Addio a mamma Ebe: tutt’Italia parlò del suo processo a Vercelli. Aveva 88 anni

Mamma Ebe durante il processo di Vercelli

Mamma Ebe  al secolo Gigliola Giorgini, la “santona” di san Baronto, il cui nome resterà per sempre legato a Vercelli, è morta ieri di malattia all’ospedale degli Infermi di Rimini: aveva 88 anni.

Il 29 aprile del 1984, dopo un’accurata indagine compiuta dal comandante Nucleo investigativo dei carabinieri di Vercelli, il maresciallo Cesare Gallo, fu arrestata su mandato del procuratore della Repubblica Vincenzo Serianni, per una serie impressionante di accuse che andavano dall’associazione per delinquere alla truffa, dal sequestro di persone all’abbandono di malati all’esercizio abusivo della professione medica. Tutto era partito da un’inchiesta giornalistica svolta da un cronista de “La Stampa” di Vercelli.

Quattro anni prima, infatti, appunto a San Baronto, Gigliola Giorgini aveva fondato una Congregazione religiosa Le opere di Gesù Misericordioso, mai autorizzata dalla Chiesa e vi aveva attirato quelle che lei chiamava “le mie suorine”  (ma che in effetti non lo erano) con le quali era arrivata (in modo del tutto incredibile) a gestire, per l’assistenza, una quindicina di Case di riposo in tutt’Italia.

Una di queste era appunto La Consolata di Borgo d’Ale. Le suorine in realtà erano giovani che aveva attirato a sé togliendole alle loro famiglie, facendole lavorare senza alcun contratto e punendole, anche con pene corporali, se osavano discutere i suoi ordini. Il processo di primo grado che si svolse a Vercelli (con la condanna a 10 anni per la santona e a pene severe anche per alcuni suoi adepti, tra cui anche un vero religioso), ebbe un’eco clamorosa in tutt’Italia, al punto che un regista del calibro di Carlo Lizzani ci realizzò un film, tra l’altro non troppo riuscito.

Tra processi d’appello e scarcerazioni varie, mamma Ebe tornò sovente all’opera in altre parti d’Italia e l’ultimo arresto avvenne addirittura nel giugno del 2010, a Pistoia.

Tornando al processo di Vercelli, ebbe una risonanza mediatica impressionante, con i maggiori inviati di tutti i giornali italiani che vennero a seguirlo. Sono rimaste famose le immagini del fotografo de La Stampa Renato Greppi che ritrasse mamma Ebe all’udienza in barella (perché aveva sostenuto di essere ammalata) durante una delle udienze.

C’è da aggiungere che molte delle sue “suorine” la difesero a spada tratta, negando ogni vessazione, anche nei confronti dei familiari che tentarono, persoino durante il processo, di convincerle a tornare a casa, tale era la forza di persuasione di quella donna; forza che non l’ha mai abbandonata sino all’ultimo.

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1 commento

  1. Penso che in molti c’eravamo dimenticati della esistenza e quindi di tutta la storia .. sia nel caso in cui si sia nel frattempo ravveduta che in quello contrario, questo potrebbe esser ricordato come il momento più bello della sua vita.

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