel bis, la Lamentatio di Giovanni Sollima, ha cantato, letteralmente, anche lui) con esibiti sbalorditivi. Non solo, virtuosismo, comunque, ma un rigore, che potremmo definire, morale, nella stupefacente performance bachiana, e un approccio hidalghiano all’opera di Kodàly. La perfezione assoluta (ricordate il discorso della “finestra aperta sulla musica” di Gilardino?) è stata infine raggiunta con la Sonata di Ligeti, che ha chiuso il programma, prima dell’originalissimo e a tratti arabeggiante brano di Sollima.

Il secondo Viotti Festival Estate non poteva avere conclusione più degna, coronata da un subisso di applausi e di chiamate. Per un istante, Pagano è stato tentato da un secondo bis, ma già stavano planando gli stukas di risaia e, obiettivamente, non è stato possibile. Peccato, ma non dimenticheremo la serata di sabato 30 luglio 2022.

Edm

 

 

 

Edm

 

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5 Commenti

  1. russo e figlio d’arte .. “ha ricevuto le sue prime lezioni di musica da suo padre, l’autore del metodo di studi per giovani violinisti “Step by Step”. Garlitsky ha studiato con il professor Yankelevich al Conservatorio di Mosca” (da orchestradacameradellasardegna.it)
    eccolo in una intervista:
    Il violinista Boris Garlitsky | VC 20 Domande Intervista
    https://www.youtube.com/watch?v=f_l9foP2myo

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