Addio a Pinin Brambilla Barcilon che svelò gli affreschi di San Marco

Fonte Centro Conservazione e Restauro La Venaria Reale

Non so quanti conoscessero davvero Pinin Brambilla Barcilon, eppure siamo in tanti a essere debitori nei confronti di questa donna, scomparsa sabato 12 dicembre a Milano all’età di 95 anni (era nata a Monza nel 1925). È grazie a lei se oggi possiamo godere di una lettura nitida di capolavori come il Cenacolo di Leonardo Da Vinci, la Cappella degli Scrovegni di Giotto e gli affreschi di Masolino da Panicale nel complesso di Castiglione Olona, piccolo gioiello rinascimentale vicino a Varese voluto dal Cardinale Branda, che comprende il palazzo, il battistero e la collegiata.

Leonardo, Giotto, Masolino, ma anche Piero Della Francesca, Filippino Lippi, Andrea Mantegna, Lorenzo Lotto, Tiziano, Caravaggio, Tiepolo. Per arrivare infine dove il cerchio si era aperto. Ancora con Leonardo, nella fattispecie Sant’Anna, la Vergine e il Bambino con l’agnellino del Louvre che la chiamò in qualità di massima esperta per prendersi cura della tavola. La Storia dell’arte, il pubblico, gli studiosi le devono parecchio, così come le generazioni future.

Il nome di Pinin Brambilla Barcilon è legato anche a Vercelli. Era il 2011, in Arca era in corso di svolgimento la quarta mostra Guggenheim, quella per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, dedicata alla pittura italiana delle collezioni. Nello stesso anno, all’interno dell’ex chiesa di San Marco, si era conclusa la prima campagna di restauri, avviata nel 2008, che aveva riportato alla luce i dipinti raffiguranti l’Albero di Jesse e le storie della Vergine, una scoperta sensazionale per la pittura piemontese di fine Quattrocento.

A sovrintendere i lavori c’era proprio Pinin Brambilla Barcilon, allora a capo del Centro di Conservazione e Restauro La Venaria Reale, l’istituzione, fondata nel 2005, che dirigerà fino al 2012, oggi una delle eccellenze italiane insieme all’Istituto Centrale per il Restauro di Roma e all’Opificio delle Pietre Dure di Firenze: i tre poli a cui fare riferimento quando si parla di restauro.

La notizia della sua morte è stata data sulla pagina Facebook del Centro che lei aveva visto nascere e crescere: «Non ci sono molte parole per salutare una figura tanto importante per il nostro Centro, per tutti noi e per l’intero mondo del restauro. Il suo rigore e il suo esempio resteranno un punto di riferimento, che continuerà a vivere nelle nostre scelte e nelle nostre azioni. Ciao Pinin, ci mancherai.»

Nel caso della chiesa vercellese si trattava di rimuovere dal muro di destra e sulle volte uno spesso strato di intonaco che nascondeva i dipinti agli occhi dei visitatori, molti dei quali non sapevano neppure cosa esattamente ci fosse lì sotto. Un lavoro immane insomma, che però non poteva certo spaventare chi aveva vinto la sfida con l’Ultima Cena che, a causa della tecnica utilizzata dal maestro toscano, si stava sgretolando e rischiava la compromissione permanente del capolavoro. Vent’anni erano durati i restauri, dal 1978 al 1999. Il rapporto con Leonardo fu talmente stretto e intimo che nel 2015 Pinin Brambilla Barcilon intitolò il suo libro La mia vita con Leonardo che racconta nel dettaglio la vicenda.

La ricordo in Sala Giunta – allora il sindaco era Andrea Corsaro e l’assessore alla Cultura Piergiorgio Fossale – che mi spiegò per filo e per segno le varie fasi degli interventi: «Per alcune parti il recupero è stato pressoché impossibile per via della calce che aveva aderito alla pittura. Nelle tessiture più piccole abbiamo integrato l’originale con acquerelli, ma laddove le lacune erano più evidenti, ad esempio nei fori per i ponteggi, abbiamo lasciato perdere».

Pur avendo restituito una testimonianza unica della pittura vercellese, era dispiaciuta perché per alcune aree non si poteva fare più nulla e perché avrebbe voluto vedere cosa questa chiesa potesse ancora restituire. Era lampante che fosse rimasta incantata da San Marco e dai suoi tesori nascosti.

Purtroppo il restauro è un’operazione lunga e non a buon mercato, prevede pazienza, abilità e studio. La campagna nell’ex chiesa agostiniana è poi ripresa: nel 2017 sulla parete di fondo della navata di sinistra è emerso un Sant’Antonio, nel 2018 alcune decorazioni, lo stemma visconteo, la Madonna in trono e San Gregorio Magno. Pinin Brambilla Barcilon dal 2012 non dirigeva più il Centro La Venaria Reale, ma non nutriamo alcun dubbio che, quando gli allievi che lei ha formato glielo hanno detto, sarà rimasta soddisfatta della notizia. D’altronde la signora Leonardo amava indistintamente tutti i suoi figli, grandi o piccoli che fossero.

Massimiliano Muraro

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